I clienti domestici ancora sul mercato tutelato sono il 35%. Tra ottobre 2021 e settembre 2022 spenderanno in media per l'elettricità oltre 1000 euro (+91%) e per il gas 1.700 (+71%) e per il terzo trimestre sono attesi ulteriori rincari. Per quanto riguarda il mercato libero il governo ha bloccato le modifiche unilaterali fino alla prossima primavera. C'è però un rischio boomerang se questo causerà fallimenti a catena, come teme l'authority
Con l’avvicinarsi dell’autunno e il fisiologico aumento dei consumi l’emergenza bollette è tornata alla ribalta. E se ne sono accorti anche i leader in piena campagna elettorale. Come sottolineato dall’autorità di regolazione del settore energetico Arera in un documento inviato a governo e Parlamento il 29 luglio scorso, senza interventi da parte dell’esecutivo gli aumenti per il trimestre ottobre-dicembre sarebbero di oltre il 100% e il decreto Aiuti bis non basta per evitare “variazioni mai verificatesi”. Questo mentre le forniture di gas russo sempre più incerte. L’ultimo segnale è stato l’annuncio da parte di Gazprom della decisione di interrompere per manutenzione dal 31 agosto al 2 settembre i flussi nel gasdotto Nord Stream 1.
Per avere un’idea di quanto gli aumenti dei prezzi dell’energia abbiano inciso finora sui consumatori bisogna distinguere tra i clienti del mercato tutelato e quelli che sono passati al mercato libero. Va ricordato che il servizio di tutela terminerà, per le famiglie, nel gennaio 2024 per l’energia elettrica e già a gennaio 2023 per il gas. Stando ai dati Arera, per quanto riguarda l’elettricità i clienti domestici che non hanno ancora scelto un fornitore e si affidano ancora alla tutela sono il 35,81% (su un totale di quasi 30 milioni di punti attivi) mentre quelli del mercato libero il 64,19%. Nel settore del gas naturale le percentuali sono simili: 35,6% gli utenti in tutela, pari a 7,3 milioni su un totale di 20,4 milioni. Con le quotazioni sui mercati internazionali del tutto fuori controllo, chi aveva sottoscritto un contratto a prezzo bloccato sul mercato libero in questo periodo è stato a differenza che in passato più protetto rispetto ai clienti in regime di tutela.
Nell’ultimo aggiornamento delle tariffe, quello del 30 giugno, l’Autorità ha calcolato che la spesa della “famiglia tipo” tutelata per la bolletta elettrica si attesterà a 1.071 euro nell’anno scorrevole che va dal primo ottobre 2021 al 30 settembre 2022, un balzo del 91% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nello stesso periodo, invece, il gas peserà per 1.696 euro sulle tasche dei clienti in tutela, un incremento pari al 70,7%. Nel terzo trimestre la situazione è destinata a peggiorare. E questo nonostante gli oltre 30 miliardi di euro stanziati dal governo Draghi a partire dall’autunno dell’anno scorso per contrastare i rincari. In assenza di interventi, stima Arera, nel terzo trimestre 2022 invece di una variazione nulla per il gas e dello 0,4% per l’elettricità gli aumenti sarebbero stati rispettivamente del 45% e del 15%.
L’Autorità ha tentato di correre ai ripari modificando le modalità con cui viene determinato il prezzo del gas per i clienti in tutela: da ottobre l’indicizzazione delle tariffe non avverrà più sulla base delle quotazioni dei contratti future a tre mesi scambiati al Ttf di Amsterdam, ma sarà agganciata alla media mensile dei prezzi del mercato all’ingrosso italiano, il Psv (Punto di scambio virtuale). Inoltre, anche per tenere conto delle iniziative che potrebbero – ma a questo punto sembra difficile – essere assunte a livello europeo e italiano per limitare i prezzi del gas, come il famoso price cap, l’aggiornamento delle tariffe non sarà più trimestrale ma mensile. La speranza è che la nuova metodologia, rispecchiando più fedelmente il costo del gas, risulti più vantaggiosa. Di quanto, però, non è ancora dato sapere.
Spetta comunque al governo stanziare i fondi che l’Autorità può impiegare per contenere i costi a carico dei consumatori. L’ultimo intervento di Palazzo Chigi, il decreto Aiuti Bis del 9 agosto, ha destinato al contrasto dei rincari di bollette e carburanti 8,4 miliardi di euro, prorogando gli sconti previsti dai precedenti decreti. Tra le varie misure adottate c’è una novità che risulterà gradita ai consumatori ma rischia di rivelarsi un boomerang per i conti pubblici. Si tratta dell’articolo 3 che prevede, fino al 30 aprile del 2023, la moratoria delle modifiche unilaterali dei contratti nel mercato libero. In altre parole, le aziende che si occupano della vendita al dettaglio di gas ed energia elettrica non potranno cambiare i prezzi. “Fino al 30 aprile 2023” si legge nel decreto “è sospesa l’efficacia di ogni eventuale clausola contrattuale che consente all’impresa fornitrice di energia elettrica e gas naturale di modificare unilateralmente le condizioni generali di contratto relative alla definizione del prezzo ancorché sia contrattualmente riconosciuto il diritto di recesso alla controparte”.
La previsione va nella direzione di tutelare i clienti che, magari in virtù di un contratto siglato anni fa, possono contare su prezzi ridotti rispetto a quelli attuali. Anche se non “salverà” chi sta per arrivare alla scadenza del periodo con prezzo bloccato. Ma c’è il rischio che si verifichino fallimenti a catena dei rivenditori che, rifornendosi su un mercato le cui quotazioni sono esplose, saranno costrette a erogare gas ed elettricità a prezzi in pratica bloccati. Se dovessero verificarsi dei default – cosa del resto già avvenuta in diversi Paesi Europei, da ultimo la Germania – a pagare sarebbero i consumatori attraverso “un aumento dei costi da socializzare a carico della generalità dei clienti finali”, come ha avvertito Arera.