“Venite a lavorare nel centro Italia, non esiste un cantiere simile”. È l’invito che da due anni il Commissario alla ricostruzione per il sisma del Centro Italia, Giovanni Legnini, rivolge a professionisti e imprese. L’impegno di più forze nel grande cantiere a cielo aperto che dal terremoto del 2016 coinvolge quattro regioni, Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, è convinto, farebbe viaggiare la ricostruzione “a ritmo più sostenuto“.
Proprio la scarsità di persone impegnate nella ricostruzione, secondo il Commissario, è una delle criticità principali. Nonostante gli oltre 22mila progetti per la ricostruzione privata già presentati per la richiesta di contributo, di cui oltre 14mila approvati, più di 2mila respinti e oltre 5mila in fase di istruttoria, infatti, “il pensiero va ai 27mila progetti ancora da redigere”, e oggi, accusa Legnini, molti professionisti “si sono concentrati sul superbonus 110%“.
Ma perché? A rispondere sono gli stessi professionisti impegnati nel cratere che parlano di “poca attrattività” del mega cantiere. “Per alcuni lavori non riceviamo compensi e per altri l’onorario prevede cifre ‘precise’ che, nel caso di ‘inciampi’ nel corso del cantiere, arrivano a 10 euro l’ora. Venire a lavorare da fuori non conviene e i tecnici del territorio cominciano a scarseggiare”, denuncia al Fattoquotidiano.it l’architetto Paolo Moressoni, consigliere dell’ordine di Perugia e membro del tavolo tecnico nazionale per il sisma.
Il superbonus, come detto da Legnini, effettivamente attrae di più, ci conferma l’architetto Moressoni. Oltre che più remunerativo per i professionisti (“circa il doppio del compenso”) “ha anche meno burocrazia” e, suggerisce, se il meccanismo fosse applicato al cantiere del sisma “potremmo fare molti più progetti”.
Problemi che i professionisti hanno sottoposto alla struttura commissariale ma per i quali, accusano nei giorni del sesto anniversario delle scosse, non hanno ancora ricevuto soluzioni. Il punto principale riguarda i lavori già concessi, per cui quindi esiste decreto, ma non ancora iniziati: “Dobbiamo sostanzialmente rifare tutto con il nuovo aggiornamento del prezzario, ma non ci viene riconosciuto il costo del lavoro aggiuntivo – spiega ancora l’architetto – Mentre per quelli iniziati dobbiamo determinare l’importo dei lavori precedenti e prevedere una compensazione e anche in questo caso non ci paga nessuno”. Il tutto da realizzare “sia per la ricostruzione privata che per quella pubblica”. Ma non solo. “Gli onorari che noi percepiamo si realizzano con un calcolo – ci spiega ancora Moressoni – Ma molte cose non ci vengono compensate, come la parte notarile che non prevede parcella, o i rilievi. Lavoriamo con un costo orario limite”. E questo, accusa, “è uno dei motivi per cui i professionisti non vengono”. Neanche la burocrazia, aiuta. “Ci sono 129 ordinanze, questo fa sì che sia impossibile che arrivino altri tecnici da fuori”.
Accuse che Legnini, sentito dal Fattoquotidiano.it, rispedisce al mittente. “I compensi professionali su mia proposta, sono stati sensibilmente aumentati nel 2020 esattamente nella misura richiesta dalla Rete delle professioni tecniche, ovvero la tariffa professionale piena ridotta del 30% (la stessa che vige per la ricostruzione dell’Aquila). In ogni caso è la legge che stabilisce la misura dei compensi non il commissario e se il 110% e più conveniente ciò costituisce sempre una scelta del legislatore”, ci spiega sottolineando che “il nuovo prezzario è stato condiviso con le professioni tecniche ed è previsto un compenso per aggiornare il computo metrico dei progetti con i nuovi prezzi”. “Loro chiedono una cosa in più: il ricalcolo dei compensi non solo per aggiornare i prezzi ma anche sulla base del valore risultante dall’applicazione dei prezzi maggiorati. Noi abbiamo ritenuto non riconoscibile tale maggiorazione perché sarebbe un compenso professionale non su un’attività ma su un maggiore costo. Sono legittimi i diversi punti di vista ma ritengo che i compensi siano congrui“, specifica il Commissario alla ricostruzione.
Il compenso per aggiornare il computo dei progetti, puntualizza ancora Moressoni “è previsto per i nuovi lavori che ancora non hanno ordinanza”, ma non per quelli già varati che “bisogna riaggiornare perché non ancora conclusi”. Mentre per quanto riguarda la richiesta di un onorario aggiornato, dice, si spiega “con le maggiori responsabilità che derivano da un lavoro più costoso”.
Il pagamento del professionista, spiega Moressoni, solitamente avviene in più fasi: una volta presentato il progetto “possiamo chiedere il 50% dell’onorario della progettazione”, cioè circa il 25% del totale della parcella. Da qui ci sono sei mesi per far partire il cantiere e “se non si avvia la procedura bancaria bisogna restituire il 25% ricevuto”. Poi il resto viene pagato a tranche, una parte a inizio lavori, e una parte a stadi di avanzamento dei cantieri. Trovare una ditta che inizi i lavori entro sei mesi non è sempre semplice: “Già un anno fa, quando il prezzario del cratere risultava vecchio, molte imprese si sono allontanate”. E oggi, nonostante il prezzario aggiornato, non è comunque semplice trovare ditte, continua Moressoni, che considera troppo bassi anche gli attuali prezzi. “Se un’impresa deve partire da Napoli per fare un lavoro a Frontignano o a Ussita (nell’entroterra marchigiano ndr.), con gli attuali prezzi non sarebbe remunerativo”, spiega.
Senza dimenticare il tessuto sociale. Difficilmente i residenti di un paesino dell’entroterra appenninico conoscendo un tecnico o un’impresa del posto decideranno di affidarsi a qualcuno di esterno per ricostruire casa. Con la conseguenza, spiega Moressoni, che più progetti finiscono in mano a un solo professionista o a una sola ditta, causando anche il famoso “effetto imbuto”, di cui già si parlava nel 2020, prima che le ordinanze di Legnini sbloccassero l’impasse ricostruzione.
“Sburocratizzare”, inteso come automatizzazione dei processi, per esempio creando una piattaforma per la gestione delle pratiche, o semplificando alcuni passaggi informatici, secondo gli architetti, potrebbe dare un colpo di acceleratore alla ricostruzione che difficilmente potrà essere rapida. “Noi, come Rete delle professioni, avevamo proposto di realizzare, gratis, una piattaforma 2 anni fa, ma si è preferito affidare tutto a un’azienda e la piattaforma non vede ancora la luce”, dice Moressoni.
“I professionisti sanno benissimo, essendo stati più volte coinvolti, che la Struttura commissariale ha messo a punto una nuova piattaforma telematica per la gestione delle pratiche sisma, moderna ed efficiente, in sostituzione della vecchia, ormai obsoleta, che sarà abbandonata all’inizio del prossimo anno – ribatte però Legnini – La nuova banca dati è già attiva, è stata testata, e le sue funzionalità sono state messe a punto anche in vista del varo del Testo Unico della ricostruzione privata che sarà approvato ad ottobre. I tecnici avranno modo di prendere testare la nuova piattaforma digitale, molto più efficiente e semplice da utilizzare”.
Quel che è certo è che sarà “impossibile presentare tutti i progetti entro il 31 dicembre 2022 – continua Moressoni – attuale scadenza per tutte le domande di contributo alla ricostruzione del cratere (dettata dalla ‘scadenza’ della nomina di Giovanni Legnini ndr.) Basti pensare che per gli edifici dei centri storici, in molti borghi, non si possono ancora formulare le domande di contributo alla ricostruzione e quindi i progetti, perché mancano i piani comunali”. D’altronde, ci spiega ancora l’architetto, i tecnici sono pochi anche negli uffici pubblici o negli uffici speciali alla ricostruzione. Attualmente, secondo Moressoni, sarebbero 1000 i tecnici privati impegnati nella ricostruzione e circa 1400 quelli impiegati negli uffici speciali tanto che “oggi gli uffici pubblici non trovano tecnici neanche per gestire il Pnrr”.
A pesare sul rientro a casa degli attuali sfollati, che secondo un’ultima stima della Protezione civile sono ancora circa 31mila tra chi vive nelle soluzioni abitative d’emergenza e chi percepisce il Cas, cioè il contributo per l’autonoma sistemazione, secondo l’architetto umbro, è anche la scelta di non procedere con “priorità” rispetto ai lavori da realizzare. “Così ci troviamo di fronte al paradosso che oggi si ricostruiscono le seconde case e le prime no. Perché è più remunerativo e semplice per le imprese ricostruire un residence di seconde case con nessun problema a Frontignano che avviare una pratica per la casa della signora Maria dentro il centro di Ussita o di un qualsiasi altro paese”.