“Stavolta non farò l’italiana che si lamenta ma alla fine paga”. È quanto si è detta la scorsa primavera Lorena Agosti, residente a Castegnato in provincia di Brescia. Nel 2010 il comune ha inaugurato la sua rete di teleriscaldamento, tubi che distribuiscono acqua calda che trasferisce calore agli impianti degli edifici collegati. “Io e mio marito abbiamo comprato casa nel dicembre 2015 e il fatto che fosse teleriscaldata aggiungeva valore all’immobile: maggiore efficienza e risparmio”, spiega. Perché le reti di teleriscaldamento che nell’ultimo decennio hanno visto un notevole sviluppo anche nel nostro Paese, promettono infatti più risparmio energetico anche grazie alla possibilità di recuperare il calore da fonti alternative a quelle fossili. Ma già dall’anno scorso le tariffe del gestore locale, Cogeme Nuove Energie, hanno iniziato a salire. “In un anno la bolletta trimestrale è passata da 308 euro a 960 euro, più del triplo”, racconta Agosti, che ha deciso di passare al contrattacco raccogliendo centinaia di firme per una petizione al comune che, in qualità di socio azionista di Cogeme, “deve tutelare i cittadini di fronte a quelli che consideriamo aumenti ingiustificati”. Ma ad oggi il comune non ha ancora risposto e a molti la situazione sembra una prigione. Perché dove arriva il teleriscaldamento non sempre arriva la rete del gas, e l’unica alternativa sarebbe dotarsi di una pompa di calore con impianto fotovoltaico, “con costi ingenti soprattutto per una casa comprata appena sei anni fa che nel frattempo, proprio per l’aumento del riscaldamento, perde valore”.
Le bollette dei teleriscaldati sono lievitate in tutta Italia, con tanto di proteste, comitati ed esposti soprattutto nelle regioni dove il servizio è più esteso, Lombardia e Piemonte in testa. Aumenti che non hanno risparmiato nemmeno i comuni dove la maggior parte del calore che alimenta la rete proviene da fonti alternative e solo in minima parte dall’impiego di gas naturale. A Brescia, dove il 70 per cento del calore viene dai rifiuti immessi nel termoutilizzatore, il gestore A2A ha accordato il blocco del prezzo fino alla fine dell’anno. Poi chissà, perché in Italia una regolamentazione nazionale delle tariffe del teleriscaldamento non esiste e sono i singoli gestori a determinare il prezzo. Quando a gennaio è stato bloccato, il costo del kilowattora (KWh) per il teleriscaldamento bresciano aveva già superato 0,13 euro, più alto di quello del gas impiegato da una caldaia a condensazione, la cui media nazionale è leggermente inferiore. Insomma, la scelta che si propone come più sostenibile per l’ambiente non lo è per le tasche degli utenti. Un bel problema, come hanno scritto i sindaci di Brescia, Milano, Varese e Torino al governo, ma senza avere risposta.
Se poi dal capoluogo si passa alla provincia, le cose peggiorano. E’ il caso di Castegnato dove il KWh ha raggiunto 0,26 euro. “E’ la cifra più alta d’Italia, dove la media è di 0,18 euro a KWh, ci hanno detto quelli di Legambiente”, riferisce Lorena Agosti. Un destino che nella cittadina accomuna 270 utenze. Il numero è centrale in questa storia, perché la società che gestisce la rete contava di collegare 1260 utenti. “Ma col passare degli anni gli imprenditori edili hanno preferito spostarsi su altre tecnologie, definendo obsoleto il teleriscaldamento. Hanno avuto ragione di fronte al giudice e la rete è rimasta ferma al palo, sottodimensionata rispetto alle aspettative del gestore”, spiega Agosti, che del locale comitato di teleriscaldati è da subito la rappresentante. All’amministrazione è stato chiesto “di farsi parte attiva a sostegno dei cittadini utenti di fronte all’aumento ingiustificato delle bollette”. Nella petizione al comune i cittadini hanno chiesto anche “che sia reso possibile il distacco dalla rete per passare a un impianto a gas, ad ora impossibile perché non raggiunti dalla rete del gas naturale o perché le modifiche necessarie ad impiantistiche elettriche sono troppo onerose”.
Questa sorta di monopolio locale che riguarda le reti di teleriscaldamento, unito all’assenza di una regolamentazione nazionale sulle tariffe che lascia agli esercenti titolo per determinarle, ha trasformato un servizio apparentemente virtuoso in una gabbia dalla quale è difficile uscire, anche e soprattutto adesso che le bollette raggiungono livelli insostenibili. “Non abbiamo alternative, se ci stacchiamo cosa facciamo?”, chiede Agosti. A casa sua la rete gas non arriva e sostituire tutto con un impianto elettrico significa dotarsi di fotovoltaico e pompa di calore, cambiare il sistema idraulico e quello elettrico. “Per noi si tratterebbe di almeno 20mila euro, in una casa che io e mio marito abbiamo comprato da pochi anni”, continua. Al problema delle bollette si aggiunge infatti quello di immobili che perdono valore: “Chi comprerebbe questa casa con simili bollette e senza alternative?”, si domanda. Una sorta di prigionia che potrebbe addirittura configurarsi come un obbligo, e su questa ipotesi il comitato e i suoi consulenti stanno valutando le prossime possibili azioni da intraprendere.
Intanto in rappresentanza del comitato Agosti chiede da mesi un incontro congiunto a sindaco e Cogeme, “mai accordato”. Perché sul rapporto tra gestore e comune, che di Cogeme ha il 6,6 per cento delle azioni, i castegnatesi vorrebbero vederci chiaro. “Quando abbiamo comprato casa, nelle fatture come nel contratto che abbiamo firmato c’era scritto che “la tariffa è stabilita dall’amministrazione comunale su proposta del gestore”, che a rigor di logica dovrebbe essere una garanzia a tutela dei cittadini utenti, no?”, continua Agosti. “Ma poi abbiamo scoperto che in un accordo del 2014 il comune delega alla società di fissare le tariffe. Insomma, delle due, l’una: abbiamo forse firmato un falso?”. Invece ancora nessuna risposta, nonostante le 560 firme raccolte in meno di dieci giorni e il fatto che tra le bollette incriminate ci sia anche quella della scuola del comune, passata da 4mila euro a 12mila. Ma soprattutto di fronte alla paura degli utenti che i costi salgano ulteriormente, visti i prezzi del gas impazziti dallo scoppio del conflitto in Ucraina.