La Tunisia ha una nuova Carta costituzionale. Il presidente della Repubblica Kais Saied ha promulgato la nuova Costituzione dopo che quest’ultima ha superato il voto popolare dello scorso 25 luglio con il 94,6% di voti favorevoli, nonostante un’affluenza alle urne ai minimi storici (appena il 30,5%). Saied ha quindi completato il suo piano per la creazione di una “nuova Repubblica” nella quale, secondo il capo dello Stato tunisino intenzionato a “correggere il corso della rivoluzione e anche il corso della storia”, non ci sarà spazio per i politici e i magistrati corrotti che hanno governato il paese nella fase successiva alla rivoluzione del 2011. Fin dalla pubblicazione della bozza costituzionale il 30 giugno, emendata poi dallo stesso presidente e ripubblicata l’8 luglio successivo, il progetto costituzionale ha suscitato però molte discussioni tra gli esperti e all’interno dell’opinione pubblica tunisina, alimentando un clima di generale preoccupazione per il destino dell’unica democrazia emersa dalla Primavera araba.

Gli esperti fanno notare in prima analisi che la Carta si riferisce ai rami legislativo, giudiziario ed esecutivo del governo come a “funzioni” piuttosto che poteri, un termine che secondo i critici dimostra una riduzione della loro forza all’interno del quadro normativo statale. Il testo costituzionale introduce un sistema politico di tipo presidenziale, superando quindi quello semi-presidenziale dello scorso ordinamento, rafforzando l’organismo del capo dello Stato a scapito dei poteri legislativo e giudiziario. Il nuovo ordinamento concede al presidente il potere di nominare il governo (sebbene il Parlamento possa ritirare la fiducia con una maggioranza di due terzi dei voti) e proporre leggi. Il presidente avrà inoltre facoltà di stipulare trattati e proporre progetti di bilancio, nonché nominare o destituire giudici e ministri. Infine la nuova Carta riproduce testualmente un precedente articolo introdotto con il referendum costituzionale di Ben Ali del 2002 che conferisce al capo dello Stato “l’immunità giudiziaria nell’esercizio delle sue funzioni”, anche “dopo il mandato presidenziale per tutti gli atti compiuti nell’ambito dell’ufficio”. Da considerarsi quindi come una “immunità per tutta la vita”, secondo quanto commenta a Ilfattoquotidiano.it Noureddine Jebnoun, professore del Centro di studi arabi contemporanei della Georgetown University.

La Costituzione conferisce poi al presidente l’autorità di sciogliere il Parlamento, viceversa non normando un meccanismo per rimuovere o mettere sotto impeachment il presidente stesso che avrà inoltre la possibilità di esercitare due mandati di cinque anni, prorogabili in caso di “pericolo imminente per il Paese”. Tutti questi poteri concederanno a Saied, nel breve termine, la possibilità di poter continuare a governare per decreto fino alla formazione di un nuovo Parlamento dopo le elezioni di dicembre. L’organo legislativo di Tunisi avrà poi un aspetto diverso dopo le prossime votazioni, in quanto la nuova Costituzione introduce il bicameralismo, con l’aggiunta di una seconda camera chiamata “Consiglio delle regioni”, per la rappresentanza di “regioni e distretti” e per la condivisione dei compiti legislativi con l’Assemblea dei rappresentanti, sebbene non ci siano dettagli su come sarebbe eletto o quali reali poteri avrebbe.

La nuova Costituzione conserva la maggior parte delle disposizioni relative ai diritti e alle libertà enumerate nella carta precedente. È stato però aggiunto un emendamento all’articolo 49 chiarendo che “nessuna restrizione può essere posta ai diritti e alle libertà garantiti in questa Costituzione se non per legge e necessità imposte da un ordine democratico”. Tuttavia, il riferimento allo stato civile presente nella versione del 2014 non compare. Il testo normativo in precedenza specificava che nessuna restrizione sarebbe stata attuata se non per legge e “per necessità di difesa nazionale o di pubblica sicurezza”, il che potrebbe concedere alle autorità il margine di manovra per limitare diritti e libertà. La carta nega inoltre a giudici, polizia, esercito e funzionari doganali il diritto di sciopero e abolisce il Consiglio superiore della magistratura, sostituendolo con tre consigli per ciascuno dei tre ordini giudiziari. Il capo dello Stato avrebbe quindi l’autorità suprema sulla magistratura e sulle forze armate. Heba Morayef, direttrice regionale di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, spiega che la nuova costituzione “smantella molte delle salvaguardie previste dalla Costituzione tunisina post-rivoluzione e non fornisce garanzie istituzionali per i diritti umani. La rimozione di queste salvaguardie invia un messaggio agghiacciante e ritarda anni di sforzi per rafforzare la protezione dei diritti umani in Tunisia”.

Twitter: @youssef_siher

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