Non è vero, come sostiene Matteo Salvini, che la flat tax al 15% proposta dalla Lega ha un costo “sostanzialmente identico a quello del reddito di cittadinanza“. A smentirlo non sono economisti “nemici” o avversari politici, ma il disegno di legge “Disposizioni in materia di flat tax” depositato al Senato il 27 maggio 2020, che porta la firma di tutti i senatori del partito tra cui lo stesso leader del Carroccio. Il testo, farina del sacco di Armando Siri, è quello esplicitamente richiamato nel programma elettorale di oltre 200 pagine presentato in vista del voto. E leggendo gli articoli 26 e 45 si scopre che il piano in due fasi per arrivare dall’attuale tassa piatta per gli autonomi (limitata a chi ha introiti fino a 65mila euro) alla flat tax per tutti senza limiti di reddito richiede nel complesso coperture per 22 miliardi nella prima fase e 38 a regime. Gli stanziamenti annuali per il reddito ammontano in questo momento a 8,3 miliardi l’anno: l’aliquota unica costa dunque quasi cinque volte tanto, volendo dar credito ai calcoli di chi la sta promettendo agli elettori.

La fase 2: flat tax con limiti al reddito – Il progetto della Lega è assai articolato, a dir poco. Il ddl 1831 consta di 40 pagine in cui si dettagliano le tappe necessarie per dire addio alle aliquote sostituendole con un unico prelievo pari al 15% del reddito. La “fase 1” della tassa piatta per gli autonomi è già realtà, spiega l’introduzione. La seconda fase verrebbe attuata in più mosse. La tassazione non sarebbe più personale bensì famigliare. Tralasciando le deduzioni (che partirebbero da 13mila euro nel caso ci sia un componente a carico), l’attuale tassa piatta al 15% verrebbe innanzitutto estesa ai nuclei con redditi fino a 26mila euro se composti da una sola persona, 50mila in caso di famiglia monoreddito e 65mila in caso di famiglia bireddito. Oltre quelle soglie l’aliquota crescerebbe progressivamente di uno o più punti a seconda del numero di componenti. Superati i 55mila euro per i nuclei monoreddito e i 70mila per quelli bireddito si tornerebbe alle normali aliquote Irpef che sarebbero però ridotte da quattro a tre (23, 27 e 38%). Contestualmente si introdurrebbe per un biennio, per tutti, un’imposta del 15% anche sul reddito “incrementale”, cioè l’aumento rispetto a quello percepito l’anno precedente, e si ridurrebbe l’Imposta sui redditi delle società (Ires) dall’attuale 24 al 20%.

Servono coperture per 22 miliardi – I costi? L'”onere derivante dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente titolo”, si legge nel ddl, è “valutato in 13 miliardi di euro con riferimento alle misure per la famiglia, in 4 miliardi di euro con riferimento all’accorpamento delle ultime tre aliquote dell’Irpef al 38 per cento e in 5 miliardi di euro con riferimento alla revisione dell’Ires”. In totale fa 22 miliardi, che la Lega conta di coprire con un fondo ad hoc alimentato dalle “maggiori entrate, registrate a consuntivo, derivanti dall’aumento del livello di fedeltà fiscale conseguenti alle misure di cui al presente titolo e dall’incremento dell’attività economica conseguente alla riduzione delle aliquote fiscali” da integrare eventualmente – come sempre – a debito.

La tassa piatta per tutti: ci vogliono 38 miliardi – Seguirebbe, nei piani di Siri, la “fase tre”. Quella che conduce alla flat tax per tutte le famiglie e le imprese, proprio come previsto nel programma della Lega. Per farlo, l’aliquota Ires verrebbe portata anch’essa al 15% e per i nuclei famigliari verrebbero eliminati i limiti di reddito in vigore nella fase precedente. Risultato: i costi lieviterebbero a 38 miliardi di euro. Anche in questo caso, per le coperture ci si affida ai proventi legati alla riduzione dell’evasione, tutt’altro che certi soprattutto se venissero applicate le ricette del centrodestra incentrate sull’abolizione del tetto all’uso del contante e dell’obbligo di accettare il pagamento con moneta elettronica.

Per il reddito stanziamento da 8,3 miliardi l’anno – Per il reddito di cittadinanza, istituito nel 2019 dal governo Conte, era prevista inizialmente una spesa di 5,9 miliardi nel 2019, 7,1 nel 2020 e 7,3 nel 2021. La pandemia, impoverendo molte famiglie, ha però fatto lievitare i beneficiari, arrivati a 3,9 milioni di persone. Il governo Draghi con la legge di Bilancio per il 2022, oltre a prevedere modifiche in senso restrittivo pesantemente bocciate dal comitato di valutazione della misura, lo ha rifinanziato con 1 miliardo l’anno fino al 2029, portando lo stanziamento a 8,3 miliardi. Se anche venisse abolito – cosa che peraltro la Lega non propone: chiede che resti per chi non può lavorare e negli altri casi sia tolto alla prima offerta rifiutata – quei soldi non basterebbero nemmeno lontanamente per coprire il buco di gettito aperto dalla flat tax.

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