Michele De Pascale, sindaco di Ravenna, è infaticabile. Si fa intervistare anche a Ferragosto, pur di sbandierare la sua indomita passione per il gas. Lui e Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, nominato Commissario per il rigassificatore dal governo Draghi per velocizzare le pratiche di autorizzazione, da tempo fremono per rendere la regione e in particolare Ravenna “hub del gas”.
La passione per il gas, per questi due maschi alfa del Pd tutt’altro che ambientalisti, fa il paio con la passione per il rombo dei motori (#motorvalley). Anche la (ex) coraggiosa Elly Schlein, vicepresidente con delega al Patto per il Clima, dopo due anni e mezzo di nulla per il clima, benedice i rigassificatori come “soluzioni transitorie”. Transitorie quanto? Non si sa.
Il progetto di Ravenna prevede una nave di stoccaggio e rigassificazione, con una vita media di circa 25 anni, al costo di 400 milioni di dollari, ormeggiata a circa otto km e mezzo dalle coste di Ravenna, oltre a circa 40 km di nuovo metanodotto in terra e in mare. Tutto sto casino, tutti questi soldi, per una soluzione transitoria di pochi anni? O di decenni?
Il rigassificatore non risolverà i problemi di approvvigionamento del gas in questo autunno, visto che risulterà attivo solo dal 2024. Dove sta quindi l’emergenza? Eppure il sindaco di Ravenna da mesi si sbraccia per accalappiarsi l’agognata nave rigassificatrice, e si era proposto di prendere pure quella di Piombino. Un classico allievo “modello”, insomma, di quelli sempre col braccio alzato.
A Piombino invece protestano tutti, sindaci, ambientalisti, pescatori e cittadini. Il rigassificatore a Piombino non lo vuole nessuno, ma il governo glielo impone lo stesso (alla faccia della democrazia). “La democrazia si piega alla sicurezza nazionale!” è il ritornello. Eppure bisognerebbe chiedersi cosa intendiamo per sicurezza nazionale. Avere una proliferazione di rigassificatori, strutture metaniere, dentro e fuori i porti, possibili bersagli di attacchi terroristici, contribuisce alla sicurezza nazionale?
Senza pensare agli attacchi terroristici, anche i “semplici” incidenti non sono così rari, come quello in Texas a inizio giugno, mentre pochi giorni fa un incendio è stato domato su una nave cargo nel porto di Piombino. Pensate cosa poteva succedere con un rigassificatore lì a fianco, che in caso di malaugurata esplosione avrebbe una potenza distruttiva di decine di bombe atomiche.
L’emergenza climatica, causata dall’estrazione dei combustibili fossili, è un’altra grave (e sottovalutata) questione di sicurezza nazionale, visto che gli eventi estremi, le inondazioni, la siccità minacciano la stabilità di intere nazioni, compresa la nostra. Migrazioni di interi popoli aumenteranno vertiginosamente e non serviranno decreti a fermarli. La sicurezza nazionale è già minata e la miccia accesa.
La scienza ci dice che il metano ha un potere climalterante decine di volte superiore a quello della stessa anidride carbonica, e l’Ipcc da tempo intima di lasciarlo sottoterra, prima che sia troppo tardi. I satelliti rivelano continue perdite di metano rilasciate durante il trasporto del gas. Secondo la valutazione del centro studi francese Carbone 4 “il Gnl comporta emissioni equivalenti di CO2 due volte e mezzo maggiori rispetto a quelle emesse dal gas che arriva via gasdotto”.
Il danno ambientale tocca anche il mare. I rigassificatori a ciclo aperto, come quelli che vorranno mettere a Piombino, Ravenna, Agrigento, Sardegna, Calabria, hanno un grave impatto sull’ecosistema marino, visto che si utilizza acqua di mare per riportare il gas dalla glaciale temperatura di -162 gradi (con il gas in stato liquido) alla temperatura ambiente e quindi allo stato gassoso. L’acqua del mare che transita attraverso l’impianto esce sterile, raffreddata e clorata (il cloro è usato come antivegetativo, per tenere sempre libere le serpentine). Tutt’attorno al rigassificatore si creerebbe un alone di morte, acqua senza pesci, batteri marini, plancton, avannotti, alghe… Già i nostri mari si stanno spopolando per la pesca industriale e l’inquinamento, questo sarebbe il colpo definitivo. Inutile ribadire che le alternative esistono, sono le energie rinnovabili, solare ed eolico in primis.
Il sindaco di Ravenna assicura che c’è un “forte sostegno della comunità ravennate” ai rigassificatori. “Quale comunità?” gli ribatte il Coordinamento Ravennate Fuori dal Fossile, che riunisce tutte le sigle ambientaliste della città: “Non ci risulta vi sia stato un coinvolgimento della popolazione, non sono state fornite alla cittadinanza informazioni chiare e complete su cui ragionare, non ci pare si siano tenute assemblee pubbliche in cui si potessero mettere a confronto i pro e i contro delle varie opzioni. Se mai si è portata avanti un’informazione distorta e senza possibilità di replica”.
Da Ravenna a Piombino, da Agrigento a Portovesme, i comitati insorgono e resistono, per senso di responsabilità, per istinto di sopravvivenza, e per un’ultima disperata resistenza alla follia suicida dei governanti che inseguono solo il dio denaro.