Secondo Russia Today, nel 2014 è stato licenziato dall'Università statale di Mosca, nella quale insegnava, a seguito dell' appello a "uccidere gli ucraini" che aveva lanciato dopo gli scontri a Odessa durante i quali gruppi di neonazisti bruciarono vivi quaranta filo russi
I soprannomi che gli sono stati dati in questi anni sono tanti. Da “il cervello di Putin” a “eminenza grigia del Cremlino” o anche “Rasputin”, vista l’evidente somiglianza con il mistico russo. Alexander Dugin è l’uomo chiave della propaganda politica del presidente Vladimir Putin. Nessun ruolo formale, nessuna carica nel governo, ma di fatto ci sarebbe lui dietro l’invasione russa dell’Ucraina. Ex caporedattore della rete televisiva pro-Putin Tsargrad, infatti, Dugin, scrittore e filoso di professione, è quello che tutti definiscono “l’ideologo di Putin”. E’ nota, infatti, la forte influenza che le idee politiche di Dugin- caratterizzate da un forte misticismo- hanno sul capo del Cremlino. Proprio lui è l’artefice del rinvigorimento del termine- concetto “Novorossiya” (Nuova Russia), adottato da Putin per giustificare la sua annessione della Crimea del 2014.
Nato a Mosca nel 1962 da madre medico e padre agente del Kgb, i servizi segreti russi (oggi Fsb, Federal Security Service), la figura di Alexander Dugin è sempre stata al centro del dibattito pubblico per le sue posizioni filosofiche e politiche radicali. Secondo Russia Today, ad esempio, nel 2014 Dugin è stato licenziato dall’Università statale di Mosca, nella quale insegnava, a seguito dell’ appello a “uccidere gli ucraini” che aveva lanciato dopo gli scontri a Odessa durante i quali gruppi di neonazisti bruciarono vivi quaranta filo russi. Parole e toni, questi, che riecheggiano in questi giorni a seguito della polemica che è scoppiata per il tweet pubblicato e subito dopo cancellato del rappresentante permanente della Federazione Russa presso le organizzazioni internazionali Mikahil Ulyanov, nel quale il diplomatico chiedeva “nessuna pietà per il popolo ucraino”.
Una figura controversa e influente, dunque, che ha un forte peso su Putin. Effettivamente, l’agenda politica del Cremlino sembra rispecchiare appieno l’ideologia di Dugin il cui obiettivo è quello di portare avanti il progetto di Eurasia, una sorta di patto russo-islamico nel quale la Russia dovrebbe guidare un impero esteso anche a Iran, Turchia e Europa Orientale. Un progetto, dunque, che avrebbe ispirato l’invasione russa dell’Ucraina. Secondo Mosca, dietro l’attentato che è costato la vita alla figlia di Dugin, Daria Dugina, ci sarebbe la mano di Kiev che avrebbe tentato così di eliminare quello che forse potrebbe essere considerato uno degli ostacoli più difficili da superare per il raggiungimento della pace in Ucraina.
I RAPPORTI CON L’ITALIA – Alexander Dugin è stato da sempre un attento osservatore delle dinamiche politiche italiane, esprimendo particolare apprezzamento soprattutto per determinate forze politiche. Oggetto di un endorsement dell’ideologo di Putin è stato prima il leader della Lega Matteo Salvini e ora quello di fratelli d’Italia Giorgia Meloni. A fare da trait d’union tra Salvini e Dugin è stato Gianluca Savoini, consigliere di Matteo Salvini per la Russia. Tra i due si è stabilito subito un rapporto culminato nel 2016 quando il giornalista e scrittore russo ha intervistato Salvini negli studi di Tsargrad, la tv del ministero della Difesa russa per poi “benedire” due anni dopo, nel 2018, il neonato governo gialloverde, appoggiando così anche i Cinque Stelle. Un feeling, quello fra Dugin e Salvini che si è piano piano raffreddato, però, a seguito della caduta del governo, ai tempi del Papeete. Ora è la volta della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. “Se seguirà rigorosamente gli ideali e i valori che proclama- ha recentemente dichiarato Dugin-, sarà, secondo me, molto significativo. Quando l’Italia – con la Meloni o chiunque altro – diventerà sovrana, allora e solo allora le cose cominceranno ad andare”.