I contagi e i ricoveri sono in calo, ma il numero di morti – come accaduto anche nelle ondate precedenti – sembra non voler calare. Come gli scienziati hanno più volte evidenziato quella curva scenderà molto più lentamente e i decessi riguardano in maggioranza persone anziane e con più patologie e fragili. Ma comunque i 147 morti ieri (in aumento rispetto al numero di giovedì) hanno impressionato Roberto Burioni che in un tweet scrive: “Ieri altri 147 morti per Covid. Amici farmacisti mi raccontano di abbondanti prescrizioni di azitromicina (un antibiotico inutile per la cura di Covid e dannoso in generale) e rarissime prescrizioni di Paxlovid*. Si può sapere dalle autorità come stanno davvero le cose?”.
Ieri altri 147 morti per COVID. Amici farmacisti mi raccontano di abbondanti prescrizioni di azitromicina (un antibiotico inutile per la cura di COVID e dannoso in generale) e rarissime prescrizioni di Paxlovid. Si può sapere dalle autorità come stanno davvero le cose?
— Roberto Burioni (@RobertoBurioni) August 19, 2022
Il professore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano è tornato sul tema dell’utilizzo non corretto di farmaci che non funzionano contro Covid. La riflessione, che è stata anche un tema da editoriale ieri sul New England Journal of Medicine, è che ormai è noto che alcuni composti, usati in via emergenziale, non sono efficaci. Paxlovid, è l’antivirale della Pfizer, che è stato approvato dalle autorità regolatorie e viene prescritto solo a chi è a rischio di malattia grave. Il report dell’Aifa, pubblicato a inizio luglio e relativo a giugno, segnalava che erano in aumento le prescrizioni di antivirali e monoclonali anche se riguardavano solo poco meno di 63mila pazienti. Secondo i dati degli studi, se utilizzato entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi riesce a prevenire del 80% il rischio di ospedalizzazione. L’Italia ha opzionato 600mila trattamenti per l’anno in corso.
“Preciso: sono conscio che quanto mi si dice rientra nell’aneddotica e non vale niente – scrive su Twitter – Proprio per questo vorrei conoscere i dati ufficiali sulle prescrizioni di azitromicina rispetto al 2019 e di Paxlovid rispetto ad altri Paesi. Ricordo che Paxlovid è indicato, tra l’altro, in tutti i pazienti Covid oltre i 65 anni”. Il professore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano posta anche il messaggio di un farmacista in Puglia che spiega di aver ricevuto solo due prescrizioni per la pillola antivirale da quando è disponibile. Diversi i commenti al tweet di Burioni, anche di chi si stupisce del fatto che a tutti i propri conoscenti risultati positivi negli ultimi mesi, sia stato detto dai medici che non avevano bisogno o diritto al Paxlovid. “Ricordo anche – aggiunge Burioni – che il Paxlovid non deve essere prescritto in base alla gravità dei sintomi, ma – una volta accertato il contagio – in base al profilo di rischio del paziente. La gestione del farmaco è così complessa che in Usa viene prescritto da farmacisti e infermieri”.
“I medici di famiglia non hanno alcun problema a prescrivere gli antivirali contro il Covid. Ma oggi i criteri, decisi dall’Aifa per somministrare la terapia, sono restrittivi, riguardano una piccola fascia delle persone che si infettano e un arco temporale limitato dell’infezione. Chi attribuisce la ‘responsabilità’ dello scarso utilizzo ad una nostra ‘timidezza’ prescrittiva fa un’affermazione antiscientifica che si basa su dati infondati e stupisce se a farla è uno scienziato – dice all’Adnkronos Salute Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale – Se si continua a ragionare sul numero di confezioni utilizzate rispetto al numero di contagiati si dà un dato falsato perché non tutti i contagiati possono avere accesso all’antivirale. Anzi: la percentuale dei candidabili è minimale e lo sarà finché saranno valide le limitazioni previste dall’Aifa”, spiega Scotti, che mette in evidenza le opportunità di un eventuale allargamento. “Per esempio potrebbe essere utile poter trattare i pazienti per categorie a rischio sociale, come i sanitari. O casi che riteniamo necessari: un giovane che vive in casa con un paziente oncologico. Oggi non lo possiamo fare. Se nelle commissioni dell’Aifa ci fosse un medico di famiglia potrebbe essere utile a far rilevare queste necessità”, dice Scotti raccontando la sua esperienza. “Su 7 pazienti candidabili all’antivirale rispetto ai miei mille pazienti – racconta – solo a 4 sono riuscito a dare il farmaco perché altri 3 prendevano farmaci non compatibili. Ricordo che noi abbiamo una responsabilità medico-legale anche sulla mancata prescrizione, la categoria quindi non ha nessun vantaggio a non prescrivere, ma dobbiamo attenerci alla normativa”, conclude Scotti secondo il quale “bisognerebbe discutere tutti insieme, con l’Aifa, per veder se è possibile individuare, in maniera più corretta – sul piano medico legale, clinico e sociale- l’utilizzo maggiore di questo farmaco”.