La flat tax non ridurrà l’evasione fiscale, anzi: ecco perché la favorirà /3
Uno dei miti che aleggiano attorno alla flat tax, la tassa sul reddito con una sola aliquota, è che essa darebbe un contributo decisivo per la lotta all’evasione fiscale, forse la principale piaga del nostro sistema tributario da molti anni ormai. Già all’indomani della grande riforma tributaria del 1973, Franco Reviglio stimava che fosse del 10% per il reddito da lavoro dipendente e del 50% per quello da lavoro autonomo. Il tema è così importante che la legge finanziaria del 2009 ha previsto che venga presentata ogni anno al Parlamento una relazione specifica sui risultati delle misure di contrasto all’evasione fiscale. Quindi oggi possiamo disporre di un documento qualificato e redatto da una commissione di esperti che ogni anno fotografa questo fenomeno e la sua evoluzione.
Prendiamo in considerazione l’ultima relazione, quella del 2021 che si riferisce al 2018 ed anni precedenti. Nel 2018 le tasse non pagate hanno raggiunto l’astronomica cifra di 90,584 miliardi di euro, molto superiore agli interessi pagati sul debito pubblico. Le imposte regine dell’evasione fiscale sono l’Iva, evasa per 32,007 miliardi di euro, e l’imposta sui redditi da lavoro autonomo e d’impresa per 32,777. Le altre principali imposte evase sono l’Ires, oltre sette miliardi, l’Irpef dei lavoratori dipendenti, l’Irap e l’Imu, tutte con un mancato gettito attorno ai 5 miliardi di euro. Non si tratta di reddito non dichiarato, ma di imposta non versata. Se le cifre in gioco sono alte, ancora più impressionante è il tax gap, cioè il rapporto tra imposta non versata e imposta dovuta: 23% per l’Iva e il 67% per il lavoro autonomo e d’impresa. In quest’ultimo caso per ogni 100 euro di imposta ne sfuggono 67. L’evasione è un ottimo affare, come ebbe a dire qualcuno nelle alte sfere ministeriali qualche anno fa.
Se questo è il quadro desolante e indecente – come disse il ministro delle Finanze Bruno Visentini ancora qualche decennio fa – come potrebbe essere modificato da una ipotetica flat tax? Innanzi tutto notiamo che l’aliquota costante aiutapoco. Consideriamo il caso dell’Iva, la flat tax per eccellenza dei sistemi fiscali moderni. È abbastanza ragionevole che questa tassa sui consumi abbia un’aliquota costante. In Europa l’evasione dell’Iva ammonta a circa il 10%, un’evasione verrebbe da dire abbastanza fisiologica. In Italia invece la situazione è del tutto anomala arrivando appunto al 23%, anche se con la fatturazione elettronica, magicamente, c’è stato un recupero anche notevole di imposta. Dove non ha potuto la lealtà morale è intervenuta la tecnologia, ben più persuasiva. Ma con l’Iva siamo ancora nel campo delle imposte indirette.
Veniamo alle imposte dirette. La flat tax per gli autonomi in salsa salviniana contribuirà a ridurre la scandalosa evasione nel mondo del lavoro autonomo e d’impresa? Vi sono molti motivi per dire di no. Innanzitutto non aiuta l’evidenza storica. Per fare un solo esempio, in Romania, un paese che ha la flat tax dal lontano 2005, l’evasione è ancora pari al 32,6% del Pil. A contrario, nella virtuosa Austria dove la pressione fiscale è al 40% del Pil, l’evasione è appena al 9,1% del Pil. L’equazione tassa piatta uguale bassa evasione non sembra esistere, se non nella sguaiata retorica partigiana del centrodestra, non tutto peraltro.
Venendo al caso italiano, la tassa leggera sulle piccole e medie partite Iva può convincere molti di questi contribuenti a non comportarsi da free rider fiscali, usufruendo dei servizi senza pagarne il costo? La risposta anche qui è negativa, per due ragioni. La prima, minore, è l’effetto soglia che si verifica in ogni sistema agevolato. Il professionista che fattura una cifra appena al di sopra della soglia si troverà a pagare più tasse di chi è sotto la soglia. Si stima che nella condizione attuale la parità fiscale si raggiunga con un fatturato di 80.000 euro, quindi del 25% superiore. Questa situazione spingerà molti artigiani e professionisti inevitabilmente alla sottofatturazione.
La seconda ragione è ancora più rilevante. Il sistema di privilegio di questi contribuenti è in parte finanziato, si fa per dire, con l’annullamento di tutte le detrazioni e deduzioni proprie dell’Irpef. In particolare, non ci sarà più la necessità di certificare molti oneri deducibili come le spese mediche, per l’istruzione o altro, appunto perché non più deducibili. Venendo a mancare questa ragione è del tutto probabile, anzi certo, che vi sarà una notevole espansione dell’economia sommersa che già ora vale il 12% dell’economia italiana. Con l’annullamento degli oneri deducibili, uno dei principali strumenti per fare emergere il reddito in molti campi economici verrebbe annullato, almeno per due milioni di contribuenti ma anche di più se troverà applicazione la sua estensione. Quindi, di sicuro la tassa piatta all’italiana sugli autonomi non ridurrà l’evasione fiscale ma, al contrario, tenderà a favorirla. In che misura ce lo diranno i dati.
Nel 1979 Antonio Pedone, uno dei più importanti studiosi di scienza delle finanze, dava al suo lavoro sugli effetti della riforma tributaria un titolo significativo: Evasori e tartassati. I nodi della politica tributaria italiana. Riprendendo il titolo, potremmo dire che il sistema tributario italiano nel frattempo non è migliorato, ma anzi peggiorato, almeno dal punto di vista dei principi costituzionali dell’eguaglianza tra contribuenti e della progressività. Oggi il sistema non si presenta più binario nel senso di Pedone, ma ternario. Accanto ai tartassati, lavoratori dipendenti e pensionati, ed evasori fiscali incalliti, ora peraltro facili da scoprire con l’arma della tecnologia, il sistema politico ha creato una terza categoria, quella dei contribuenti privilegiati all’ombra della mitica flat tax. Invece di correggere le distorsioni originarie, se ne sono create altre ben più pericolose non solo per la tenuta dei conti pubblici, ma anche per la tenuta della società intera, perché i privilegi fiscali ingiustificati e ingiustificabili minano le basi di ogni convivenza civile.
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La Redazione
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "Morte naturale per infarto". Sono questi i primi risultati dell'autopsia per Carmine Gallo, l'ex super poliziotto protagonista della lotta contro la criminalità organizzata a Milano e ai domiciliari dallo scorso ottobre per l'inchiesta Equalize sui presunti dossier illeciti, morto domenica nella sua abitazione a Garbagnate Milanese. Si tratta dei primi riscontri dei medici legali, poi "arriveranno i tossicologici" chiesti in via precauzionale per escludere qualsiasi altra causa.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il libro di Follini rappresenta la foto di un mondo rovesciato rispetto al presente, un’America rovesciata, ieri prevaleva il senso della misura e il ragionamento, oggi prevale il populismo”. Lo ha detto il deputato del Pd Stefano Graziano presentando in conferenza stampa a Montecitorio il libro di Marco Follini 'Beneficio d’inventario'.
"Centrale è la parte che racconta della vita politica all’epoca del padre di Marco Follini, Vittorio, e dei leader politici del tempo da Francesco Cossiga, ad Aldo Moro, passando per Marco Pannella. Non tutti avevano la stessa idea politica ma erano tutti uniti nella forza di voler difendere la democrazia, una democrazia ottenuta con lotte, sangue, catastrofi e quindi seppur lontani politicamente, erano uniti dal dialogo. Una differenza abissale con l’Italia di oggi pericolosamente in mano ai sovranisti, dove tutto è concepito fuorché il dialogo. Forse questo abisso non è solo italiano ma sta prevalendo in tutto l’Occidente e la cosa è abbastanza preoccupante”, ha aggiunto Graziano.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "La manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile, frutto certamente di una decisione di decimi di secondo attuata dal conducente del motoveicolo TMax non ha consentito al conducente del veicolo Giulietta di poter attuare alcuna manovra difensiva efficace". E' quanto sostiene la consulenza cinematica disposta dalla Procura di Milano e affidata all'ingegnere Domenico Romaniello. La relazione attribuisce la responsabilità dell'incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter. Quando lo scooter da via Ripamonti svolta a sinistra verso via Quaranta, "con una deviazione improvvisa", per il consulente Fares imprime "una correzione di rotta verso destra", in direzione del marciapiede, e il carabiniere alla guida "non poteva certamente prevedere tale pericolosissima manovra e nulla ha potuto fare per evitare tale contatto, in ragione della impossibilità di poter attuare sia una correzione di rotta, sia una frenata efficace nello spazio a disposizione".
Non solo: il militare alla guida "non avrebbe altresì potuto neanche sterzare verso destra per la presenza del pedone (il testimone che riprende la scena con il cellulare) che per il conducente dell’autovettura è stato chiaramente percepito con la vista periferica" spiega l'ingegnere che ha realizzato la consulenza ricostruendo le condizioni di visibilità e velocità dell'inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre scorso. Quella che mette in atto il carabiniere ora indagato per omicidio stradale (per lui si va verso la richiesta di archiviazione) è "una manovra difensiva obbligata": se lo scooter guidato da Fares avrebbe mantenuto la traiettoria 'naturale' chi guidava la Giulietta "non avrebbe sostanzialmente avuto problemi a mantenere il proprio veicolo iscritto nella curva da percorrere per la svolta a sinistra".
Quando Fares imposta la curva verso via Quaranta il T Max viaggia a una velocità di quasi 55 chilometri l'ora, quando il motociclo finisce la sua corsa contro il palo semaforico l'urto avviene a circa 33 chilometri orari. Per il consulente incaricato dalla procura la macchina che insegue, per evitare l'urto, "avrebbe dovuto disporre di uno spazio complessivo per l’arresto di circa 24 metri", mentre "il conducente aveva a disposizione circa 12 metri soltanto prima di giungere all’urto contro il palo semaforico".
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Mario Pomini
Docente di Economia, Università di Padova
Economia & Lobby - 22 Agosto 2022
La flat tax non ridurrà l’evasione fiscale, anzi: ecco perché la favorirà /3
Uno dei miti che aleggiano attorno alla flat tax, la tassa sul reddito con una sola aliquota, è che essa darebbe un contributo decisivo per la lotta all’evasione fiscale, forse la principale piaga del nostro sistema tributario da molti anni ormai. Già all’indomani della grande riforma tributaria del 1973, Franco Reviglio stimava che fosse del 10% per il reddito da lavoro dipendente e del 50% per quello da lavoro autonomo. Il tema è così importante che la legge finanziaria del 2009 ha previsto che venga presentata ogni anno al Parlamento una relazione specifica sui risultati delle misure di contrasto all’evasione fiscale. Quindi oggi possiamo disporre di un documento qualificato e redatto da una commissione di esperti che ogni anno fotografa questo fenomeno e la sua evoluzione.
Prendiamo in considerazione l’ultima relazione, quella del 2021 che si riferisce al 2018 ed anni precedenti. Nel 2018 le tasse non pagate hanno raggiunto l’astronomica cifra di 90,584 miliardi di euro, molto superiore agli interessi pagati sul debito pubblico. Le imposte regine dell’evasione fiscale sono l’Iva, evasa per 32,007 miliardi di euro, e l’imposta sui redditi da lavoro autonomo e d’impresa per 32,777. Le altre principali imposte evase sono l’Ires, oltre sette miliardi, l’Irpef dei lavoratori dipendenti, l’Irap e l’Imu, tutte con un mancato gettito attorno ai 5 miliardi di euro. Non si tratta di reddito non dichiarato, ma di imposta non versata. Se le cifre in gioco sono alte, ancora più impressionante è il tax gap, cioè il rapporto tra imposta non versata e imposta dovuta: 23% per l’Iva e il 67% per il lavoro autonomo e d’impresa. In quest’ultimo caso per ogni 100 euro di imposta ne sfuggono 67. L’evasione è un ottimo affare, come ebbe a dire qualcuno nelle alte sfere ministeriali qualche anno fa.
Se questo è il quadro desolante e indecente – come disse il ministro delle Finanze Bruno Visentini ancora qualche decennio fa – come potrebbe essere modificato da una ipotetica flat tax? Innanzi tutto notiamo che l’aliquota costante aiuta poco. Consideriamo il caso dell’Iva, la flat tax per eccellenza dei sistemi fiscali moderni. È abbastanza ragionevole che questa tassa sui consumi abbia un’aliquota costante. In Europa l’evasione dell’Iva ammonta a circa il 10%, un’evasione verrebbe da dire abbastanza fisiologica. In Italia invece la situazione è del tutto anomala arrivando appunto al 23%, anche se con la fatturazione elettronica, magicamente, c’è stato un recupero anche notevole di imposta. Dove non ha potuto la lealtà morale è intervenuta la tecnologia, ben più persuasiva. Ma con l’Iva siamo ancora nel campo delle imposte indirette.
Veniamo alle imposte dirette. La flat tax per gli autonomi in salsa salviniana contribuirà a ridurre la scandalosa evasione nel mondo del lavoro autonomo e d’impresa? Vi sono molti motivi per dire di no. Innanzitutto non aiuta l’evidenza storica. Per fare un solo esempio, in Romania, un paese che ha la flat tax dal lontano 2005, l’evasione è ancora pari al 32,6% del Pil. A contrario, nella virtuosa Austria dove la pressione fiscale è al 40% del Pil, l’evasione è appena al 9,1% del Pil. L’equazione tassa piatta uguale bassa evasione non sembra esistere, se non nella sguaiata retorica partigiana del centrodestra, non tutto peraltro.
Venendo al caso italiano, la tassa leggera sulle piccole e medie partite Iva può convincere molti di questi contribuenti a non comportarsi da free rider fiscali, usufruendo dei servizi senza pagarne il costo? La risposta anche qui è negativa, per due ragioni. La prima, minore, è l’effetto soglia che si verifica in ogni sistema agevolato. Il professionista che fattura una cifra appena al di sopra della soglia si troverà a pagare più tasse di chi è sotto la soglia. Si stima che nella condizione attuale la parità fiscale si raggiunga con un fatturato di 80.000 euro, quindi del 25% superiore. Questa situazione spingerà molti artigiani e professionisti inevitabilmente alla sottofatturazione.
La seconda ragione è ancora più rilevante. Il sistema di privilegio di questi contribuenti è in parte finanziato, si fa per dire, con l’annullamento di tutte le detrazioni e deduzioni proprie dell’Irpef. In particolare, non ci sarà più la necessità di certificare molti oneri deducibili come le spese mediche, per l’istruzione o altro, appunto perché non più deducibili. Venendo a mancare questa ragione è del tutto probabile, anzi certo, che vi sarà una notevole espansione dell’economia sommersa che già ora vale il 12% dell’economia italiana. Con l’annullamento degli oneri deducibili, uno dei principali strumenti per fare emergere il reddito in molti campi economici verrebbe annullato, almeno per due milioni di contribuenti ma anche di più se troverà applicazione la sua estensione. Quindi, di sicuro la tassa piatta all’italiana sugli autonomi non ridurrà l’evasione fiscale ma, al contrario, tenderà a favorirla. In che misura ce lo diranno i dati.
Nel 1979 Antonio Pedone, uno dei più importanti studiosi di scienza delle finanze, dava al suo lavoro sugli effetti della riforma tributaria un titolo significativo: Evasori e tartassati. I nodi della politica tributaria italiana. Riprendendo il titolo, potremmo dire che il sistema tributario italiano nel frattempo non è migliorato, ma anzi peggiorato, almeno dal punto di vista dei principi costituzionali dell’eguaglianza tra contribuenti e della progressività. Oggi il sistema non si presenta più binario nel senso di Pedone, ma ternario. Accanto ai tartassati, lavoratori dipendenti e pensionati, ed evasori fiscali incalliti, ora peraltro facili da scoprire con l’arma della tecnologia, il sistema politico ha creato una terza categoria, quella dei contribuenti privilegiati all’ombra della mitica flat tax. Invece di correggere le distorsioni originarie, se ne sono create altre ben più pericolose non solo per la tenuta dei conti pubblici, ma anche per la tenuta della società intera, perché i privilegi fiscali ingiustificati e ingiustificabili minano le basi di ogni convivenza civile.
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Modelli economici alternativi impossibili da realizzare? Colpa del pragmatismo
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Politica
Riarmo, il Pd si spacca, Schlein: ‘Restiamo contrari’. Fronda dem: ‘Serve un confronto’. M5s compatto: ‘Noi coerenti’. Destra divisa: FdI e FI per il sì, Lega vota no
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Politica
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Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "Morte naturale per infarto". Sono questi i primi risultati dell'autopsia per Carmine Gallo, l'ex super poliziotto protagonista della lotta contro la criminalità organizzata a Milano e ai domiciliari dallo scorso ottobre per l'inchiesta Equalize sui presunti dossier illeciti, morto domenica nella sua abitazione a Garbagnate Milanese. Si tratta dei primi riscontri dei medici legali, poi "arriveranno i tossicologici" chiesti in via precauzionale per escludere qualsiasi altra causa.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il libro di Follini rappresenta la foto di un mondo rovesciato rispetto al presente, un’America rovesciata, ieri prevaleva il senso della misura e il ragionamento, oggi prevale il populismo”. Lo ha detto il deputato del Pd Stefano Graziano presentando in conferenza stampa a Montecitorio il libro di Marco Follini 'Beneficio d’inventario'.
"Centrale è la parte che racconta della vita politica all’epoca del padre di Marco Follini, Vittorio, e dei leader politici del tempo da Francesco Cossiga, ad Aldo Moro, passando per Marco Pannella. Non tutti avevano la stessa idea politica ma erano tutti uniti nella forza di voler difendere la democrazia, una democrazia ottenuta con lotte, sangue, catastrofi e quindi seppur lontani politicamente, erano uniti dal dialogo. Una differenza abissale con l’Italia di oggi pericolosamente in mano ai sovranisti, dove tutto è concepito fuorché il dialogo. Forse questo abisso non è solo italiano ma sta prevalendo in tutto l’Occidente e la cosa è abbastanza preoccupante”, ha aggiunto Graziano.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "La manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile, frutto certamente di una decisione di decimi di secondo attuata dal conducente del motoveicolo TMax non ha consentito al conducente del veicolo Giulietta di poter attuare alcuna manovra difensiva efficace". E' quanto sostiene la consulenza cinematica disposta dalla Procura di Milano e affidata all'ingegnere Domenico Romaniello. La relazione attribuisce la responsabilità dell'incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter. Quando lo scooter da via Ripamonti svolta a sinistra verso via Quaranta, "con una deviazione improvvisa", per il consulente Fares imprime "una correzione di rotta verso destra", in direzione del marciapiede, e il carabiniere alla guida "non poteva certamente prevedere tale pericolosissima manovra e nulla ha potuto fare per evitare tale contatto, in ragione della impossibilità di poter attuare sia una correzione di rotta, sia una frenata efficace nello spazio a disposizione".
Non solo: il militare alla guida "non avrebbe altresì potuto neanche sterzare verso destra per la presenza del pedone (il testimone che riprende la scena con il cellulare) che per il conducente dell’autovettura è stato chiaramente percepito con la vista periferica" spiega l'ingegnere che ha realizzato la consulenza ricostruendo le condizioni di visibilità e velocità dell'inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre scorso. Quella che mette in atto il carabiniere ora indagato per omicidio stradale (per lui si va verso la richiesta di archiviazione) è "una manovra difensiva obbligata": se lo scooter guidato da Fares avrebbe mantenuto la traiettoria 'naturale' chi guidava la Giulietta "non avrebbe sostanzialmente avuto problemi a mantenere il proprio veicolo iscritto nella curva da percorrere per la svolta a sinistra".
Quando Fares imposta la curva verso via Quaranta il T Max viaggia a una velocità di quasi 55 chilometri l'ora, quando il motociclo finisce la sua corsa contro il palo semaforico l'urto avviene a circa 33 chilometri orari. Per il consulente incaricato dalla procura la macchina che insegue, per evitare l'urto, "avrebbe dovuto disporre di uno spazio complessivo per l’arresto di circa 24 metri", mentre "il conducente aveva a disposizione circa 12 metri soltanto prima di giungere all’urto contro il palo semaforico".