“Sovietica e irreale”, l’ha definita il partito di Calenda e Renzi. “Idea da comunismo novecentesco”, ha detto Valentina Aprea di Forza Italia, in quota per la poltrona di viale Trastevere. Sono solo alcune delle reazioni alla proposta del leader del Partito Democratico di rendere obbligatoria la scuola dai tre ai diciotto anni. Enrico Letta, l’ha lanciata dal palco del meeting di Comunione e Liberazione a Rimini davanti ad una platea non proprio favorevole alla proposta del professore. Tempo il lancio in agenzia Ansa e si è scatenata una bufera sull’iniziativa di Letta.
Ma al di là delle parole, com’è la situazione nel resto dell’Europa? In verità, il capo del Pd ha fatto una proposta che ha adottato persino il presidente Viktor Orban in Ungheria dove si va a scuola dai tre ai 16 anni: un abbassamento dell’età di ingresso nella scuola introdotto nel 2015. Stessa scelta fatta dalla Francia: dall’ autunno 2019 l’età della scuola dell’obbligo è stata abbassata da 6 a 3 anni fino ai 16.
A mandare i bambini a scuola prima dei sei anni ci sono anche l’Irlanda, il Lussemburgo e Cipro dove si mette piede tra i banchi a quattro anni ma nei primi due casi si termina a sedici anni mentre a Cipro a quindici. Si parte, invece, a cinque anni per finire con obbligo a sedici in Belgio, in Lettonia, in Bulgaria e nel Regno Unito mentre Repubblica Ceca, Austria e Grecia i bambini iniziano a cinque ma possono smettere di studiare a quindici. A fare eccezione sono i Paesi Bassi dove l’obbligo va dai cinque ai diciotto anni.
Altra particolarità la Svizzera dove in diciassette cantoni i bambini vanno in aula a quattro, otto a cinque e uno a sei ma l’obbligo dura per tutti fino a sedici anni. Negli altri Paesi il percorso di studi inizia a sei anni ma ci sono nette distinzioni sulla fine del percorso. Obbligatorio fino a 18 in Belgio, in dodici lander della Germania; in Portogallo mentre in Spagna, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Irlanda, Islanda e Norvegia si termina a sedici. C’è poi il caso della Macedonia dove si resta a scuola fino a 19 anni e si comincia a sei. Infine, caso opposto in Lettonia e Svezia si accontentano di far studiare i figli dai sette ai sedici anni.
A spostare l’attenzione, intanto, in Italia è la segretaria nazionale della Cisl Scuola che spiega: “Ogni proposta di rilancio di questo segmento dell’infanzia, deve partire dal superamento concreto dei divari territoriali Nord/Sud con la piena diffusione delle scuole dell’infanzia statali su tutto il territorio nazionale, l’ ampliamento del tempo scuola, la riduzione del numero di alunni per sezione, la specifica qualificazione professionale del personale ausiliario, un piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica di tutti i plessi, e la capillare diffusione delle sezioni primavera come elemento di congiunzione tra il segmento 0-3 ed il 3-6 con conseguente superamento delle frequenze anticipate”.