Economia

Caro energia, le Confindustrie del Nord: “Extra costi per 40 miliardi, rischiamo la deindustrializzazione”

Per i presidenti delle confederazioni di Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto la situazione ha "caratteri di straordinarietà e urgenza indifferibile, perché è impossibile mantenere la produzione con un tale differenziale di costo rispetto ad altri paesi (Ue e extra Ue) nostri competitor, con l'effetto di colpire non solo le imprese esportatrici dirette, ma anche tutta la filiera"

Gli extra costi causati dall’emergenza energetica ammontano, per le industrie del Nord e Centro Italia, a quasi 40 miliardi di euro. “L’impatto è devastante con il rischio di deindustrializzazione e minaccia alla sicurezza nazionale”, è l’allarme dei presidenti delle Confindustrie di Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto, Annalisa Sassi, Francesco Buzzella, Marco Gay e Enrico Carraro, che hanno incontrato gli assessori allo Sviluppo Economico delle quattro regioni Vincenzo Colla, Guido Guidesi, Andrea Tronzano e Roberto Marcato. “Il tempo è ampiamente scaduto e una decisione in sede Ue non è più differibile”, dicono.

Dal 2019 al 2022 il totale dei costi di elettricità e gas sostenuti dal settore industriale delle quattro regioni ammontava a circa 4,5 miliardi di euro, mentre nel 2022 gli extra-costi raggiungeranno – nell’ipotesi più ottimistica rispetto all’andamento del prezzo – una quota pari a circa 36 miliardi di euro che potrebbe essere addirittura superiore ai 41 miliardi nello scenario di prezzo peggiore. Sassi, Buzzella, Gay e Carraro sottolineano che “le imprese non possono attendere un giorno di più quelle misure necessarie a calmierare i prezzi di gas ed energia elettrica” e “invitano tutte le forze politiche, anche in questa fase di campagna elettorale, a sostenere con decisione l’impegno del governo in carica nella difficile trattativa con gli altri Paesi a livello europeo per l’introduzione di un tetto al prezzo del gas”.

In linea con l’appello del presidente nazionale Carlo Bonomi, i presidenti sottolineano che la situazione ha “caratteri di straordinarietà e urgenza indifferibile, perché è impossibile mantenere la produzione con un tale differenziale di costo rispetto ad altri paesi (Ue e extra Ue) nostri competitor, con l’effetto di colpire non solo le imprese esportatrici dirette, ma anche tutta la filiera produttiva, con un effetto pesantemente negativo sulle piccole e medie imprese intermedie nella filiera. Ulteriore effetto è l’annullamento del rilancio economico post pandemia, in particolare nelle ricadute sui territori che vedono un’erosione drammatica di competitività rispetto ad altri Paesi limitrofi. E’ chiaro ormai che ogni risorsa deve essere destinata prioritariamente a questa emergenza”.

Oltre a chiedere che sia definita subito una programmazione energetica nazionale con interventi e investimenti a medio-lungo termine in grado di assicurare la sicurezza e la sostenibilità della produzione energetica e delle forniture di gas, i quattro presidenti auspicano anche la sospensione del meccanismo europeo che prevede l’obbligo di acquisto di quote ETS a carico delle imprese, la riforma del mercato elettrico e separazione del meccanismo di formazione del prezzo dell’elettricità da quello del gas, misure per il contenimento dei costi delle bollette con risorse nazionali ed europee, la destinazione di una quota nazionale di produzione da fonti rinnovabili a costo amministrato all’industria manifatturiera.

Intanto continuano a chiedere interventi urgenti anche i singoli settori. “Se l’Europa e/o il governo italiano non mettono in campo a strettissimo giro misure volte a bloccare gli aumenti ormai insostenibili di gas ed energia, devono essere consapevoli che tireranno il freno a mano a intere filiere produttive, fra cui quella del legno-arredo, che saranno costrette a fermare la produzione, a mettere i lavoratori in cassa integrazione e a perdere competitività sui mercati”, avverte per esempio Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo che rappresenta una delle filiere più importanti del made in Italy nel mondo. “Nel giro di pochi giorni la situazione è precipitata, i costi per le nostre aziende energivore, ovvero quelle di pannelli che rappresentano il primo anello della filiera, sono ormai fuori controllo ed escludendo di far ricadere tali aumenti sul consumatore finale, i nostri imprenditori non hanno altra scelta se non interrompere le produzioni già dalle prossime settimane e chiedere la cassa integrazione per i propri dipendenti”.