Nei piani di Fratelli d’Italia in caso di vittoria alle elezioni di settembre c’è sarebbe anche la temporanea nazionalizzazione del gruppo Telecom Italia per portare la rete tlc sotto il pieno controllo dello Stato. L’indiscrezione, resa nota la scorsa settimana, ha dato una spinta vigorosa al titolo del gruppo telefonico che in pochi minuti è balzato di quasi il 10%. Già attualmente Cassa depositi e prestiti (Cdp), braccio finanziario del ministero del Tesoro che amministra il risparmio postale italiano, controlla il 9,8% della società. Nei piani del partito di Giorgia Meloni proprio Cdp dovrebbe acquistare sul mercato la parte rimanente di Tim per poi rivendere alcuni asset sul mercato. Il fine ultimo sarebbe quello di conservare la rete, l’infrastruttura fisica delle tlc, e usare i proventi della vendita degli altri “pezzi” per ridurre il debito del gruppo. Nel corso degli anni la società si è infatti caricata di debiti decine di miliardi di euro, al momento sono circa 30. Sono in buona parte il lascito delle varie “scalate” sulla società realizzate nel corso di decenni. A cominciare da quella di Marco Tronchetti Provera del 2001: per finanziare l’acquisto di Tim si sono fatti debiti poi scaricati sulla società stessa una volta comprata.
Il fondi per abbattere il debito arriverebbero, secondo il piano, per 13 miliardi di euro dalla vendita della parte “mobile” del gruppo che conta 30 milioni di clienti e per altri 4 miliardi di euro dalla cessione di Tim Brasil. Sullo sfondo, come si diceva, la rete, dossier ingarbugliato e irrisolto. Da tempo i governi che si avvicendano alla guida di palazzo Chigi auspicano la creazione di una rete unica. Al momento gli operatori sono infatti due. Oltre a Tim che c’è anche Open Fiber, a sua volta posseduta in parte da Cdp ,che ha una quota del 60%, e il resto dal fondo australiano Macquaire. Il management di Tim vorrebbe vendere la rete a Open Fiber, con il coinvolgimento sempre di Cdp ma anche di soggetti privati ed esteri come appunto Macquaire e il fondo statunitense Kkr. A frenare sono i francesi di Vivendi, primi azionisti di Tim con il 23,7, non convinti della convenienza della cessione. Il prossimo ottobre sarebbe il termine designato per definire un’intesa vincolante tra le parti coinvolte.
Fratelli d’Italia, punta però invece ad una “sovranità digitale” del paese, non vede di buon occhio il piano di vendita che porterebbe l’infrastruttura sotto il controllo anche di soggetti esteri. “ “Il progetto è nelle mani di Giorgia Meloni che deciderà se, come e quando divulgarlo”, ha affermato all’agenzia Bloomberg Alessio Butti, deputato e responsabile dipartimento Tlc di Fratelli d’Italia. “Siamo stati i primi e gli unici a sostenere l’esigenza di creare una rete unica, pubblica e ‘wholesale only'”, spiegava Butti dopo le prime voci sulla questione, “e siamo totalmente contrari al piano attuale di Cdp-Tim così come concepito: serve un nuovo piano completamente diverso che mantenga l’integrità della rete”. Della rete Telecom fa parte anche Sparkle che gestisce l‘infrastruttura sottomarina che collega paesi mediterranei come Israele, Grecia, Turchia con Stati Unita, Asia ed Europa e sui transitano anche dati sensibili.
Nelle scorse settimane Giorgia Meloni si è espressa anche contro la vendita della compagnia aerea Ita, erede rimpicciolito di Alitalia, oggi controllata al 100% dallo Stato. Secondo Meloni il governo in carica, ormai sfiduciato, dovrebbe passare la pratica al prossimo Esecutivo. Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha però ribadito l’intenzione di chiudere l’operazione prima di abbandonare palazzo Chigi. Entro il prossimo 22 agosto sono attese le nuove offerte dei due possibili acquirenti: Msc e Lufthansa da un lato, Air France e fondo Certares dall’altro.