Un collega, docente da anni al liceo, mi invia questa lettera aperta con preghiera di pubblicarla nel mio blog. Lo faccio volentieri.

Finalmente sono state presentate le liste, il 25 settembre s’avvicina, e molti elettori di sinistra (che credevano nel Pd erede di Berlinguer) si sentono spiazzati. Io sono tra questi, perché non è rimasto molto in questo partito degli ideali di un tempo. Insomma, ho letto i Grundrisse, Il Capitale, ho lottato per gli ultimi, ho coltivato una certa idea di giustizia sociale, ma c’è ancora qualcosa di queste idee nel Pd? Marx si rivolterebbe nella tomba a sentire certe frasi di Letta. Inorridisco soprattutto alle idee sulla guerra. Sono sempre stato pacifista e ora mi ritrovo in un partito guerrafondaio.

La verità, ora comprendo, è che sono stati commessi incredibili errori che hanno cambiato la natura del partito: insomma, era giusto negare la trattativa Stato-mafia? È giusto isolare i magistrati antimafia (non solo Gratteri)? Era giusto sbarazzarsi del popolo disprezzando le politiche in suo favore come “populiste”? Ecco, quando ragiono su queste cose, dimentico il simbolo e l’appartenenza e mi vien voglia di mandarli a quel paese. Letta ha detto che il Pd “è una comunità”; s’appella ai sentimenti, ma è un inganno, come la storia dell’aumento di stipendio agli insegnanti. Guardiamo i fatti: il Pd ha governato nell’ultimo decennio infinite volte, e nel frattempo lo stipendio dei docenti s’è allontanato sempre più da quello dei colleghi europei. Domanda: perché, dal governo, il Pd non ha fatto nulla? Perché, solo ora, fa vaghe promesse elettorali? Non va bene.

E allora: basta coi sentimenti e la storia dell’appartenenza. Il teatrino di questi giorni e la farsa della formazione delle liste hanno messo a nudo gli inganni: il segretario del Pd (ancora per quanto?) ha detto che bisogna unirsi per fermare la destra di Meloni, ma poi ha fatto il contrario: ha disgregato, diviso, rotto. Ha troncato sul nascere una possibile alleanza con Conte, la sola che avrebbe avuto qualche speranza di vincere contro la destra. È l’argomento che destabilizza di più molti elettori, stavolta non cederemo al ricatto: “se-non-votate-Pd-arriva-la-destra”. A conti fatti, la destra è già il Pd. Si camuffa bene, ma di fatto risponde a interessi opposti a quelli difesi da Turati, Nenni, Pertini, Berlinguer, Pajetta, Ingrao… insomma da politici attenti agli ultimi. Oggi il Pd è lontano dalle periferie, dagli operai, dal popolo, è allineato a Confindustria, alla grande finanza, alle banche.

Repubblica nega quest’evidenza, ma è errato pensarlo ancora come giornale di sinistra: la linea di fondo è dettata da Elkann che tutela gli interessi del capitale. Il giornale d’un capitalista come organo (non ufficiale) del Pd! Ecco un tema su cui si dovrebbe discutere con serietà: il Pd non contraddice mai Repubblica, anzi, da questo giornale (e dai poteri che rappresenta) prende la linea. Non va bene. E la fuga degli elettori deriva da questo dato incontrovertibile. Lo dico con chiarezza: non voterò Letta (e non lo voteranno più tanti docenti), molti dirigenti del Pd, e i suoi grandi elettori, a guardali bene, sono dei fottuti borghesi con la puzza sotto il naso; non hanno una politica per eliminare le disuguaglianze, disprezzano il popolo, non gliene importa nulla degli ultimi, e odiano Conte perché non s’è inchinato (come Di Maio) al loro volere. Un motivo in più per apprezzare i 5Stelle, partito progressista, di “giustizia e libertà”, il solo che difenda davvero i ceti sociali più deboli.

Infine: il Pd dice di lottare contro la mafia, ma la storia di alcuni suoi candidati mostra il contrario, e un grande uomo antimafia – Roberto Scarpinatoè candidato coi 5Stelle. Sono dati importanti. Nella farsa mediatica delle due destre (Meloni e Letta) che si contendono il potere, Conte emerge per serietà e coraggio. È in questa direzione che invito a votare gli indecisi.

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La destra al potere? Ci stracciamo tutti le vesti, ma tanto peggio non potrà andare

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