Mentre la Sicilia decide di chiedere aiuto all’Olanda per arginare l’emergenza rifiuti, dal tribunale di Catania arriva la notizia dell’archiviazione di una querela per calunnia. Una storia piccola, a metà tra pubblico e privato, ma che riaccende i riflettori su uno dei tanti punti oscuri che nell’isola hanno caratterizzato la gestione di un settore tra i più delicati.
Protagonista nei panni di presunta parte offesa la Oikos, società proprietaria di una discarica in provincia di Catania, a ridosso dei comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia. Titolare dell’impianto è la famiglia Proto, il cui esponente più noto, Mimmo, nel 2019 è stato condannato in primo grado per una brutta storia di tangenti che sarebbero state pagate a un funzionario regionale per ottenere favori nel rilascio delle autorizzazioni ambientali.
Ed è sempre un funzionario – in questo caso non regionale, ma in servizio fino a pochi anni fa al Comune di Motta – la persona denunciata dall’impresa per calunnia. Al centro della disputa c’era una particella catastale, utilizzata dall’impresa per abbancare i rifiuti ma la cui esistenza sarebbe stata scoperta soltanto nel 2019, nel momento in cui sul tavolo dell’ingegnere Antonino Di Rosa, difeso dall’avvocato Tommaso Tamburino, è finita la richiesta di rinnovo del nulla osta ambientale ottenuto dalla Oikos, la prima volta, a fine anni Duemila. Per il funzionario – uno dei tanti chiamati a esprimersi sull’istanza – la particella non avrebbe fatto parte dell’autorizzazione originaria e dunque non avrebbe mai potuto ricevere l’ok al rinnovo. Tesi smentita dalla società, le cui ragioni sono state difese dall’avvocato Michele Ragonese. Oikos ha sempre sostenuto che la particella facesse parte di quelle vagliate già quindici anni fa. Da qui la decisione dell’impresa di querelare il funzionario, ritenendo di essere stata accusata di azioni che avrebbero contemplato la commissione di diversi reati: da quelli in materia ambientale al falso ideologico.
A chiedere, tuttavia, che l’intera vicenda venisse archiviata è stato lo stesso pubblico ministero. Dello stesso avviso è stata la gip Simona Ragazzi, che ha sottolineato l’infondatezza della notizia di reato, dopo diverse udienze svoltesi in seguito all’opposizione all’archiviazione presentata da Oikos: “Deve condividersi la valutazione del pm – si legge nell’ordinanza – a tenore della quale l’indagato nel momento in cui si attivava per verificare se nell’iniziale autorizzazione fosse o meno ricompresa la particella 131 e lì dove invocava la non inclusione nella originaria autorizzazione, stava esprimendo un lecito parere nell’ambito del proprio ruolo tecnico in un procedimento amministrativo per il rinnovo dell’Aia, senza con ciò intendere accusare la società di un illecito, tanto più penale”. La giudice per le indagini preliminari ha sottolineato che “giusta o sbagliata che sia tale posizione, essa si inserisce nel quadro di una vicenda di diritto amministrativo, settori ambiente e urbanistica, di notevole complessità, la cui soluzione va correttamente incanalata e mantenuta in quell’alveo”.
A occuparsi della stessa particella nei mesi scorsi era stato anche il Tar di Catania, nell’ambito di un ricorso presentato dai Comuni di Mistebrianco e Motta e da alcune associazioni ambientaliste. Sul tavolo dei giudici amministrativi la richiesta di revocare l’autorizzazione che, nonostante tutto, nel 2019 la Regione Siciliana aveva comunque rinnovato a Oikos. Tra i motivi all’origine del ricorso anche l’illegittimità dell’utilizzo della particella, ricadente secondo il piano regolatore in una zona a destinazione agricola. I giudici, anche a seguito di una perizia tecnica che ha suscitato diversi dissapori nelle parti in causa, hanno deciso di accogliere l’istanza e annullare i nulla osta ambientali a Oikos e di fatto disporre la chiusura del sito. Fatto questo che è avvenuto già a metà a giugno, complicando le cose per la Regione, chiamata a fare i conti con una drammatica carenza di impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti, ma facendo tirare un sospiro di sollievo a migliaia di abitanti da anni preoccupati dalla vicinanza della discarica.