Campobasso e Teramo ufficialmente escluse, la Serie C è salva. Sembra brutto legare la fine del calcio professionistico in due piazze del Meridione alla sopravvivenza stessa del campionato, ma a questo punto si è ridotta la Lega Pro. Colpa dell’ennesimo pasticcio di chi governa il nostro calcio: un ripescaggio troppo frettoloso, una sentenza anomala della giustizia ordinaria e la frittata era quasi fatta, col rischio di ritrovarsi un torneo a 62 squadre e i calendari sballati. Alla fine, però, dopo un’estate passata in tribunale, il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi.

Per ricostruire la vicenda bisogna ritornare a inizio luglio, quando la Covisoc (l’organismo di controllo finanziario) boccia l’iscrizione di Campobasso e Teramo. Si tratta di due situazioni particolari e diverse tra loro, più sostanziale quella degli abruzzesi, più formale per i molisani. Il Teramo è stato a lungo sotto amministrazione giudiziaria, per il sequestro preventivo delle aziende di proprietà del patron Ciaccia, finito nei guai giudiziari lo scorso autunno. Il provvedimento è scaduto a giugno e la squadra è rientrata nella disponibilità della proprietà, ma il periodo ha messo a dura prova i conti del club che non rispettava i parametri. Ancora più complesso il caso del Campobasso: qui la disputa riguarda tre debiti tributari risalenti a vecchi campionati di Serie D in epoca Covid, scaduti e non rateizzati formalmente con l’Agenzia delle Entrate. Poca roba, 90mila euro totali, abbastanza però per far scattare la tagliola della Figc: con le vecchie regole il club avrebbe probabilmente potuto iscriversi, con le nuove pubblicate lo scorso aprile no.

Una volta sancita l’esclusione, è partita la solita trafila di ricorsi, respinti dal Collegio di garanzia del Coni e dal Tar. Invece però di aspettare l’ultima parola del Consiglio di Stato, lo scorso 4 agosto la Lega Pro del presidente Francesco Ghirelli ha forzato la mano, ufficializzando i ripescaggi di Fermana e Torres e chiudendo i gironi. E qui la doccia gelata: il giorno dopo è arrivata la sospensione del Consiglio di Stato, che ha gettato nel caos l’intero campionato. Di fatto, la Serie C per un mese è stata ostaggio di questa sentenza, e del giudizio di merito fissato a fine agosto. Fino ad oggi, quando i giudici hanno dato ragione a Figc e Lega Pro, condannando Campobasso e Teramo e sbloccando la Serie C che potrà quindi partire la settimana prossima.

Il provvedimento cautelare rappresentava un inedito per la giurisprudenza: sosteneva, tra le righe, che i parametri stabiliti dalla Figc sono troppo rigidi e non si può far sparire una squadra per dei formalismi. Rischiava insomma di far saltare l’intera impalcatura delle licenze nazionali. Poi il Consiglio di Stato ci ha ripensato e ha ribadito che le regole sono regole. Comunque la si pensi sui casi di Campobasso e Teramo, la vicenda ha dimostrato ancora una volta la sciatteria dei governanti del pallone. Le licenze nazionali pubblicate in ritardo (fine aprile) invece che in anticipo come promesso, hanno generato confusione. E poi al posto della solita, inutile prova di forza sui ripescaggi sarebbe bastato attendere 24 ore per non mettere a repentaglio l’intera Serie C e lasciare nel limbo altre 58 società che non avevano fatto nulla. Se il Consiglio di Stato avesse malauguratamente dato ragione a Campobasso, Teramo o entrambe, con Fermana e Torres già ripescate non ci sarebbe stata altra soluzione che varare un improbabile torneo a 61 o 62 squadre. Un autentico disastro, tra calendario sfalsato e contributi ridotti a club che già piangono miseria. Senza dimenticare il rinvio forzato di una settimana e l’estate passata in tribunale. Alla fine, per fortuna di Lega Pro e Figc, tutto si è risolto e il campionato potrà partire regolarmente. La paura passa, la brutta figura resta.

Twitter: @lVendemiale

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