Detenuti in custodia cautelare reclutati per combattere in Ucraina. Ad affermarlo sono gli attivisti di alcune ong russe, a partire da Russia Behind Bars e Gulagu.net, secondo cui le autorità di Mosca hanno sospeso centinaia di casi penali per trattare la libertà dei soggetti in cambio dell’arruolamento diretto al fronte. A sostenerlo con una certa forza è soprattutto Olga Romanova, attivista per i diritti umani e fondatrice di Russia Behind Bars. Sul suo profilo Telegram la Romanova ha scritto: “Sono a conoscenza di casi specifici in diversi centri di detenzione nella regione di Mosca, ma ho informazioni secondo cui la pratica sia stata attivata in altri territori del Paese”. Stando ad altri attivisti, la Russia ha messo in opera lo stesso disegno anche a Ryazan, Tver e Briansk, quest’ultimo, in particolare, centro vicino al confine nord-orientale ucraino e dunque teatro di movimenti militari dall’inizio del conflitto.
Non esistono conferme ufficiali alle affermazioni avanzate dalle ong russe in questione, comunque attendibili in passato sempre in relazione alle notizie trapelate dall’interno delle carceri della Federazione. Non sarebbe una novità per il fronte russo, già nel recente passato alle prese con l’arruolamento da parte del gruppo mercenario privato Wagner. Informazioni a tal proposito risalgono all’inizio dello scorso mese di luglio e sembra che la famigerata compagnia militare sostenuta dal magnate Evgenij Prighozin, molto vicina al Cremlino, abbia ‘visitato’ una ventina di colonie penali in tutto il Paese. Ora si parla direttamente delle autorità russe, e non di Wagner, e di prigionieri in custodia cautelare e in attesa di giudizio. Di loro non si sa molto per ora, a parte che molti soggetti sarebbero stati inviati nei Sizo, centro di detenzione preventiva, per mettere in pratica lo switch: da detenuti a risorse umane per combattere.
Mosca ha l’intenzione di stringere il cerchio nella maniera più rapida possibile, conseguendo l’obiettivo minimo della sua aggressione all’Ucraina, oppure è talmente a corto di forze fresche da grattare il fondo del barile? In questa analisi aiutano le parole di Claudio Bertolotti, esperto dell’Ispi e direttore di Start InSight: “Mosca sta profondendo uno sforzo non comune e per farlo ha bisogno di tutte le risorse da inviare al fronte. Analizzando la situazione nel suo complesso, credo che la Russia abbia disperato bisogno di forze fresche da utilizzare sul campo per garantire una rotazione periodica e non sguarnire la presenza militare a sud-est dell’Ucraina. Sin dall’inizio delle operazioni belliche la Russia ha manifestato la carenza di rincalzi. Le forze di riserva hanno iniziato a venire meno dopo che è stata evidente l’impossibilità di realizzare il progetto iniziale, ossia la conquista agevole degli obiettivi militari. Mosca si aspettava una campagna più rapida e le sue forme di reclutamento adesso sono eterogenee. La leva con i coscritti è prevista ad aprile e ottobre e prima di mandare 18enni inesperti al fronte è necessario un minimo di formazione. Nuova linfa non sufficiente per le operazioni sul campo, quanto per ripianare le perdite. Da qui la necessità di rivolgersi ad altre forme di reclutamento, dai volontari a vecchi soldati richiamati in servizio. Quando il serbatoio inizia a svuotarsi è normale che ci si rivolga ad altre forme, più ambigue, come ad esempio i detenuti”.
Secondo le stime più recenti, ad oggi il conflitto ucraino è costato a Mosca poco meno di 80mila tra morti e feriti, cifra enorme e non preventivata. Normale, al di là di tutto, che l’esercito occupante faccia riferimento a ogni possibile risorsa: “Sia chiaro, dobbiamo partire dal principio che quella di Mosca è una guerra illegittima, è bene non dimenticarlo mai – puntualizza Bertolotti – Detto questo la Russia decide in piena libertà di schierare chi vuole al fronte, una specificità lasciata libera a uno Stato nazionale. Non è certo una novità che in tutti i conflitti moderni abbiano operato e stiano operando quelli che in gergo educato si chiamano ‘contractors’ e che altri tendono a definire mercenari. Compagnie private, spesso vicine al potere, a cui spetta il lavoro sporco e per farlo bene servono soldati particolari, tra cui chi è abituato al crimine e alla violenza. Ora, nel caso in questione, non credo che il presidente Putin abbia dato il via libera al reclutamento dei detenuti con lo scopo, maligno, di perpetrare violenze nei confronti dei militari e della popolazione ucraina. Ripeto, secondo me è soltanto una questione di forte necessità, ma credo che anche dall’altra parte Kiev non se la stia passando molto meglio. Di solito è difficile per l’opinione pubblica di uno stato di diritto accettare una simile misura, ma la Russia è un Paese particolare in tal senso e la cosa rientra in una sorta di paradossale normalità”. L’esperto analista, infine, traccia una linea sull’attualità bellica: “Nonostante l’esercito invasore sia in difficoltà, per ora detiene il vantaggio tattico. La resistenza di Kiev è efficace e sta rallentando l’avanzata russa che comunque procede, seppur a piccoli passi. Certo i blitz degli ultimi giorni in Crimea, l’efficacia della controffensiva a sud, nell’area di Kherson, e la tenuta su Kharkiv sono campanelli d’allarme per la Russia”.