Cultura

Orfeo e le Sirene torna finalmente in Italia: dal Getty di Los Angeles al Marta di Taranto. Ma non è l’unica opera in attesa di rimpatrio dagli Usa

Il gruppo scultoreo in terracotta risale al 350-300 a.C.: era uscito dal nostro Paese illegalmente. A settembre, quando tornerà, sarà esposto in un primo momento al Museo dell'arte salvata poi troverà spazio all'istituto archeologico tarantino

Ormai manca davvero poco. In queste ore i tecnici del Getty Museum di Los Angeles stanno “impacchettando” ben bene le opere e nel mese di settembre il gruppo scultoreo in terracotta Orfeo e le sirene, del 350-300 a.C., partirà alla volta di Roma, perché proprio dall’Italia era stato fatto uscire illegalmente. In un primo momento sarà mostrato negli spazi del Museo dell’arte salvata, poi pare ormai certo che la definitiva destinazione del gruppo sia il Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA), con il chiaro intento di arricchire il patrimonio archeologico della Puglia, suo territorio d’origine.

L’annuncio della restituzione – che l’Italia aveva richiesto già una ventina di anni fa – ha visto protagonista lo stesso museo californiano, che tuttavia non ha rivelato da quale sito fu scavato, ma ha lasciato intendere che si tratta di opere scavate illecitamente e quindi, in linea con la politica museale di restituire gli oggetti al paese di origine o dove sono stati scoperti quando informazioni affidabili indicano che sono stati rubati o scavati illegalmente, il Getty ha rimosso le sculture dal percorso espositivo e sta per trasportarle in Italia. Tra l’altro l’estrema fragilità delle statue di Orfeo e delle sirene richiede attrezzature e procedure speciali.

L’Orfeo con le sirene, raffigurante la sfida che oppose il mitologico cantore alle creature fantastiche note per il loro canto melodioso, è tra i pezzi più pregiati delle collezioni antiche del Getty: si tratta di un gruppo talmente particolare che in passato fu ritenuto anche un falso, dato che non ha riscontri simili. Studi sull’argilla hanno invece dimostrato la sua autenticità. Fin da quando è stato acquistato in Svizzera nel 1976, assieme alle due sirene, è sempre stato esposto al pubblico. L’Orfeo si presenta seduto su di un klismos (seggio) e l’arricciamento del labbro inferiore e la bocca semiaperta sono entrambi segni che questo personaggio fosse probabilmente ritratto nell’atto di cantare. La sirena di sinistra è colta in una posa meditativa; l’altra sirena è identica nella parte inferiore, ma si differenzia per il movimento delle braccia.

“Grazie alle informazioni raccolte, che indicano lo scavo illegale di Orfeo e delle sirene, abbiamo deciso che questi oggetti dovrebbero essere restituiti – ha detto Timothy Potts, direttore del Getty Museum – Apprezziamo il nostro forte e fruttuoso rapporto con il ministero della Cultura italiano e con i nostri numerosi colleghi archeologi, conservatori, curatoriali e altri studiosi in tutta Italia, con i quali condividiamo la missione di promuovere la conservazione del patrimonio culturale antico”. Dal canto suo Eva degl’Innocenti, direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Taranto dove con tutta probabilità sarà esposto il gruppo, ha affermato: “Quando un patrimonio di così inestimabile valore torna in patria è una grande conquista civica e morale, non soltanto per l’eredità culturale che rappresenta, ma anche per la vittoria del senso della legalità e del rapporto con i territori come ci insegna la stessa Convenzione di Faro”.

Le statue, veri e propri capolavori del IV secolo avanti Cristo, proverrebbero, infatti, proprio dall’area tarantina a cui lo stesso Getty aveva già restituito negli anni scorsi antichi manufatti ceramici di produzione apula esposti poi al MArTA nella mostra Mitomania nell’aprile del 2019. “In quell’occasione, grazie al grande lavoro di indagine condotto dal Nucleo di tutela del patrimonio del Comando dei Carabinieri, restituimmo alla pubblica fruizione capolavori della ceramica apula che erano stati trafugati da contesti archeologici tarantini – dice la direttrice, Eva Degl’Innocenti – ed oggi come allora quella identità storico-culturale rappresenta un legame indissolubile con questa terra. Sarebbe pertanto auspicabile che Orfeo e le sue Sirene tornassero a casa e potessero entrare a far parte della esposizione permanente del MArTA. Dopo l’esposizione romana, dunque, il MArTA sarebbe pronto ad ospitare il gruppo di figure in terracotta, anche in virtù del progetto in corso di nuovo allestimento espositivo che consentirebbe al gruppo scultoreo di poter recuperare il proprio contesto identitario”.

Negli ultimi anni il Getty ha restituito all’Italia decine di oggetti e sta inoltre collaborando con il ministero della Cultura dell’Italia per organizzare la restituzione di altri quattro oggetti a data da destinarsi (una grande testa in marmo di una divinità del II secolo d.C.; uno stampo in pietra del II secolo d.C. per la fusione di pendenti; un dipinto a olio intitolato Oracolo a Delfi, opera del 1881 di Camillo Miola; e un thymiaterion in bronzo etrusco del IV secolo a.C.)

Ciò nonostante il museo di Los Angeles non ha accettato altre richieste di rimpatrio di pezzi eccellenti. Per esempio, nonostante una sentenza del 2018 della Corte di Cassazione abbia imposto la restituzione dell’Atleta vittorioso di Lisippo, il museo ha continuato a rivendicarne la proprietà.

Senza contare altre contese che riguardano altre istituzioni americane, come quella del Carro etrusco di Monteleone, una biga da parata del IV secolo a.C. costruita in bronzo, ferro e legno di noce e decorata a sbalzo con intarsi in avorio; attualmente a Monteleone di Spoleto è visibile una copia dell’opera, mentre l’originale si trova dal 1903 al Metropolitan Museum of Art di New York; ovviamente c’è una vicenda giuridica che va avanti da decenni, ma che per il momento non ha dato i frutti sperati; o come quella della Madonna e Santi in terracotta policroma (di cui ilfattoquotidiano.it si è già occupato lo scorso mese di giugno) di Benedetto Buglioni, scomparso in provincia di Firenze un secolo fa e misteriosamente ricomparsa in un museo di Cleveland, Ohio. Speriamo che il nuovo Parlamento sia ancora più sensibile verso quella parte del nostro patrimonio culturale che si trova, illegalmente, fuori dall’Italia.