L’Italia ha nella provincia il suo motore propulsore, si sa, e agosto è forse il mese per eccellenza della provincia. Vacanze finite: gli ultimi scampoli di solito si usano per tornare “al paesello” a trovare i nonni, a trascorrere gli ultimi giorni di relax lontano dal caos cittadino. E poi c’è il calcio. O meglio: c’era un calcio in cui la provincia era il sale. Squadre piccole che davano filo da torcere alle big e una Coppa Italia che ad agosto offriva, grazie ad un format diverso, sfide che vedevano spesso quello schema, con gli squadroni opposti a squadre di paese provenienti anche dalla Serie C.

Già: squadre di paese. E qual è il paese per eccellenza in Italia? Brescello, in Emilia: o forse lo è stato per lungo tempo. Il paese di Don Camillo e Peppone: miglior trasposizione cinematografica di ciò che è (era) l’Italia. E c’erano davvero Peppone e Don Camillo ai primi di settembre del ’97, quando tutto un paese di 4mila anime dovette spostarsi a Reggio Emilia, allo stadio Giglio, per affrontare la Juventus. Sì, perché il Brescello, allora in C, aveva superato nel primo turno agostano di Coppa Italia la Lucchese, formazione di B e ben più blasonata, che aveva in rosa gente come Ighli Vannucchi, Roberto Stellone, Roberto Colacone, Duccio Innocenti, il futuro campione d’Italia e d’Africa Pierre Wome, un giovane Marco Rossi futuro capitano del Genoa. 4 a 1 all’andata, con Borgobello e Centanni che segnano due gol a testa, 1 a 1 al ritorno con Franzini su rigore che replica a Vannucchi.

Non è solo un’allegra brigata di provincia il Brescello però: dietro c’era la forza del Cavalier Amadei, patron di un colosso come l’Immergas. Era pure la prima squadra sponsorizzata dalla Nike. Già, perché in un momento in cui il marchio sportivo non sfondava nel pallone italico fu scelta la società emiliana per testare materiali e design: la sede operativa era a Reggio Emilia e Brescello distava un tiro di schioppo e stanti le dimensioni e le caratteristiche di club e tifoseria la sperimentazione sarebbe avvenuta senza troppa pressione. Maglie, calzoncini, calzettoni e una mission ancora più importante per Corrado Oldoni. Centrocampista dai piedi buoni, somiglianza impressionante con Roberto Baggio e il 41 e mezzo di piede. Elemento importantissimo quest’ultimo, visto che la Nike proprio per tale caratteristica gli affiderà il compito di testare e collaudare la scarpetta R9 Mercurial che avrebbe accompagnato Ronaldo il Fenomeno nel Mondiale di Francia e non solo.

Ma al netto di Nike e Ronaldo, il Brescello resta una squadra di paese, di tutto quel paese che si trasferisce allo stadio Giglio per assistere a quella gara storica, persino Peppone e don Camillo, come detto: controfigure ovviamente che nel pre gara danno il benvenuto alla Juventus, assieme a un vasto assortimento di prodotti tipici. Per il resto tutti si aspettano la gita di fine estate: di fronte a Borgobello, De Silvestro, Da Rold, Oldoni e a un giovanissimo e ancora sconosciuto Simone Inzaghi ci sono il fratello più famoso Pippo, c’è Del Piero, c’è Padovano, c’è Conte e c’è Marcello Lippi in panchina.

E il destino sembra ancor più segnato se Oldoni, dopo soli due minuti colpisce un palo pieno: quando ricapita? E invece la Juve è ferma e un po’ presuntuosa, Montero è in giornata no o semplicemente in giornata Montero e riesce nell’impresa di farsi espellere in 180 secondi per doppia ammonizione. E alla fine del primo tempo un ottimo Brescello riesce nell’impresa di andare in vantaggio: Franzini è glaciale quando arriva davanti a Rampulla e lo batte con un bel sinistro sul primo palo. E mancherebbero solo le luminarie e la processione sugli spalti del Giglio quando l’arbitro Bettin manda le squadre negli spogliatoi all’intervallo col risultato di Brescello 1 – Juventus 0.

Nella ripresa la Juve pareggia con un gol rabbioso di Conte, ma no, non riesce a passare in vantaggio e anzi, gli emiliani potrebbero chiuderla vincendo, ma l’emozione li tradisce sotto porta.
Il ritorno finisce 4 a 1 per la Juve, ma è facile comprendere che di delusione non ce n’è traccia: il concetto di gloria declinato nella versione provincia italica ha un’altra dimensione. E’ Peppone e Don Camillo contro i film americani per intenderci. Il Brescello proverà l’impresa di salire in B: non riuscirà, sfumerà in finale playoff nel 2000 e poi si avvierà una lenta discesa che la porterà tra Eccellenza e Promozione, dov’è oggi, con un bellissimo stemma ad accompagnare. E il ricordo di quella gita a Reggio Emilia e di quel gol di Franzini forse è anche meglio di una Coppa Italia vinta: roba da raccontare ai nipoti… quando tornano al paese a fine estate.

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