Vedere da semplice spettatore la partenza di una campagna politica per il rinnovo del Parlamento è sempre stato, anche in precedenza, una fase piuttosto complicata da seguire, per chi non può seguire da dentro le facili promesse, i trabocchetti, i voltafaccia, i tradimenti, le tormentose cadute e gli incredibili nuovi accordi (e amicizie) che rinnegano quelli del giorno precedente. Eppure, volta per volta, i politici italiani sono scesi sempre più in basso nel livello di ciò che si può fare per vincere l’assalto alla diligenza che apre le porte del potere.

Ma ora che mancano solo pochi giorni al voto possiamo vedere anche noi il capolavoro di fantasia e colore che i nostri maghi dell’intrattenimento politico sanno inventare per deliziare gli istinti primitivi degli elettori e l’impegno civico degli eletti. Oddio, a dire il vero l’impegno civico lo troviamo solo nel simbolo di Luigi Di Maio, ma nessuno sa se è solo un modo di dire, come tutti gli altri slogan piazzati sui simboli allo scopo di farsi notare: si vedrà col tempo se è sincero. Quindi per ora uno vale l’altro, sul piano politico.

Per dare a Cesare quello che è di Cesare bisogna dare a Berlusconi il “merito” di questa brillante pianificazione “banalista” che ha trasformato i partiti politici italiani in tanti ricettacoli di propagandisti spinti verso i maggiori traguardi del marketing “markettaro”, che ha consentito loro di abbandonare finalmente quegli antiquati e costosi progetti di benessere per il popolo e per la nazione.

Non entro nei dettagli di questa raffazzonata disputa elettorale, essendo già stati pubblicati in questi giorni da questo quotidiano ottimi spunti di cronaca e analisi delle sue migliori firme, incluse come sempre alcune “perle” del direttore Travaglio (di cui mi pregio segnalare le recenti “En travesti” e “L’avete voluta voi”, in cui toglie la foglia di fico alle spiegazioni di comodo di molti “attori” di questa agitata fase politica, iniziata più di 8 mesi fa con un presidente del Consiglio che aspirava all’unica promozione per lui possibile, ma deviata dai notabili del gran Palazzo a traguardi per lui più affini per amministrare il facoltoso Next Generation Eu, approvato lo scorso anno dalla nuova Commissione Europea, finendo però disarcionato quando una insensata guerra territoriale scatenata dallo Zar di tutte le steppe della Russia ex sovietica ha scombinato tutti i piani politici e finanziari dell’intera Europa e di mezzo mondo).

Con che spirito (e con che soldi?) dunque affrontiamo noi, cittadini qualunque, il calor bianco di questa campagna elettorale che entusiasma solo i proprietari di quei miserevoli simboli elettorali? Se li senti, loro hanno tutti ragione (come i bambini quando litigano), ma chi guarda da fuori capisce bene chi si cura dei nostri interessi e chi invece cura solo i propri.

Io temo mi capiterà di incontrare ancora la mia amica Mariarosa, che mi chiederà ancora consigli su cosa si può fare per ottenere la sua agognata pensione che l’Inps le nega (con la “distratta e tacita” approvazione implicita del nostro Parlamento). Le motivazioni per il diniego fornite da Inps mettono in evidenza una grossolana disparità di trattamento tra quello che, in generale, il nostro sistema sociale del welfare riserva ai nostri anziani più bisognosi e quello applicato in favore dei parlamentari, che si prendono al 65esimo anno di età una pensione piena con soli quattro anni e mezzo di contributi, potendo comunque far cumulo con altri redditi, mentre ai non privilegiati occorrono almeno 20 anni di contributi, ma perdono ingiustamente il loro diritto previdenziale se in famiglia entrano altri redditi (senza però tener conto delle altre spese!). Persino il reddito di cittadinanza viene elargito con maggiore elasticità rispetto ai severissimi e discriminanti criteri di assegnazione del diritto alla pensione di vecchiaia.

Per quale motivo dovrei io mentire a Mariarosa e dirle che chi emigra da lontani paesi in cerca di fortuna, sbarcando sulle nostre coste, viene accolto amorevolmente e aiutato con forme di reddito garantito, mentre chi fatica per decine d’anni a spaccarsi la schiena lavorando con quel che trova in giro deve invece accontentarsi delle briciole che passa l’Ente Previdenziale Nazionale? Invece che parlarsi per risolvere questi problemi i nostri “onorevoli” si sprecano a trovare nuovi simboli sui quali scrivere il loro nome (una vera inflazione ormai!) che consentiranno loro di presentarsi nei seggi “sicuri” per continuare a prosperare sulle spalle nostre… e di povera gente come Mariarosa.

Ho fatto l’esempio di cui sopra sui migranti che, secondo la nostra “sinistra”, sono tutti uguali (ma non lo sono), per evidenziare come sia facile per la Meloni e per Salvini sfruttare l’onestà intellettuale del “buonismo” lettiano per fregargli i voti dei milioni di lavoratori (o disoccupati o pensionati) che sono rimasti senza adeguata rappresentanza parlamentare. Non è vero che il lavoro lo possono creare solo le iniziative private: molto di più, specialmente in una fase di crisi come questa, può fare lo Stato (anche l’economia può evolversi e restare al passo con la tecnologia).

Spero sinceramente che Conte non faccia lo stesso errore delle sinistre, lui sa parlare all’elettorato meglio di Letta (e di Draghi). Se non farà errori Conte avrà davanti a sé un’intera prateria ansiosa di essere curata e potrà essere proprio lui a vincere la sfida elettorale. Dovrà però scegliere i temi giusti e proporli con parole convincenti, in questo modo potrà essere ancora lui il prossimo premier e rimandare la Meloni alla prossima occasione!

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