Un coro unanime si leva sia dalle bocche dei rivali che da quelle di partner importanti della Russia, come la Turchia: “La Crimea è Ucraina”. I principali leader europei e mondiali sono tornati a discutere del conflitto ucraino in coincidenza con l’inizio del secondo summit della Piattaforma di Crimea. Tra questi c’era ovviamente il presidente di Kiev, Volodymyr Zelensky, che ritiene “necessario che la Crimea sia liberata perché si arrivi davvero alla vittoria, perché il diritto internazionale sia ristabilito. Tutto è iniziato in Crimea e deve finire in Crimea“. A sostenerlo, oltre alle istituzioni europee, anche il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, partner privilegiato di Mosca che si è ritagliato un ruolo da mediatore nello scontro tra Russia e Ucraina. Il 24 agosto, intanto, saranno 6 mesi dall’invasione ordinata da Vladimir Putin e il Dipartimento di Stato americano fa sapere che “la Russia potrebbe rafforzare gli attacchi contro le infrastrutture civili e governative ucraine nei prossimi giorni”. Una situazione di tensione perenne che ha portato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ad affermare che “il rischio nucleare ha raggiunto il punto più alto degli ultimi decenni”.
Il sostegno a Kiev sulla Crimea
“Le bandiere blu e gialle sventoleranno di nuovo a casa, dove hanno il diritto di essere, in tutti i villaggi e le città dell’Ucraina temporaneamente occupati”, ha detto Zelensky in una cerimonia a Kiev alla vigilia del giorno dell’indipendenza dell’Ucraina. “Non riconosceremo mai i colori di qualcun altro sulla nostra terra e nel nostro cielo. Siamo sempre pronti a difendere la nostra bandiera gialla e blu”.
Appoggio immediato da parte dell’Unione europea, con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha dichiarato: “L’Ue non riconoscerà mai l’annessione illegale della Crimea da parte della Russia. Lavoriamo instancabilmente con l’Ucraina per denunciare le violazioni dei diritti umani, assicurare alla giustizia i responsabili e sostenere le vittime”. La Crimea non solo è stata usata come una base militare ma anche come test per altre brutali annessioni di parte del territorio ucraino. L’Ue sarà al fianco dell’Ucraina per il tempo che ci vorrà e il nostro desiderio di vedere l’Ucraina membro dell’Ue non è mai stato così forte”.
Alle sue parole hanno fatto eco quelle del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del presidente francese Emmanuel Macron, del premier britannico Boris Johnson, del presidente polacco Andrzej Duda e anche del presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, tutti ribadendo la volontà di proseguire con il sostegno militare a Kiev. “L’Italia sostiene senza tentennamenti questa iniziativa e l’Ucraina. L’Italia ha sempre condannato l’occupazione della Crimea e siamo preoccupati per il peggioramento dei diritti umani nella penisola e per le ingiustizie verso la comunità tatara. La lotta per la Crimea è parte della lotta per liberare l’Ucraina”, ha dichiarato il premier di Roma. Mentre il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha detto che la guerra in Ucraina “è già una guerra mondiale, non da un punto di vista militare, ma da un punto di vista energetico e alimentare lo è già. Dobbiamo sostenere gli ucraini, altrimenti i prossimi saremo noi. Il sostegno all’Ucraina è il sostegno a tutti noi” ed è in “difesa dei nostri confini”. Un sostegno confermato anche dagli Stati Uniti che si apprestano, scrive Bloomberg, ad annunciare un ulteriore pacchetto di aiuti militari all’Ucraina da 3 miliardi di dollari.
La voce che più di altre ha fatto rumore è però quella di Erdoğan, il leader Nato in assoluto più vicino al Cremlino: “La restituzione della Crimea all’Ucraina, di cui è una parte inseparabile, è essenzialmente un requisito del diritto internazionale”, ha detto sottolineando l’importanza per la sicurezza regionale e globale della “protezione dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’unità politica dell’Ucraina”.
Allarme Onu sul rischio nucleare
“Il rischio nucleare ha raggiunto il punto più alto degli ultimi decenni”, sono invece le parole usate da Guterres al Consiglio di sicurezza. “Gli strumenti che ci hanno tenuto lontano da una guerra mondiale catastrofica sono più importanti che mai, ma devono essere idonei all’ambiente di oggi in rapido deterioramento di pace e sicurezza internazionale”, ha aggiunto. E ha poi invitato i Paesi a condurre negoziati per “porre fine alla corsa agli armamenti nucleari una volta per tutte”. Dichiarazioni che arrivano dopo la visita in Ucraina, dove ha discusso della crisi nell’area della centrale nucleare di Zaporizhzhia, in cui i combattimenti tra le forze di Mosca e di Kiev fanno temere un disastro della portata di quello di Chernobyl nel 1986.
E proprio l’intelligence ucraina sostiene che le truppe russe stanno bombardando le discariche di cenere radioattiva nella centrale di Zaporizhzhia, precisando che i siti di stoccaggio colpiti si trovano a Energodar e sono pieni delle polveri che si formano durante il funzionamento delle centrali termiche. Tali rifiuti hanno un’alta concentrazione di sostanze velenose: “Quando si asciuga, la cenere si trasforma in polvere e, come risultato dei colpi di mortaio sui pozzi di cenere, si formano nuvole di polvere che vengono portate dal vento nelle vicinanze della città. Il monitoraggio della radiazione che viene effettuato vicino alla centrale nucleare indica un aumento del livello di radiazione di 2,5 volte rispetto alla normalità”.
L’offensiva russa non si ferma
Mentre da Washington lanciano l’allarme sul possibile intensificarsi degli attacchi di Mosca nei prossimi giorni, il sindaco di Dnipro, Borys Filatov, conferma che vi siano state esplosioni in città e parla di missili che hanno centrato delle abitazioni civili: “State al coperto, ci sono missili caduti su alcune case”, ha scritto il sindaco rivolgendosi alla popolazione. Tutto mentre l’intelligence di Londra fa sapere che “nel fine settimana la Russia ha probabilmente iniziato a spostare chiatte in modo da creare un ponte galleggiante sul fiume Dnipro, vicino al ponte Antonivsky danneggiato” al fine di creare un “collegamento chiave” tra Kherson, occupata dai russi, e l’est.