Oggi mi occupo del programma del Pd. Ricordo che si tratta di un’analisi limitata alle sole idee relative al marcato del lavoro e che queste vengono raggruppate per argomenti, su cui provo ad esprimere un’opinione segnalando eventuali criticità e/o punti di forza. Il tutto viene poi schematizzato in un giudizio sulla base di tre simboli:

per un’opinione positiva
per sintetizzare un giudizio negativo e
per esprimere un dubbio, legato o alle genericità della proposta o alla mancata indicazione di elementi utili a comprenderne le modalità di realizzazione

Una legge sul salario minimo

Il Pd propone che venga emanata una legge che riconosca il valore legale verso tutti i lavoratori del trattamento economico complessivo previsto dai contratti collettivi, a condizione che questi siano firmati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Ricordo da un lato che esiste un chiaro limite costituzionale all’approvazione di una simile norma e dall’altro che un simile risultato è già pienamente in uso da molti anni. Come ho avuto modo di precisare il problema sono i controlli. Inoltre, il Pd dimentica di essere stato uno dei partiti che hanno – durante i numerosi anni di governo di centrosinistra – rinviato l’approvazione di una legge sulla rappresentanza sindacale, passaggio indispensabile per lottare contro la cosiddetta “contrattazione pirata”.

Giudizio:

Intervento sulle politiche attive

L’obiettivo, come in tutti questi casi, è positivo. Il problema è la genericità del modo in cui si vorrebbe realizzare un risultato fino ad oggi apparso irraggiungibile. Il richiamare semplicemente la necessità di “rafforzare i centri per l’impiego e realizzare una migliore connessione tra il sostegno al reddito in costanza di rapporto e le politiche attive, formative e di accompagnamento alle transizioni produttive e occupazionali” non rappresenta un “come”, ma semplicemente un’aspirazione.

Unica nota veramente positiva è la proposta di rendere strutturale il contratto di espansione, cioè il contratto con cui si agevola l’uscita – nell’ambito di una riorganizzazione aziendale – dei lavoratori cui mancano 60 mesi alla pensione, compensato dall’ingresso di giovani in misura non inferiore di tre (uscite) a uno (assunzione). La proposta deve essere messa in stretta connessione con quella che vuole attivare un part-time volontario pienamente retribuito (anche in termini di contributi previdenziali) al compimento del sessantesimo anno di età, così da favorire un passaggio generazionale mirato. Il tema rimane quello del costo a carico delle aziende: nel contratto di espansione è il datore di lavoro a dover versare l’indennità mensile fino alla maturazione del trattamento pensionistico; nel part-time pienamente retribuito e di nuova concezione non si capisce chi paghi la differenza tra il compenso proporzionato all’orario effettivo svolto e la somma per il tempo pieno.

Giudizio:

Lotta al precariato e al lavoro sommerso: interventi di tipo normativo

Le proposte possono essere accorpate in due gruppi. Il primo si basa su interventi di tipo normativo, consistenti:

– nell’obbligo di retribuzione per stage curriculari e l’abolizione degli stage extra-curriculari, salvo che siano attivati nei 12 mesi successivi alla conclusione di un percorso di studi;
– nell’individuazione dell’apprendistato come principale strumento di ingresso nel mercato del lavoro;
– nell’intervento sui contratti a tempo determinato con la reintroduzione della causale;
– approvazione di una disciplina per i lavoratori delle piattaforme online (da qualificare presuntivamente come lavoratori subordinati), che imponga alle società da un lato di negoziare con le organizzazioni sindacali il funzionamento degli algoritmi e dall’altro di non utilizzare l’intelligenza artificiale per determinare le condizioni di lavoro.

La prima proposta appare condivisibile, poiché potrebbe portare a una riduzione dell’abuso dello strumento che, da mezzo per agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani, è divenuta una forma contrattuale di lavoro subordinato tipica e sottopagata. La seconda è assolutamente apprezzabile, poiché permetterebbe a tutti i soggetti che sono da tempo fuori dal mercato del lavoro, a prescindere dall’età, di aggiornare le proprie competenze e di essere più appetibili per via del minor costo connesso all’apprendistato. La terza, invece, è inspiegabile.

In primo luogo, con il Decreto Sostegni Bis il Pd (insieme a Lega, Forza Italia, FdI e Confindustria) ha previsto che sia possibile stipulare contratti a termine acausali, se così è previsto dal Ccnl o dalla contrattazione aziendale. In secondo luogo, non si capisce come questa disposizione sia coerente con l’azione di governo del Pd. Scorrendo i lavori parlamentari di approvazione del Dl Poletti, che ha introdotto la possibilità di stipulare contratti a termine senza motivazione per 36 mesi, si legge, ad esempio (pag. 33 del Resoconto stenografico della Seduta n. 218 di giovedì 24 aprile 2014), che “La Camera approva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)”. Una spiegazione su questo cambio di rotta sarebbe opportuna. Se poi il motivo fosse legato all’ammissione di aver commesso un errore, allora sarebbero necessarie delle scuse a tutte quelle persone che sono state “vittima” di quell’abbaglio. La quarta proposta è assolutamente corretta.

Giudizio: per la prima, la seconda e la quarta proposta, mentre per la terza

Lotta al precariato e al lavoro sommerso: interventi di tipo operativo

Il secondo gruppo di proposte è di carattere pratico. Per combattere il lavoro nero e sommerso si propone di adottare in modo generalizzato il “Durc sulla congruità della manodopera”, già utilizzato nel settore dell’edilizia; per estirpare il fenomeno del caporalato e per l’equa retribuzione ci si limita a una generica ambizione verso una maggior efficacia dei controlli e per “misure per superare la condizione di vulnerabilità di chi denuncia lo sfruttamento”. La proposta è, pertanto, generica e non può portare che ad un

Giudizio:

Modifiche al RdC

Si propone di mantenere la misura con l’adozione dei suggerimenti della Commissione Saraceno e di ridurre il periodo minimo di residenza in Italia per accedere al Reddito di Cittadinanza, oggi fissato in dieci anni.

Giudizio:

Riforma delle pensioni

Le proposte possono essere riassunte in:

maggior flessibilità di accesso a partire dai 63 anni di età, purché ciò assicuri un equilibrio di medio e lungo termine del sistema previdenziale;
-introduzione per le nuove generazioni di una pensione di garanzia, che stanzi fin da subito le risorse necessarie a garantire una pensione dignitosa a chi ha carriere lavorative discontinue e precarie;
-accesso alla pensione a condizioni più favorevoli a chi ha svolto lavori gravosi o usuranti o lavori di cura in ambito familiare, anche rendendo strutturali Ape sociale (da estendere agli autonomi) e Opzione donna.

Si tratta di idee che chiunque condivide, così come chiunque è favorevole alla “pace nel Mondo” e alla “lotta alla fame”. Purtroppo, cercando di passare dai sogni in stile “Miss Italia” alla pratica, nel programma si trova un unico generico riferimento concreto, consistente nel rafforzamento della previdenza complementare.

Il giudizio non può che essere:

Lotta al gender gap

La proposta fa riferimento a un “piano straordinario per l’occupazione femminile”, proseguendo sulla linea tracciata con la legge sulla parità salariale (L. 162/2021, si veda anche il post sul tema). Opportunamente si segnala che l’approvazione di una norma non basta, poiché, per una sua piena applicazione, è necessario potenziare i meccanismi di trasparenza di premialità per le aziende.
Così ad esempio si prevede di applicare in tutti gli appalti pubblici la clausola di premialità per l’occupazione femminile e giovanile per le imprese che si impegnano a creare lavoro stabile per donne e giovani.

Il Pd, inoltre, propone di approvare una legge sulla co-genitorialità, per introdurre la totale parità nei congedi di maternità e paternità e l’introduzione di un nuovo congedo parentale paritario, da affiancare a strumenti di flessibilità, come part-time e smart working.

Infine, lasciando spesso alla fantasia di ciascuno di noi l’individuazione di come i risultati possano essere ottenuti, il Programma prevede:

– il contrasto alla violenza di genere, evitando l’affidamento dei figli ai genitori violenti e superando definitivamente ogni riferimento all’a-scientifica sindrome di alienazione parentale (Pas);
– la tutela della salute a 360 gradi, anche nelle aree oggi trascurate, a partire dal supporto post-partum e dalla presa in carico delle malattie croniche e invalidanti femminili come endometriosi o vulvodinia;
– il pieno riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, garantendo l’applicazione della legge 194/1978 in ogni sua parte sull’intero territorio nazionale e rafforzando la rete di consultori.

Giudizio: per la clausola di premialità e il congedo parentale paritario, mentre per tutte le altre, in assenza di dettagli pratico-operativi.

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