Ora si sono chetati, ma fino a poco fa era tiritera ossessiva. Giornalisti economici, sedicenti consulenti finanziari, pretesi esperti di investimenti, tutti all’unisono irridevano chi teneva parecchia liquidità senza investirla, bollandolo di analfabetismo finanziario e parlando con disprezzo di soldi fermi sul conto. Erano i consigli in mala fede di coloro che raschiano via commissioni piazzando fondi, polizze et similia, mentre restano a bocca asciutta finché i soldi vengono tenuti sul conto oppure – obbrobrio degli obbrobri! – in contanti. Cercavano perciò di fare passare per un povero stupido chi si ostinava a non affidarsi ai “professionisti del risparmio”.

I fatti dimostrano che stupido non era. Ha subito una perdita reale, ma contenuta. Ragionando su un aumento dei prezzi del 5,4% da inizio anno a fine luglio (l’ultimo dato disponibile), il calo in potere d’acquisto è del 5,1%. È invece andata ben peggio a chi diede retta a banche, promotori e alla cosiddetta educazione finanziaria. Lo dimostra l’andamento dei fondi comuni di investimento, il prodotto principe del risparmio gestito.

Fondi comuni

Prendiamo gli indici elaborati dalla Fideuram. Partendo ugualmente da inizio anno, 100 euro in fondi comuni a fine luglio valevano mediamente più solo 92,9 euro in termini nominali e 88,1 euro in potere d’acquisto. Dunque una perdita reale non solo del 5,1 ma dell’11,9 per cento. E anche maggiore, pagando commissioni di sottoscrizione.

Previdenza integrativa

Analogo discorso, ma più complesso per i fondi pensione. Lo svilupperò in altra occasione, rinviando a un quiz (serio) su Google, per ottenere comunque qualche indicazione e qualche dato (scrivendo a scienza@gmx.de si ottiene la risposta giusta, alcune spiegazioni, i risultati del quiz, ecc). Conclusione: era meglio non investire, piuttosto che dare retta alla grancassa del risparmio gestito. A dimostrazione poi che non parlo col senno del poi, si veda il mio post del 19 ottobre 2021. Certo che c’è chi saggiamente aveva preso in tempi non sospetti titoli reali, come i Btp-i o i Btp Italia. Oppure si era assicurato una difesa dall’inflazione coi buoni postali Obiettivo 65. Ma non erano queste le soluzioni consigliate da venditori e giornalisti.

Rifugiarsi nell’oro

Il metallo giallo è apprezzato dalla stessa Banca d’Italia per il “presidio che […] garantisce nei confronti di aumenti eccessivi dell’inflazione, in quanto tende a preservare il proprio valore nel tempo”. Anche qui però non andiamo granché bene. La sua quotazione ufficiale, che è in dollari, è inferiore rispetto a inizio anno, malgrado l’impennata dell’inflazione anche negli Stati Uniti: rispetto a 1.804 dollari l’oncia ora vale circa 1.750. Per chi ragiona in euro la situazione è diversa, perché è salito il dollaro. Il che ci porterebbe al grande casinò mondiale delle valute e da fine 2021 alcune sono salite e altre scese. Ma questo è un altro discorso.

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