Una toppa arancione, il colore simbolo dell’Olanda. Lì dove, da qui a un anno, arriveranno diecimila tonnellate di rifiuti prodotti in Sicilia. È l’ultima mossa della Regione guidata, ancora per un mese, da Nello Musumeci. Il provvedimento arriva al culmine di un’estate contrassegnata da disservizi e cartoline indecorose per i turisti costretti a passeggiare tra i cumuli di spazzatura ed è stato firmato dal dirigente generale Calogero Foti. Prevede l’invio transfrontaliero dei rifiuti in un inceneritore localizzato a Farmsum, piccolo centro della provincia di Groningen.
Quella dell’invio all’estero è una possibilità che da anni veniva valutata, ma che finora non si era concretizzata per il timore di vedere lievitare in maniera spropositata i costi delle spedizioni che, a cascata, si sarebbero riflettuti sui cittadini tramite il pagamento della Tari, la tassa sui rifiuti. Da qualche mese, però, l’intera questione è stata illuminata da una luce diversa: i rincari per i siciliani si sono già registrati in seguito all’esigenza della Sicula Trasporti – società proprietaria di un impianto di trattamento dell’indifferenziata e amministrata dal tribunale, dopo l’arresto per corruzione dei titolari – di abbancare la spazzatura in altre regioni italiane. Con costi a volte più onerosi di quelli che si trovano sul mercato internazionale.
All’origine di tutto c’è il principale problema che da vent’anni costringe la Sicilia a vivere costantemente in emergenza: la mancanza di impianti. Nell’ultimo anno, Musumeci – dopo lo stop della giustizia amministrativa al piano nazionale contenuto nello Sblocca Italia del governo Renzi – aveva rilanciato la possibilità di realizzare due termovalorizzatori nell’isola, in modo da aggirare i problemi legati alla saturazione delle discariche. Il governatore, secondo cui gli inceneritori sarebbero serviti anche a sottrarre il ciclo dei rifiuti ad ambienti più o meno contigui alla criminalità organizzata, si è fatto promotore di una manifestazione d’interesse per sondare il mercato ma poi l’iter si è arenato.
Allo stato sono due le discariche in cui finisce larga parte dei rifiuti prodotti giornalmente in oltre mezza Sicilia: quella privata di Siculiana, in provincia di Agrigento, e quella pubblica di Gela. Proprio quest’ultima, di proprietà dei Comuni della parte sud della provincia di Caltanissetta, è stata al centro di tensioni per la ritrosia dei sindaci a concedere spazi adeguati per l’abbancamento dei rifiuti trattati da Sicula Trasporti. Una resistenza che più volte ha portato a ultimatum della Regione e che di recente si è manifestata con l’annuncio da parte dei gestori di ridurre i conferimenti in entrata. “Nessun ostruzionismo, semmai la volontà di razionalizzare gli spazi tenendo conto di tutte le esigenze”, è il commento che arriva dalla società che amministra il sito di Gela. Il riferimento va alla decisione di andare incontro alle richieste provenienti da Trapani, dove esiste una discarica pubblica che però attende di essere ampliata. E mentre la gara per la realizzazione della nuova vasca ha subito un ritardo di qualche settimana, l’ente che si occupa del ciclo dei rifiuti in provincia ha chiesto maggiore ospitalità a Gela.
Richiesta che ha ricevuto l’ok, a discapito però delle aspettative di Sicula Trasporti. La conseguenza prevedibile ricorda da vicino l’effetto domino: Sicula, infatti, ha fatto sapere ai Comuni clienti di non essere più nelle condizioni di ricevere i consueti quantitativi di rifiuti, riducendoli a 700 tonnellate al giorno. Non molto se si considera che a rivolgersi all’impianto in provincia di Siracusa sono circa un terzo dei quasi quattrocento Comuni della Sicilia e che solo la città di Catania produce ogni giorno circa 500 tonnellate di indifferenziata. Adesso, in attesa di conoscere quali saranno le politiche ambientali del futuro governo regionale, bisognerà capire se i container diretti in Olanda serviranno a migliorare il decoro dell’isola.