di Margherita Zappatore
In politica, lo sappiamo e lo vediamo ogni giorno, tutto è concesso e i leader si barcamenano facendo a gara a chi la spara più grossa e a chi partorisce l’insulto più divertente contro gli avversari.
Non ci sorprendiamo, quindi, se vediamo decine di persone sputare veleno contro il primo malcapitato sui social, perché questa è la conseguenza diretta di un modo di fare politica che ha lasciato indietro i confronti sui temi e ha abbracciato la ricerca smodata del consenso e del like a tutti i costi, sacrificando il contenuto per la forma. Non c’è più l’uso delle provocazioni taglienti per veicolare un messaggio e accendere un faro su un tema, ma sono ormai fine a stesse. Ed è così che pian piano la politica è diventata autoreferenziale, parlando sempre più a se stessa e sempre meno ai cittadini.
Eppure basterebbe che i partiti facessero una cosa semplice per battere l’avversario: confrontarsi sui programmi. Perché i programmi non sono “tutti uguali”, basta leggerli. Basterebbe chiedere a chi ha ricoperto cariche istituzionali cosa ha prodotto di concreto negli anni per il Paese intero e per il proprio territorio, perché non bastano due post su Facebook per potersi arrogare il diritto di definirsi laboriosi e attivi. Basterebbe, poi, se si è sicuri della bontà delle proprie proposte, spiegare le misure che si sono attuate e quelle che si vogliono attuare e farlo con dovizia di particolari, anche spiegandone le conseguenze e le implicazioni, e non solo urlando degli slogan.
Perché altrimenti, alla fine dei conti, ci ritroviamo a sentire le solite proposte sul ponte sullo Stretto di Messina dopo trent’anni, quando per andare in treno da Trapani a Ragusa, per soli 300 chilometri, ci vogliono 13 ore. Oppure dell’aumento delle pensioni minime a mille euro, come annunciato nel 2014. Ancora, del nucleare pulito di quarta generazione che, secondo gli esperti, ad oggi non esiste e ci vogliono altri vent’anni per la sua messa in opera.
Non è impossibile cambiare questo modo di fare politica ma un simile cambiamento deve avvenire prima di tutto a livello culturale. Finché i cittadini e gli elettori non pretenderanno contenuti e sostanza ma si accontenteranno di slogan e insulti, la politica continuerà a sguazzare nel qualunquismo.