FATTO FOOTBALL CLUB - Si dirà: sai che novità, sono anni che funziona così, praticamente da sempre. Vero. Ma quest'anno è ancora peggio. Si potrebbe benissimo anticipare la scadenza, sancendo un sacrosanto principio: quando inizia il campionato chiude il mercato
Giocatori con la valigia in campo. Titolari in panchina in attesa di trasferimento. Calciatori che addirittura si ritrovano a giocare due volte in una settimana contro la stessa squadra. Il campionato col mercato aperto è un’aberrazione che genera solo paradossi sportivi. Invece che porvi rimedio, peggioriamo la situazione.
Il caso di Ruslan Malinovskyi – congedato neanche troppo cordialmente al sabato e poi mandato in campo alla domenica da Gasperini, addirittura in gol nel pareggio dell’Atalanta contro il Milan – è l’emblema di quanto il calciomercato sia un fattore destabilizzante sull’avvio di Serie A. Questa se vogliamo è una storia a lieto fine, che magari cambierà anche il destino dell’ucraino (sembrava a un passo dall’addio, ora chissà), ma già in queste prime due giornate abbiamo assistito a svariate situazioni, tutt’altro che sane. Potremmo citare Milan Skriniar, una delle telenovele dell’estate, apparso palesemente fuori fase al debutto col Lecce (come biasimarlo) prima che l’Inter lo togliesse dal mercato. Oppure Raspadori e Udogie: in attesa di definire la loro cessione, Sassuolo e Udinese si sono presentate rispettivamente contro Juventus e Milan rinunciando volontariamente al loro miglior giocatore. Non significa forse alterare in qualche modo la regolarità del torneo? E che dire di Soppy: se fosse sceso in campo domenica sera, il terzino francese passato in settimana dall’Udinese all’Atalanta avrebbe potuto affrontare due volte il Milan in poche ore. Tutte storture che dimostrano quanto sia sbagliato iniziare il campionato col calciomercato ancora in corso.
Si dirà: sai che novità, sono anni che funziona così, praticamente da sempre. Vero. Ma a parte che agli errori non ci si abitua mai, e non è che a furia di ripeterla una cosa sbagliata diventa giusta. Quest’anno poi è ancora peggio: con gli assurdi Mondiali invernali in Qatar e l’obbligo di cominciare il campionato a Ferragosto, ci ritroviamo addirittura con quattro giornate prima della fine della sessione. Per i vertici del pallone, l’inizio anticipato comporta necessariamente la convivenza col mercato, ma il ragionamento corretto era esattamente l’opposto: a maggior ragione per l’elevato numero di partite da giocare in estate i trasferimenti andavano chiusi prima. Questo non è più solo calcio d’agosto, con il calendario stravolto dal mondiale gli scudetti si vinceranno (o meglio, si perderanno) già entro novembre. Così il mercato diventa un fattore davvero troppo, inutilmente condizionante.
Se ci pensiamo razionalmente, infatti, non c’è una sola ragione valida per tenere il mercato aperto così a lungo. Sono praticamente due mesi e mezzo che i club vendono, comprano, filano e disfano: da un’ora dopo la conclusione dell’ultimo campionato è tutto un continuo di trattative e indiscrezioni. Così come l’apertura ufficiale del primo luglio è ormai una pura formalità, si potrebbe benissimo anticipare la scadenza, sancendo un sacrosanto principio: quando inizia il campionato chiude il mercato, i giochi sono fatti. Rien ne va plus.
Qualcuno, in realtà, ci aveva anche provato: una delle (pochissime) cose buone fatte dal Coni durante il commissariamento della FederCalcio, era stata appunto porre un argine a questo mercimonio. È durata un anno, nel 2018, poi la gestione Gravina è subito tornata all’antico. In questo, è vero, l’Italia non è sola: tutte le principali Leghe europee si comportano allo stesso modo. Ma la Serie A avrebbe l’autonomia per decidere diversamente, non ci sarebbe alcun svantaggio. E a chi lamenta la perdita delle ultime due preziosissime settimane di mercato, basta rispondere che ridursi allo scadere non è sintomo di gran programmazione. E poi tutto è relativo: due ultime settimane ci saranno sempre, cambieranno solo le date. Il mercato aperto all’infinito fa piacere solo a chi si allatta da questo sguaiato baraccone: agenti, intermediari e direttori sportivi senza scrupoli, magari quotidiani sportivi e trasmissioni che sperano di recuperare qualche copia o alzare un po’ lo share. Chiudere prima farebbe felici calciatori, allenatori, presidenti. Anche i tifosi, almeno quelli veri, che alle sirene del mercato sono molto meno sensibili di quanto si pensi. Sarebbe tutto più sano e trasparente. Forse troppo per il calcio, italiano e non solo.