Mentre prende tempo su eventuali nuove misure contro il caro energia, il governo dimissionario di Mario Draghi è alle prese con una grana finanziaria che, se non risolta, potrebbe esplodere nelle mani del futuro esecutivo. Si tratta del “buco” aperto dal decreto Aiuti bis varato all’inizio di agosto. Il forte rialzo dei prezzi del gas registrato nel frattempo ha fatto saltare tutte le previsioni fatte solo un mese fa: i circa 15 miliardi previsti (di cui 14,3 da maggiori entrate) per finanziare quel provvedimento non bastano più. Tanto che il Servizio bilancio del Senato, nella nota di lettura del decreto, richiama più volte il Tesoro alla necessità di verificare la congruità degli stanziamenti alla luce del nuovo scenario. E in alcuni casi scrive esplicitamente che, con le quotazioni dell’elettricità in Italia salite a livelli mai visti prima, i conti non tornano.
Per il credito di imposta serve almeno il doppio – Partiamo dall’intervento più costoso, il credito di imposta per le spese aggiuntive sostenute per l’energia elettrica e il gas naturale, che ora diverse forze politiche chiedono di raddoppiare. Con l’Aiuti bis il governo ha riconosciuto per il trimestre luglio-settembre a tutti i comparti produttivi uno sgravio pari al 25% dell’extra-costo pagato per il gas naturale, mentre per quanto riguarda l’elettricità il credito è del 15% per la generalità delle aziende e sale al 25% per quelle energivore. Le coperture previste ammontano a 3,3 miliardi, di cui 2 solo per gli energivori. Via XX Settembre ha calcolato quella cifra moltiplicando i consumi trimestrali di elettricità delle imprese per il prezzo unico nazionale (Pun) dell’energia elettrica e i consumi di gas per il prezzo al megawattora. Peccato che il valore medio del Pun per il trimestre sia stato determinato in 237 euro/megawattora, quando il prezzo effettivo a luglio è stato di 441,6 euro medi e ad agosto è salito a 543, e quello del gas in 91 euro/megawattora a fronte di quotazioni effettiva che stando ai dati del Gestore dei mercati energetici hanno toccato i 173,9 euro a luglio e 229,8 ad agosto. “L’importo indicato nella Relazione tecnica parrebbe sottostimato“, annota il Servizio bilancio. “Appare necessario un approfondimento al fine di comprendere come la RT sia giunta ad indicare il predetto valore, senza peraltro fornire ulteriori elementi informativi a supporto”.
Nell’attesa dei chiarimenti si può provare a stimare l’ammanco. Dipende ovviamente da come andranno le cose a settembre, ma se i prezzi resteranno ai livelli attuali a spanne servirà almeno il doppio rispetto alle coperture previste: occorrono 4,5 miliardi solo per gli energivori. Senza contare il fatto che i tecnici contestano anche la quantificazione dei volumi di gas consumati dall’industria nel trimestre, visto che il Tesoro si basa sulla Relazione Arera del 2020 e ipotizza che siano identici a quelli dell’anno caratterizzato dal lockdown.
Previsioni sballate anche sul bonus sociale – Altrettanto sballate sono le previsioni sulla spesa necessaria – 2,4 miliardi complessivi secondo la relazione tecnica – per l’estensione al quarto trimestre del rafforzamento del bonus sociale energia e gas, uno sconto in bolletta per le famiglie in condizioni di disagio economico (Isee sotto i 12mila euro). I tecnici sono tranchant: “La tendenza all’aumento (delle quotazioni dell’elettricità ndr) appena evidenziata non consente di ritenere complessivamente ispirata a criteri di sufficiente prudenzialità l’ipotesi assunta dalla RT, anche alla luce della stagionalità nell’andamento dei prezzi (maggiori nei mesi autunnali e invernali) e ai noti rischi geopolitici di cessazione/contrazione delle forniture di gas dalla Russia”. E ancora: a fronte di Prezzo unico nazionale “prossimo al raddoppio” rispetto a quello dei primo trimestre, “non si può allo stato considerare lo stanziamento ora previsto sufficiente a garantire il medesimo livello di sconto sulle bollette”.
Dubbi sui costi della riduzione Iva e oneri di sistema – Non convince nemmeno la previsione delle coperture necessarie per ridurre al 5% l’Iva e perché l’authority di settore Arera possa mantenere in negativo gli oneri generali di sistema sul gas anche nell’ultimo scorcio dell’anno: per il governo bastano 1,8 miliardi ipotizzando che il prezzo unitario per un metro cubo di gas sia di 0,9 euro. Ma quello “parrebbe costituire il dato “storico” e non il valore previsionale del prezzo unitario nel trimestre considerato, che potrebbe risultare diverso in considerazione del trend al rialzo in atto”. Arera, che di recente ha modificato il metodo di aggiornamento dei prezzi per gli utenti ancora in regime di maggior tutela, annuncerà quello in vigore per ottobre solo alla fine dello stesso mese. Ma già per il terzo trimestre le condizioni fissate dall’autorità prevedevano un costo di 1,14 euro al metro cubo.
Rischio boomerang con lo stop agli aumenti sul mercato libero – Ciliegina sulla torta, un altro extra costo imprevisto potrebbe derivare dall’articolo 3, quello che fino al 30 aprile 2023 impedisce alle imprese fornitrici di energia elettrica e gas naturale di trasferire l’incremento dei prezzi di approvvigionamento agli utenti con contratti sul mercato libero. Misura benvenuta dai consumatori, che rischia però di trasformarsi in un boomerang. Al netto del fatto che le imprese coinvolte hanno scritto alla Commissione europea lamentando che la misura distorce il mercato, il rischio è che diversi operatori vadano gambe all’aria e debbano essere salvati a spese della collettività. “Andrebbe chiarito”, è l’avvertimento dei tecnici, “se tale misura possa determinare possibili alterazioni degli equilibri finanziari delle imprese in esame e, indirettamente, determinare i presupposti per futuri interventi finanziari a carico della finanza pubblica”. Allargando ulteriormente il buco.