Scienza

Ritorno dell’uomo sulla Luna, arriva la conferma della Nasa: il 29 agosto parte la prima missione Artemis

Si tratta di una missione di prova e non prevede un allunaggio, ma solo un'orbita intorno al satellite della Terra. Con Artemis 3, invece, gli uomini metteranno piede nuovamente sulla Luna. A bordo della navicella Orion, in cima al razzo, Sls ci saranno due manichini di donna per mappare i livelli di esposizione alle radiazioni

È arrivata la conferma della Nasa: il 29 agosto si torna sulla Luna. Lunedì prossimo sarà lanciata la prima missione Artemis (o Artemis 1) che ha come obiettivo principale il ritorno dell’uomo sulla Luna, a quasi mezzo secolo di distanza dalle missioni Apollo. La decisione è arrivata dai manager di Artemis 1 in seguito al Flight Readiness Review (ovvero la conferenza stampa alla Nasa), che si è tenuto nella tarda serata di ieri, 22 agosto.

Così, il 29 agosto a partire dalle 14.33 (ora italiana), sarà aperta una finestra di 2 ore durante la quale il razzo Space Launch System (Sls) e la navicella spaziale Orion verranno lanciati dal Launch Pad 38B del Kennedy Space Center (Florida) verso l’orbita lunare a una distanza superiore rispetto a quella raggiunta dai veicoli Apollo. Si tratta di una missione di prova e avrà una durata di circa 40 giorni: il rientro è previsto per il 10 ottobre. La missione non include un allunaggio, ma solo un’orbita intorno al satellite della Terra. Solo con Artemis 3, prevista nei prossimi anni, gli uomini metteranno nuovamente piede sulla Luna.

Artemis 1 sarà una missione senza equipaggio umano, ma la navicella Orion non sarà “disabitata”: gli scienziati della Nasa, infatti, hanno installato a bordo della capsula due manichini “fantasmi”, per comprendere la sicurezza delle missioni per gli astronauti. I due passeggeri sono Helga e Zohar e si tratta di donne composte da materiali che simulano in modo realistico la densità dei tessuti e degli organi presenti nel corpo umano. Sono state progettate da un team di ricerca internazionale di scienziati dell’Agenzia spaziale israeliana (Isa) e del Centro aerospaziale tedesco (Dlr), che le ha ricoperte di speciali sensori con lo scopo di mappare i livelli di esposizione alle radiazioni su tutto l’organismo.