Economia

Caro energia, verso cdm la prossima settimana. Le misure: dal potenziamento del credito d’imposta ai decreti attuativi per gas e elettricità a prezzi calmierati

In arrivo alcuni interventi che verrebbero poi inseriti, via emendamento, nel decreto Aiuti bis. Probabile l'aumento al 30% dello sgravio (ora al 25%) sulle spese sostenute e il varo dei provvedimenti attuativi previsti dal decreto Bollette di marzo. Nessuna risposta, per ora, alla richiesta degli energivori di garanzie pubbliche che consentano di stipulare nuovi contratti di fornitura senza fideiussioni. Il Tesoro vuol procedere senza lo scostamento di bilancio invocato da Lega, M5s e Azione

L’ipotesi più accreditata è quella di un mini decreto che potenzi le misure di emergenza già in vigore, a partire dal credito di imposta: le modifiche verrebbero poi inserite via emendamento nel decreto Aiuti bis già all’esame del Senato. In parallelo, su sollecitazione delle aziende energivore arriveranno finalmente i provvedimenti attuativi di due interventi già previsti dal decreto Bollette della scorsa primavera: il “gas release” e l'”energy release”, mirati ad aiutare industrie energivore e consumatori mettendo a disposizione a prezzi calmierati, per il tramite del Gestore dei servizi energetici, una certa quantità di gas estratto in Italia e di energia prodotta da fonti rinnovabili. È questo il perimetro degli interventi allo studio del governo per affrontare una crisi energetica che in questi giorni – con i prezzi del gas all’hub di Amsterdam ben oltre i 300 euro al megawattora – ha catalizzato l’attenzione dei partiti in campagna elettorale, aumentando il pressing sull’esecutivo uscente.

Il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti (Lega) ieri ha ribadito che le soluzioni strutturali dovrebbero arrivare a livello Ue: si parla di un price cap per il gas, proposta italiana su cui come è noto la scorsa primavera non si è trovato l’accordo, e della modifica dell’attuale meccanismo di formazione dei prezzi energetici in base al quale il prezzo di vendita attualmente dipende dall'(altissimo) costo di produzione delle centrali a gas anche se quello degli impianti alimentati dalle rinnovabili è molto più basso. Ma non è ancora chiaro se e quando il vertice di emergenza dei ministri dell’energia dell’Ue, annunciato oggi dalla presidenza ceca, prenderà decisioni in questo senso. Di tempo non ce n’è: associazioni imprenditoriali e sindacati avvertono da giorni che i settori strategici vanno messi in sicurezza prima che, a settembre, molte imprese manifatturiere siano costrette a non riprendere la produzione o debbano farlo in perdita. Con inevitabili ripercussioni sui lavoratori. Ed è già in estrema difficoltà anche il terziario, con 120mila aziende a rischio secondo Confcommercio.

La prossima settimana potrebbe dunque arrivare un decreto con al primo punto il rafforzamento del credito di imposta già potenziato con il decreto Aiuti bis “a parziale compensazione dei maggiori oneri effettivamente sostenuti per l’acquisto del gas naturale” nel terzo trimestre: quel provvedimento l’ha portato al 25% sia per le imprese energivore sia per tutte le altre, ora la quota potrebbe salire al 30%. Arrivare al 50% – come chiesto dal segretario dem Enrico Letta e da Confesercenti – costerebbe troppo, stando ai calcoli del Tesoro che non intende imboccare la strada dello scostamento di bilancio invocato dallo stesso Giorgetti e dal leader leghista Matteo Salvini oltre che da Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle) e dal leader di Azione Carlo Calenda. Nessuna risposta, per ora, alla richiesta degli energivori di garanzie pubbliche che consentano di stipulare nuovi contratti di fornitura per l’anno termico che inizia l’1 ottobre: i fornitori in queste settimane chiedono pesanti fideiussioni o anticipi di tre mesi.

Molto atteso dai comparti ad alti consumi di energia – dalla siderurgia alla ceramica al vetro – anche il varo dei decreti ministeriali necessari per sbloccare la vendita a tariffe di ridotte di gas “italiano” ed energia da fonti rinnovabili acquistati dal Gse. L’articolo 16 del decreto Bollette dello scorso marzo ha infatti incaricato la società che fa capo al Tesoro di comprare con contratti a lungo termine “gas naturale di produzione nazionale dai titolari di concessioni di coltivazione” e “energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta da impianti stabiliti nel territorio nazionale”, per poi vendere il gas a prezzi “ragionevoli” alle industrie a forte consumo (con riserva di un terzo per le pmi) e l’elettricità sempre a clienti industriali, pmi e “clienti localizzati nelle isole maggiori e che partecipino al servizio di interrompibilità” – cioè che hanno accettato il rischio di interruzione dell’approvvigionamento a fronte di una remunerazione. Vedi il polo industriale sardo Portovesme. Ma condizioni e prezzi avrebbero dovuto essere fissati per quanto riguarda il gas da un decreto di Mef e Mite e per l’elettricità dal solo Mite. Provvedimenti ancora fantasma.

In parallelo il ministro Roberto Cingolani presenterà poi il piano di risparmi di cui fino ad ora aveva parlato senza mai adottare concreti provvedimenti. Per le imprese si ipotizza la programmazione di interventi di manutenzione straordinaria, con conseguente fermo della produzione. Gli industriali chiedono che ci sia il tempo per prepararsi e qualche compensazione. Giorgetti del resto ha appena varato due decreti che mettono sul tavolo 2 miliardi per finanziare progetti mirati alla riduzione di almeno il 40% delle emissione dirette di gas effetto serra e di almeno il 20% il consumo di energia. Ancora in corso, infine, la riflessione sull’opportunità di inserire nel pacchetto, almeno per i settori più colpiti dal caro energia, una nuova tornata di cassa integrazione scontata, cioè senza le addizionali (9, 12 e 15% a seconda del numero di settimane di utilizzo) previste dalla riforma di fine 2021.