“A Pianosa quando arriva la barca è sempre un evento”. Bastano le parole di Alfredo Mitrano, per capire dove stiamo approdando. Pianosino di nascita, figlio di un secondino (così si chiamavano allora) che ha lavorato sull’isola negli anni Cinquanta fino al 1964, è lui il nostro Caronte in questa striscia di terra di dieci chilometri quadrati che ha accolto nel corso dei secoli i romani, i turchi, per poi diventare dal 1856 una colonia penale e poi un carcere di massima sicurezza.
Qui sono passati il presidente Sandro Pertini incarcerato dal 1931 al 1935 per motivi politici ma anche Renato Curcio, Michele Greco, Pippo Calò, Nitto Santapaola, Pippo Madonia, Giovanni Brusca e i fratelli Graviano.
Fino al 1997 (anno di dismissione del carcere) sull’isola abitavano fino a duemila persone. Oggi, da ottobre a marzo/aprile, a custodire le case abbandonate e gli undici detenuti in articolo 21 (ovvero assegnati al lavoro esterno) restano due agenti di polizia penitenziaria oltre ai compagni di Alfredo che hanno costituito l’associazione Per la difesa dell’isola.
Appena scesi dalla nave, sono gli agenti ad accoglierci al porto: un campano e un sardo, innamorati di Pianosa e appassionati del loro mestiere. A far loro compagnia, nei mesi dove il turismo latita, sono solo il sole, le onde del mare, il vento e il silenzio. L’ex abitazione del direttore, oggi diventata un piccolo albergo, è aperto solo in questa stagione. La Casa dell’agronomo e del ragioniere (figure fondamentali ai tempi del carcere) sono ormai abitate solo dai fantasmi. Dove un tempo c’erano lo spaccio, il cinema, il tabaccaio è tutto abbandonato.
Alfredo ci porta a vedere la sua casa: “Qui abitavamo noi e la famiglia Batignani. Pensa che uno dei figli, Massimo, nonostante da anni si fosse trasferito a Massa Carrara, ha voluto farsi seppellire qui. L’isola senza i detenuti che ci sono ancora ora si svuoterebbe”.
A luglio ed agosto, questo angolo di terra fuori dal mondo, torna a popolarsi. Molti arrivano, si godono il mare e prima di sera tornano senza farsi troppe domande su ciò che sta loro attorno.
Ad aprire gli occhi ai turisti sono gli Amici di Pianosa che hanno ristrutturato le vecchie poste e realizzato un museo iconografico che racconta la storia dell’isola: un viaggio nel tempo che narra i volti di chi ha abitato in questo posto mitologico.
Per il presidente dell’associazione Alessandro Scotto e i suoi soci, la loro è una missione: custodire Pianosa. In quest’ultimi anni hanno restaurato la torre dell’orologio, la cappella dei detenuti e altri luoghi storici. Un modo per evitare il tramonto dell’isola. Qualche mese fa il sindaco Davide Montauti con Scotto e il Parco nazionale dell’arcipelago toscano, hanno candidato l’isola ad accedere ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Con venti milioni di euro avrebbero creato un albergo diffuso all’interno di Forte Teglia; il recupero degli spacci per farne un mercato dei prodotti bio a chilometro zero; un laboratorio didattico nella caserma Bombardi. Ma non solo. Il lungo muro carcerario, fatto costruire dal generale Carlo Alberto dalla Chiesa negli anni Settanta per proteggere il carcere da attacchi terroristici, sarebbe stato in parte recuperato e trasformato per diventare fonte di produzione di energia pulita attraverso l’installazione di pannelli fotovoltaici. Nulla da fare: Pianosa non è stata ammessa e tutto è rimasto un sogno.
Eppure qui c’è così tanto da fare che nessuno si è arreso. L’ultima idea di Scotto e della sua associazione è avviare una raccolta della plastica spiaggiata: “Si tratta di rifiuti lanciati in mare o lasciati dai turisti in giro che diventano un danno incredibile per il paesaggio. Stiamo verificando anche la possibilità di usare un robot per identificare la plastica sul fondo marino”.
Un’idea condivisa dall’amministrazione comunale che nei prossimi mesi darà avvio a un recupero dei terreni dell’ex colonia penale. Il parco ha, finalmente, ottenuto gli usi civici dei campi che sono di proprietà del Comune: “Abbiamo fatto – spiegano dagli uffici del sindaco – una manifestazione d’interesse e si sono presentate oltre aziende agricole pronte ad investire su Pianosa”. Chi è nato ho abitato qui non smette mai, anche quando è lontano, di sentire un richiamo verso l’isola: “Io lo so – spiega Alfredo – cosa significa svegliarsi qui. Accompagnarvi oggi è stato un dono perché ogni volta che torno per me è una gioia”.