“Con i candidati paracadutati non si costruisce una comunità politica. Si veda Fassino a Venezia ma lui è solo uno dei casi. Questo non rafforza la presenza del partito sul territorio e non consente di migliorare la politica”. Quando manca poco più di un mese alle elezioni, il politologo Gianfranco Pasquino commenta così il momento che sta vivendo il Partito Democratico. Un partito che, secondo il socio dell’Accademia dei Lincei, “ha dei problemi strutturali legati alla sua natura che non possono essere cambiati più di tanto da Letta che è una persona colta, competente educata e gentile, caratteristiche non delle migliori per fare il capo di un partito ma buone per le persone”.
Allargando lo sguardo alla campagna elettorale, il politologo vede una carenza di capacità di innovare. “Non vedo nessuna idea trainante positiva, nessun colpo di vita, da usare negli ultimi giorni della campagna per spostare quel 3 o 4 % di indecisi che decidono all’ultimo – spiega Pasquino – me lo aspetto da Berlusconi ma il Pd fa una politica cauta e Letta, lo dico con la tutta la stima che provo per lui, non è un creativo”.
Che consiglio darebbe al segretario Dem? “Agire come partito con la forza di avere una linea politica e di attuarla fino in fondo non essere balbettante e incerti o attendisti”. E a Giuseppe Conte? “Dovrebbe farsi aiutare da qualcuno che conosce la politica. È convinto di saperla fare ma governare è diverso da guidare un partito”. Sullo sfondo c’è la preoccupazione per una possibile vittoria della destra: “Meloni sarà costretta a ricompensare le frange estreme non solo italiane ma europee. Sarà vista male e dunque reagirà male senza creare un regime ma generando confusione. E se il nostro paese sarà confuso diventerà inaffidabile e perderemo un sacco di soldi e credibilità”.