di Maurizio Contigiani
Nonostante la Prima Repubblica, nata a ridosso della guerra, sia stata più una “dittatura democristiana” teleguidata dagli Usa affinché i comunisti non arrivassero mai al potere, il confronto tra i partiti esistenti era comunque in funzione delle idee, dei modi di essere, dei programmi, dei modi di pensare per cercare di risolvere, ognuno a proprio modo, al proprio status, i problemi del vivere comune. Lo si faceva nel contesto di organizzazioni che racchiudevano parametri comuni alla visione di cittadini, ai quali si offriva appartenenza secondo il loro modo di essere religiosi, operai, borghesi, ricchi, anarchici, altruisti o egocentrici.
La Costituzione, appena nata dopo la guerra e il disastro fascista, rappresentava il pilastro portante a difesa della più giovane democrazia e nel suo contesto erano stati inseriti ad hoc i partiti, in contrapposizione all’uomo solo al comando.
A seguito del crollo del muro di Berlino vennero meno anche le ragioni di esistere della nostra Prima Repubblica e, da quel momento pieno di speranze, ci siamo ritrovati di nuovo alla ricerca di qualcuno che pensasse a noi e “Meno male che c’era Silvio”, al quale abbiamo affidato il nostro futuro. Un po’ come avevamo fatto sessant’anni prima, evidentemente è nella nostra natura, non ci possiamo fare niente, e oggi abbiamo toccato il fondo.
Oggi non esiste più il partito al cui interno ci sentivamo di appartenere per i motivi di cui sopra. Oggi, incredibilmente, Silvio c’è ancora, con o senza Forza Italia, la Lega non vive più attraverso i suoi pur discutibili ideali, la Lega è Salvini, Fratelli D’Italia – con La Russa, la Santanchè, Durigon e Crosetto – non sarebbe esistito senza la Meloni, il Movimento Cinque Stelle è orfano di tutti coloro che l’hanno fatto grande e se oggi qualcuno ancora lo vota lo fa solo perché, lì dentro, non c’è nessun altro che Conte.
Sarebbe il caso di non nominarli nemmeno ma nel nostro povero Paese trovano “spazio partitico” soggetti dal consenso nullo come Calenda, Renzi, Di Maio, Toti, Tabacci, Gelmini, Carfagna, Bonino (ancora) e altri che non ricordo. Potremmo rischiare grosso se il testimone passasse in mano a qualcuno che speriamo non sia ancora nato ma la speranza non risiede solo in un auspicio del genere.
Non ce ne siamo accorti tutti, ma un partito ancora c’è. Un partito alquanto “poliedrico” nei suoi ideali, nei suoi programmi, nelle sue regole, nella sua etica, un partito che non vince le elezioni ma governa sempre. E’ un partito che si professa di centrosinistra ma ha governato per vent’anni con Berlusconi, il quale, magnanimamente, gli ha regalato alcuni suoi pezzi (Alfano prima, Verdini poi) quando i numeri non consentivano più di fare gli interessi di entrambi sulla nostra pelle. Un partito che ha la stessa faccia tosta di chi allora “convergeva parallelamente” con tutti, pur di governare per la “nostra tranquillità”.
E allora cosa aspettiamo a sublimare in cabina elettorale l’altra faccia di quello scudo crociato che nessuno dichiarava di votare e poi vinceva, cosa aspettiamo a mettere la croce sul simbolo del nostro difensore dai personalismi pericolosi o dai sporchi 5S che ancora non sono morti? Cosa aspettiamo a votare il Pd, la nostra splendida Democrazia Cristiana del XXI secolo.