di Angelo Lo Verme
A causa dei cambiamenti climatici in atto il problema della siccità e della scarsità delle risorse idriche per usi potabili, per l’agricoltura e per l’industria è quanto mai attuale e richiede soluzioni urgenti. Nel Nord Italia la siccità sta comportando seri problemi per l’agricoltura con cali significativi della produzione cerealicola e ortofrutticola. Per contro in questo mese di agosto sono arrivati i temporali con nubifragi, grandine e forti venti in varie parti d’Italia, con danni enormi alle cose e alle persone senza comunque risolvere il problema della siccità, giacché la gigantesca massa d’acqua, e spesso anche di fango, non è convogliata in appositi invasi. Gli acquedotti italiani poi sono vecchi e ridotti a colabrodo per cui mediamente il 40% dell’acqua viene dispersa.
Insomma non si fa molto per conservare l’acqua piovana e quella incanalata per la distribuzione, per cui il problema della siccità si fa davvero drammatica, e non solo in Italia. Ragione per cui bisognerebbe cominciare ad attrezzarsi per accumulare e per non sprecare il preziosissimo liquido che è l’acqua dolce.
Intanto bisognerebbe anche attrezzarsi per produrne, ad esempio dissalando l’acqua marina che corrisponde al 97% dell’acqua presente sulla Terra e che quindi si può ritenere inesauribile. Certo, gli impianti di desalinizzazione hanno un ingente costo economico e pure ambientale in quanto il processo di osmosi inversa richiede energia e produce scorie salmastre nella misura di 1,5 litri per ogni litro di acqua dissalata.
Gli impianti (circa 20 mila, capaci di produrre circa 100 milioni di metri cubi al giorno di acqua dolce ma anche 150 milioni di metri cubi di salamoia al giorno: la dissalazione termica/evaporativa ne produce da 2 a 4 volte di più rispetto all’osmosi inversa) sono maggiormente concentrati in Medio Oriente in contesti economicamente sviluppati come Qatar, Emirati Arabi Uniti, Dubai, Kuwait e Bahrein, che equivalgono al 70% della produzione mondiale, e nel Nord Africa, in Libia e Algeria, equivalente al 6%. Anche in Italia ci sono dissalatori e si trovano in Sicilia, nel Lazio e nella Toscana. Nelle Isole è particolarmente conveniente poiché l’acqua dissalata costa dai due ai tre euro a metro cubo (mille litri), mentre quella trasportata con le navi costa dai 14 ai 15 euro a metro cubo.
I costi di smaltimento corretto della salamoia costituiscono il 33% dell’intero processo, per cui si tende a smaltirla direttamente in mare. Questo comporta l’alterazione della salinità marina in corrispondenza delle coste dove viene riversata, compromettendo l’ambiente marino con la riduzione del livello di ossigeno nell’acqua, con effetti negativi su tutta la catena alimentare. Inoltre nel processo della osmosi inversa (membrane o filtri con fori che permettono il passaggio delle molecole d’acqua più piccole di quelle del sale), c’è il rischio che insieme all’acqua marina vengano catturati piccoli pesci e plankton, e anche questo altera la catena alimentare del luogo.
C’è da dire però che le tecniche di desalinizzazione e di smaltimento della salamoia prodotta si vanno sempre più ottimizzando, per cui dissalare potrebbe essere una delle soluzioni per affrontare la siccità, insieme a una costante manutenzione delle reti idriche e alla costruzione di bacini su cui convogliare efficacemente l’acqua piovana, invece di lasciarla disperdere in mare e magari poi sprecare energia per dissalarla.
Consideriamo che il consumo giornaliero di acqua dolce per una persona è di circa 1,7 metri cubri, di cui il 70% serve per la produzione di cibo, il 20% per la produzione industriale o manifatturiera e il restante 10% per tutte le altre attività domestiche, cittadine, sociali e ludiche. Insomma, diventa necessario cominciare a pensare a una politica dell’acqua più responsabile per accumularla, distribuirla in maniera efficiente e produrla con tecniche che siano nel contempo ecologiche ed economiche. Possiamo sperare nella lungimiranza dei nostri politici?