La Procura di Roma ha chiuso l’indagine sulla presunta corruzione negli appalti del ministero dell’Istruzione che nel settembre 2021 aveva portato all’arresto dell’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco. L’inchiesta, coordinata dal pm Carlo Villani e condotta dalla Guardia di Finanza attraverso analisi dei flussi di denaro e di segnalazioni di operazioni sospette, si è concentrata su diversi episodi corruttivi nei confronti di Giovanna Boda, 47 anni, ex capo del Dipartimento per le Risorse umane del ministero di viale Trastevere. Con la notifica dell’avviso di conclusione indagini – che di solito anticipa la richiesta di rinvio a giudizio – rischiano il processo in 15 persone e quattro società. Bianchi e Boda sono accusati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio.

Secondo l’accusa, Boda – incaricata della realizzazione delle procedure per selezionare progetti scolastici – riceveva indebitamente “la dazione e la promessa delle somme di denaro e delle utilità per sé e per terzi per un totale di complessivi 3.201.933 euro” dall’imprenditore, che in cambio si aggiudicava per le sue società, dal gennaio 2018 al 13 aprile 2021, “affidamenti da parte di istituti scolastici per complessivi 23.537.377 euro, di cui corrisposti 17.457.976 euro”. Tra le “utilità” corrisposte c’erano regali di ogni tipo: lezioni di violino e sci, stipendio e contributi per la colf, il pagamento dell’affitto dei genitori e poi carte prepagate, bonifici e spese per il noleggio d’auto, pagamenti delle bollette del gas, buste con contanti. Alla notizia dell’indagine – pubblicata nell’aprile 2021 dal quotidiano La Verità Boda aveva tentato il suicidio gettandosi dalla finestra dello studio del suo avvocato, nel centro di Roma.

I pm contestano all’ex dirigente anche di aver rivelato a Bianchi “notizie d’ufficio che avrebbero dovuto rimanere segrete“, in particolare anticipandogli via mail, “prima della sua pubblicazione, la bozza del bando per il finanziamento di progetti scolastici per il contrasto della povertà educativa”, e facendolo partecipare “a riunioni tenutesi presso il Ministero nelle quali si doveva decidere la ripartizione dei finanziamenti alle scuole (…) demandando anche allo stesso imprenditore la decisione finale su tale suddivisione”. Le parti offese individuate sono il ministero dell’Istruzione, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento delle Pari opportunità e l’Agenzia delle entrate. Due indagate, tra cui l’ex segretaria di Boda, hanno chiesto di patteggiare la condanna.

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