“Chiediamo con forza ai partiti politici di considerare la lotta alla crisi climatica come la base necessaria per ottenere uno sviluppo equo e sostenibile negli anni a venire”. Così recita uno stralcio della petizione “Un voto per il clima” con cui un gruppo di scienziati italiani ha chiesto alla politica di mettere in cima ai programmi di tutti i partiti azioni per mitigare il cambiamento climatico e rendere il Paese resiliente a fenomeni estremi ormai inevitabili. Un testo che Extinction Rebellion (XR) non può che supportare.
Così XR Venezia ha deciso di sostenerlo non solo con la firma, ma anche con l’azione diretta nonviolenta, il modus operandi che contraddistingue il movimento a livello internazionale. Fra l’altro i primi due firmatari della petizione, Carlo Barbante e Carlo Carraro, vengono proprio dall’ateneo della città, Ca’ Foscari, una città ampiamente minacciata dagli effetti della crisi climatica. Dunque sedici attivisti hanno scelto di bloccare le automobili per due ore sabato 6 agosto scorso in viale Garibaldi, tra i più trafficati di Mestre. Un’azione volta alla condivisione con i concittadini, tramite informazioni e volantini e senz’altro arrecando disturbo al business as usual, di alcuni dati chiave che forse sfuggono ai più.
Quasi tutti conoscono la necessità di ridurre a zero entro il 2050 le emissioni di gas serra. Pochi però sanno che i governi non stanno facendo nulla per limitare l’aumento della temperatura media del pianeta entro 1,5°C rispetto all’era preindustriale, dato indispensabile per preservare condizioni sicure per la vita. Tant’è che la scienza dice che la probabilità di superarlo prima del 2030 è ormai del 50 per cento.
Azzerare le emissioni di gas serra è possibile unicamente se si elimina l’uso di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) che oggi emettono 50 miliardi di tonnellate di gas serra all’anno. Bisognerebbe dunque ridurre le emissioni annuali di metà entro il 2030 e dell’altra metà nei 20 anni successivi. Eppure, le emissioni non hanno nemmeno iniziato a scendere e c’è grave ritardo sulle rinnovabili. Tutto ciò non è tollerabile: la Terra non è più in grado di assorbire i gas serra. Inoltre, lo scioglimento delle calotte polari e l’immissione di metano in atmosfera da parte delle zone artiche (100 miliardi di tonnellate entro fine secolo), aumenteranno ulteriormente la temperatura del pianeta.
L’Ipcc, l’organismo dell’Onu che ha redatto i rapporti di previsione del cambiamento climatico, stima che intorno al 2070 circa tre miliardi di persone (ben più di un terzo della popolazione mondiale) potrebbero dover abbandonare il proprio Paese: le condizioni climatiche saranno incompatibili con la vita umana. Che si tratti di una emergenza è ormai consolidato. I due rami del parlamento italiano hanno dichiarato l’emergenza climatica con due mozioni già nel 2000. La cura per l’ambiente, poi, è entrata nella Costituzione quest’anno. E ancora, la risoluzione dell’assemblea generale dell’Onu del 28 luglio 2022 sancisce che un ambiente sano e pulito è un diritto umano primario.
Allora perché all’emergenza non si risponde con azioni forti, risolute, condivise, lungimiranti? Dispiegando le enormi quantità necessarie di energia solare e vento, finanziando sistemi di accumulo, sviluppando le reti elettriche, e investendo su tecnologie ad alto risultato, come la produzione senza emissione di CO2 di acciaio, cemento, fertilizzanti. Questi sono solo alcuni esempi. C’è molto altro che si potrebbe fare.
Bisogna contemplare con coraggio l’uscita da un paradigma economico che presuppone la crescita infinita del Pil e di conseguenza lo sfruttamento delle risorse della Terra come se anch’esse fossero infinite. Il cosiddetto “Earth Overshoot day”, il giorno in cui si arriva a consumare le risorse rinnovabili annuali del pianeta, è stato quest’anno il 28 luglio. Viviamo come se avessimo quasi due pianeti. E’ indispensabile adottare i parametri di Environmental and Social Governance. Il motivo è ovvio: il costo dei disastri climatici, valutato dopo il 2050 a qualcosa come il 10% del Pil mondiale ogni anno, non è sostenibile da nessuna economia.
Per troppo tempo chi doveva decidere non l’ha fatto e ancora oggi sembra che non si agirà in tempo utile. XR non può che sollecitare “con forza”, proprio come scritto due volte nella petizione degli scienziati italiani, la politica affinché prenda le decisioni che le spettano nel nostro interesse. La speranza è che la politica ascolti almeno ora la voce di cittadini e scienziati. XR, dal canto suo, continuerà ad amplificare il grido della scienza, chiedendo un’azione immediata sulla crisi ecoclimatica.