Lettera aperta del Gruppo Docenti A012 (Italiano e storia) Toscana – concorso ordinario 2020-2022
Dopo una prova ultraselettiva, in Toscana si prosegue con la politica delle bocciature. Vi raccontiamo il nostro calvario estivo
La situazione di cronica precarietà nella quale le lavoratrici e i lavoratori italiani sono immersi è ben nota. Come lavoratori della scuola, siamo esposti da tempo a questo stato di cose. Genitori, studenti e cittadini in genere, che abbiano avuto la minima esperienza del sistema negli ultimi anni, hanno potuto constatare direttamente la mancanza di stabilità nei percorsi formativi. Questa mancanza è dovuta alla disattenzione dei vari governi per la questione del reclutamento dei docenti. A oggi oltre 210mila insegnanti vivono nel precariato; in alcune province, la percentuale sfiora un terzo dell’organico totale. Tutto questo si ripercuote drammaticamente sulla qualità dell’offerta didattica. Non è raro che una classe debba cambiare insegnanti più volte nell’arco di un ciclo di studi. Quante volte, come genitori, avete affidato i vostri figli a figure che hanno fatto parte della loro vita per un anno, un mese, una settimana?
Quale tipo di relazione educativa si può costruire tra insegnanti e studenti, tra colleghi che non sanno per certo quanto durerà il loro rapporto? Anche le istituzioni europee hanno segnalato la gravità della situazione italiana: già nel 2014 una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha invitato l’Italia a regolarizzare la posizione dei precari della scuola; altri richiami hanno fatto seguito. Eppure, anni dopo, con una pandemia nel mezzo, la situazione non è migliorata, nonostante l’avvio di procedure concorsuali che si sono rivelate tortuose e limitate. Di queste procedure faceva parte il concorso ordinario per il reclutamento dei docenti della scuola secondaria di secondo grado (le scuole superiori, per intendersi), bandito nel 2020 e iniziato, dopo varie peripezie, nella primavera del 2022. Per gli insegnanti che hanno deciso di partecipare, sono stati due anni in cui sono cambiate più volte le modalità di svolgimento delle prove, due anni di lavoro nel contesto pandemico, due anni di preparazione, due anni di incertezze su un concorso che non arrivava mai. Infine, grazie al decreto Sostegni bis, il concorso ha trovato la sua forma definitiva: una prova scritta a risposta chiusa e un colloquio orale sulla progettazione di una attività didattica intorno a una tematica estratta 24 ore prima.
Già le prove scritte erano salite agli onori della cronaca: test a crocette di carattere nozionistico, estremamente selettivi. A seconda delle varie discipline, e su diversi territori, i tassi di bocciatura sono stati elevatissimi, con punte del 90%. Il nostro è un gruppo di insegnanti di italiano e storia. La nostra classe di concorso (A012), a livello regionale, ha visto promossi solamente il 13,7% dei candidati. La selettività della prova scritta ha lasciato spazio a un ulteriore periodo di attesa per l’orale, che si presumeva basato sui principi che ispirano a tutti i livelli anche la nostra attività: la comprensione, l’ascolto, la disponibilità. Tanto ci aspettavamo da parte delle commissioni, che si sarebbero accertate di parlare con candidati preparati e professionali. La commissione per la classe A012 in Toscana ha iniziato i colloqui lo scorso 22 luglio. Da subito si è capito che quanto stava succedendo non rispettava minimamente le nostre aspettative, e piegava la normativa ad interpretazioni quantomeno dubbie. Prima ancora dell’aspetto formale, siamo stati colpiti nell’immediato dal clima instaurato dalla commissione: atteggiamenti inquisitori, sufficienza, aggressività nei confronti dei candidati… Nel presentare il nostro lavoro, siamo stati invitati a una estrema brevità, a sorvolare su aspetti fondamentali riguardanti la cura della classe, mentre la commissione ascoltava con impazienza.
L’eccesso di zelo nelle domande, spesso, non nascondeva altro che la volontà di mettere in difficoltà il candidato di turno. A lavori ancora in corso, oltre un terzo dei candidati è già stato respinto, mentre nel resto d’Italia le percentuali di bocciatura, in media, sono prossime allo zero (da dati degli Uffici scolastici regionali). La commissione ha squalificato sprezzantemente questa situazione eccezionale, invitando i candidati a rivolgersi al Tar, senza alcuna spiegazione. La discrepanza tra i valori promossi dal sistema scolastico, tra quanto è richiesto umanamente ai candidati e il trattamento ricevuto, è massima.
Si badi bene: questa non è una sterile lamentela o una richiesta di abbassamento degli standard. Siamo i primi a desiderare una scuola di qualità, fatta da professionisti qualificati. Siamo stati portati a rivolgerci al pubblico per segnalare una grave ingiustizia. Le azioni e l’atteggiamento della commissione ci fanno sentire sminuiti come docenti, come lavoratori, come persone. La nostra competenza non è stata minimamente tenuta in considerazione. I criteri di valutazione sono stati oscuri e arbitrari. La pandemia ha messo chiaramente in evidenza come la figura dell’insegnante sia, a tutti i livelli, primariamente una professione di cura, quella cura che è mancata del tutto nei nostri confronti. Mai come oggi il tema della salute mentale è stato centrale nel dibattito pubblico. Gli ultimi due anni sono stati complessi per ognuno di noi. All’interno della scuola, per i bambini e i ragazzi che hanno vissuto il momento con intenso disagio, così come per tutti i lavoratori che si sono fatti carico dell’impegno di mantenere la scuola un luogo basato sulle relazioni umane e sull’ascolto. Per noi, sono stati anche due anni appesi al filo di questa procedura, ulteriore elemento di turbamento nel mare delle varie difficoltà che tutti abbiamo attraversato.
Ci fa male la totale mancanza di riguardo nei confronti di questo semplice dato, ci fa male che l’arbitrio di poche persone, dopo un ascolto distratto di venti minuti, possa determinare la nostra carriera e condannarci ancora alla precarietà. In tutto questo, tra un mese lo Stato ci chiamerà ancora a lavorare come supplenti nei licei e negli istituti toscani, e noi ci presenteremo ancora, volenterosi di svolgere il nostro lavoro al meglio. Non abbiamo neanche la consolazione di leggere un oscuro disegno dietro a ciò che ci sta succedendo. La regione Toscana e il Ministero hanno tutto l’interesse, in questa fase, a immettere in ruolo nuovi insegnanti e ad abilitarne per le necessità dei prossimi anni. Perché allora portare avanti quello che sembra a tutti gli effetti un ingiustificato abuso di potere?
Siamo increduli e dispiaciuti. Ma chiediamo rispetto. Il rispetto che ci spetta come professionisti, come colonne portanti del sistema scolastico e come categoria fondamentale nella formazione della cittadinanza. Chiediamo tutta l’attenzione possibile da parte del pubblico, mentre ragioniamo sulle azioni da intraprendere, singolarmente e collettivamente, per far fronte a questa ingiustizia.