L’Eurostat lancia l’allarme: in Europa crescono i poveri, anche quando lavorano. L’Italia spicca per l’aumento del tasso di rischio di povertà (circa 12 milioni di persone, oppure quasi 15 milioni se si sommano anche i soggetti a rischio esclusione) e la crescita del numero dei minori poveri (al di sotto di sei anni, un bambino su quattro vive in famiglie a rischio povertà). E siamo solo all’inizio delle brutte notizie.

Spulciando i dati statistici di altre istituzioni di ricerca non solo si ottiene conferma della situazione descritta dall’Eurostat, ma si scopre anche che l’inflazione nei paesi Ocse si attesta ormai a 10,3% e le proiezioni di altri istituti di ricerca parlano di ulteriori aumenti nei prossimi mesi. Il che si traduce automaticamente in una forte riduzione del potere d’acquisto dei salari e, di conseguenza, in un impoverimento di massa. I 52 miliardi spesi (soprattutto a favore delle imprese) dal governo italiano nel 2022 per calmierare l’impatto dell’inflazione non sono stati sufficienti e di sicuro non riusciranno a invertire la tendenza, che dipende da molteplici fattori interni ed esterni, ma soprattutto dai meccanismi (ormai gravemente malati) del sistema di produzione e distribuzione che continua a spingere nell’indigenza un numero impressionante di lavoratori. In Italia, negli ultimi trent’anni (1990-2020), i salari non solo non sono cresciuti ma sono persino diminuiti del 2,9%. Secondo l’Eurostat nel 2021 i working poor in Italia erano quasi il 12%, arrivando fino a 15% nella fascia d’età più giovane (18-24 anni).

Poi c’è la guerra, che la vogliono lunga o infinita, con tutta la crisi energetica e alimentare che ne consegue; c’è la pandemia, che continuerà a tornare a regolari ondate, con il numero dei morti che non accenna a diminuire e il sistema sanitario pubblico definanziato che crolla a pezzi, giorno dopo giorno; c’è anche l’aumento esponenziale degli eventi climatici estremi (nel 2022 si è registrato il numero più alto della media annua), con la progressiva distruzione dell’ambiente e dei terreni coltivabili. In altre parole, “winter is coming“. Eppure, molte delle forze politiche in Italia (Pd, FdI, Lega, Fi, Iv, Azione, Ic, etc.), così come i gruppi di potere di Westeros, continuano imperterrite le battaglie per tornare a sedersi sul trono di spade.

Molti sono i temi divisivi, tranne uno: il reddito di cittadinanza. L’avversione contro questa misura di sostegno al reddito dei soggetti più poveri è talmente forte da provocare in loro reazioni fisiche: contorsioni in pubblico, reazioni allergiche, afasie e vari disturbi ossessivi-compulsivi. Per giustificare tali reazioni scomposte spacciano per scienza le loro fantasie o incubi. Ignorano i dati, le analisi e i report che regolarmente vengono pubblicati da vari enti. I dati forniti dall’ultimo report trimestrale dell’Inps, per esempio, pubblicato nel mese di luglio 2022, rivelano che nel 2021 è diminuito, anziché aumentare, il numero dei nuclei familiari che hanno richiesto la prestazione nel 2021: se nel 2020 era pari a 1,46 milioni (in media ogni mese 122 mila nuclei), nel 2021 era 1,16 milioni di nuclei (in media ogni mese 97 mila nuclei), meno di 4 milioni di persone coinvolte (numero che è sceso a 3,5 milioni nei primi sei mesi del 2022).

L’importo medio mensile nel 2022 è di 553 euro. Praticamente una mancia nello scenario di povertà diffusa che attanaglia il paese: il numero dei beneficiari è ampiamente inferiore rispetto al numero dei poveri registrati dall’Eurostat (così come dall’Istat) e la somma percepita non riesce più a coprire neanche le spese alimentari per il mero sostentamento, data l’inflazione galoppante. Eppure, gran parte delle forze politiche del paese propongono ora in campagna elettorale la cancellazione anche di queste briciole lanciate sul tavolo dei poveri, che rischiano di diventare in breve tempo maggioranza nel paese.

Cosa pensare? Hanno forse una forte tendenza al masochismo e all’autodistruzione oppure, con consapevolezza, preparano un terreno ideologico-culturale di tipo darwinista per affrontare “l’inverno” che sta per arrivare? A giudicare dagli elementi in campo, si dovrebbe considerare valida la seconda opzione. Non si tratta tanto della difficoltà reale di trovare i fondi per finanziare il RdC nei prossimi anni, ma di eliminare dal campo delle rivendicazioni possibili anche le più piccole forme di welfare. La stessa esistenza del RdC sta a lì a dimostrare, concretamente, che non solo si possono ottenere i sostegni finanziari, ma che se ne ha addirittura diritto, senza dover leccare le pantofole ai padroni. Ciò che i “potenti di Westeros” vogliono cancellare è la stessa esistenza simbolica della misura di sostegno. E non perché non sanno dell’arrivo “dell’inverno”, ma proprio perché già lo sentono nelle ossa.

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