L’America latina in questo mese di agosto ha dato di che parlare. Dalla crociata di Daniel Ortega in Nicaragua contro il clero critico con il suo regime, passando per le “Olimpiadi della Guerra” promosse dalla Russia in Venezuela, i recenti risvolti del caso Ayotzinapa in Messico con la conferma che organi statali hanno una responsabilità attiva sull’omicidio dei 43 studenti, le prime mosse del nuovo presidente colombiano Gustavo Petro, un Ecuador sempre più in preda alla violenza della criminalità organizzata, una svolta economica a Cuba che apre agli investimenti stranieri (Cuba che ha siglato nei giorni scorsi un accordo per l’invio di medici in Italia suscitando forti critiche), l’accendersi della campagna elettorale in Brasile tra Lula e Bolsonaro (protagonisti di uno storico dibattito televisivo) e l’arrivo del referendum per la nuova costituzione in Cile (il prossimo 4 settembre).
A questo si aggiunge un vero e proprio terremoto che riguarda l’Argentina e nel caso specifico Cristina Fernández de Kirchner, che fu presidentessa della nazione sudamericana per due mandati, dal 2007 al 2015. Oggi Kirchner è vicepresidente dell’Argentina, in carica insieme all’attuale presidente Alberto Fernández dal 10 dicembre 2019, ma la sua continuità nel mondo della politica è messa seriamente in discussione, dopo che il 22 agosto scorso il procuratore federale Diego Luciani ha chiesto per lei ben 12 anni di carcere per corruzione.
Il processo che la vede indagata, chiamato “Vialidad”, tratta di un presunto (enorme) caso di corruzione per l’appalto di un’opera pubblica nella provincia patagonica Santa Cruz (sud dell’Argentina) avvenuto tra il 2003 e il 2015. Cristina Fernández de Kirchner è stata ritenuta dall’accusa come il capo di un’associazione illecita che avrebbe provocato un danno milionario all’erario pubblico in favore dell’imprenditore Lázaro Báez (oggi agli arresti domiciliari) attraverso l’appalto di opere pubbliche a diverse compagnie da lui gestite. Lo scandalo di questa fitta trama che da anni insegue Cristina e la memoria del suo defunto marito (Néstor Kirchner) è conosciuta in Argentina come “La ruta del dinero K”, ovvero la rotta dei soldi K, dove “K” sta per Kirchnerismo.
Il caso, scoppiato nel 2013 grazie al lavoro di giornalismo investigativo portato avanti da Jorge Lanata nel suo programma “Periodismo para Todos” (giornalismo per tutti) ha generato due iter giudiziali. Il primo si è concluso a fine febbraio 2021 con la sentenza n. 2627, espediente 3017/2013/To2, titolata “Báez, Lázaro Antonio y Otros S/Encubrimiento y Otros” che condannava l’imprenditore a 12 anni di carcere, insieme ad altre pene minori per quattro suoi figli, il suo avvocato e il suo contabile tra gli altri. Il secondo è quello per il quale Luciani ha chiesto la condanna della Kirchner a 12 anni oltre all’esclusione a vita da ogni incarico pubblico e la confisca dei suoi beni. “Signor giudice, o è corruzione o è giustizia!” ha tuonato il fiscale federale nella sua arringa dopo giorni di un processo che vide anche a inizio anno la testimonianza inusuale del presidente della repubblica argentina Alberto Fernández.
Il “Lazarogate” così come viene anche chiamato questo scandalo di corruzione, ha scosso e diviso ancora di più il paese sudamericano, in preda a una nuova debacle economica e polarizzato tra un kirchnerismo che stenta a ritrovare i fasti degli anni della marea rosa latinoamericana (il primo decennio del 2000 con Chavéz in Venzuela, Lula in Brasile, Correa in Ecuador, Morales in Bolivia, Mujica in Uruguay…) e una opposizione che scalda già i motori in vista delle prossime elezioni presidenziali previste il 27 ottobre 2023. Cristina Fernández de Kirchner si è però difesa con veemenza, assicurando che questa accusa di corruzione non solo è priva di fondamento ma che si tratta di una persecuzione nei suoi confronti e anche del progetto politico che rappresenta.
“Non mi trova davanti a un tribunale della Costituzione, ma davanti a un plotone di esecuzione mediatico-giudiziario” ha affermato la Kirchner dopo aver ascoltato la richiesta di Luciani, aggiungendo inoltre che è convinta di essere di fronte a una sentenza già scritta. L’ex presidentessa argentina ha però ricevuto l’immediato appoggio dei suoi sostenitori che hanno riempito le piazze e le strade di Buenos Aires e di molti altre città argentine, così come nel resto del mondo dove è presente la diaspora del paese sudamericano.
Ma quale può essere il risvolto di questo processo, che oltre alla Kirchner vede indagati vari ex funzionari del suo governo (13 persone in tutto) per aver “incanalato” contratti milionari riguardanti opere pubbliche inutili, rimaste incomplete e sovrapprezzate? Qui le cose si complicano ma proviamo a mettere ordine.
Innanzitutto Cristina Fernández de Kirchner è protetta dall’immunità costituzionale e questo ne impedisce l’arresto. Questa immunità verrebbe meno nel caso in cui venisse deposta per impeachment, ma per fare ciò è necessaria una votazione nella quale sia due terzi della Camera che due terzi del Senato la ritengano colpevole. Si dovrebbe dunque aspettare la fine della legislatura ma anche in questo caso esistono altri elementi da prendere in considerazione. Se la condanna dovesse arrivare dopo le elezioni del 2023, la Kirchner potrebbe nel frattempo essere stata eletta in un’altra carica, senatrice o deputata per esempio, e questo le garantirebbe di nuovo immunità. Infine, anche se nessuna di queste possibilità si avverasse e la giustizia dovesse fare il suo corso, Cristina Fernández de Kirchner potrebbe comunque non andare in prigione, visto che per le persone di 70 anni i giudici in Argentina posso disporre gli arresti domiciliari: lei li compirà il 19 febbraio 2023.
L’eco di quanto successo in Argentina è arrivato anche nel resto dell’America latina dove i sostenitori del socialismo del secolo XXI parlano di una persecuzione politica che colpisce la Kirchner così come toccato anche a Rafael Correa, a Evo Morales e a Lula. In questo senso Nicolás Maduro avrebbe inviato il 24 agosto (come reso noto da Clarin) una lettera alla Kirchner dichiarando che “il Venezula bolivariano e chavista ti difenderà sempre, compagna”. Maduro parlando di un vero e proprio nuovo “Plan Condor” contro l’ex presidentessa argentina ha scritto: “ammiro profondamente la nobiltà con cui hai affrontato una tale tempesta di insulti lanciati contro di te, degna erede di Juana Azurduy ed Evita. I tuoi nemici sanno benissimo che sei, oggi, la principale sentinella della sovranità argentina e il più fedele custode degli interessi e dei sogni del tuo popolo”.