di Alessio Andreoli
Sono un elettore, non più un virgulto ma neanche decrepito. Certo ho vissuto da giovane gli “anni d’oro” della politica quando esisteva il Psi, il Partito Repubblicano, il partito Liberale, il Pci, la Dc, il Msi. Quando nei bar sentivo discutere gli appellativi, finite le argomentazioni erano: taci che sei un comunista mangiapreti (Pci), taci che sei un bigotto clericale (Dc), taci che sei un balilla nostalgico (Msi). Questi ultimi non erano molti ma si facevano sentire e questi erano gli unici attacchi personali che mi capitava di ascoltare. La percezione che avevo dei sostenitori degli altri partiti era che fossero una costola di uno o più dei partiti maggiori.
Anche le categorie sociali erano molto ben distinte, almeno nel paese dove abitavo io. C’erano i poveri, veramente poveri senza un quattrino, e li riconoscevi perché andavano in campagna a cercare legna per l’inverno, a raccogliere i “panucin” (le pannocchie cadute per terra e abbandonate dal contadino) per alimentare qualche gallina magari “presa in prestito” dal vicino. C’era il ceto medio, la borghesia, li riconoscevi perché avevano la lambretta o un motorino e una volta ogni due-tre anni si compravano da vestire, il sabato andavano in macelleria a comprare il manzo per fare il brodo buono la domenica e prendevano un taglio di carne poco costoso – quello migliore era riservato al medico condotto o al sacerdote.
E c’erano i ricchi: beh questi si riconoscevano subito, nonostante a quei tempi pochi amassero la spudoratezza dell’ostentazione. Era tutto molto chiaro, i pensieri, le posizioni, gli ideali. Ecco questo era l’ambiente in cui sono cresciuto e mi sono formato come elettore, poi lentamente, gradualmente, impercettibilmente il tutto si è trasformato, è progressivamente evoluto in quello che abbiamo visto negli ultimi decenni e che vedo oggi a pochi giorni dalle elezioni.
Ho voluto fare questa lunga introduzione per confessare il mio attuale disorientamento. Leggo i programmi politici e li trovo davvero disarmanti. Capisco e so che quando ci si rivolge a milioni di persone, in un quadro generale così complesso, per farsi comprendere è necessario usare poche parole, essere concisi, esprimere concetti generali, ma è altresì vero che l’estrema complessità della situazione geopolitica, energetica e climatica richiede posizioni molto più articolate di quanto vediamo oggi. Ci viene prospettato il paese dei balocchi quando c’è una guerra in corso, un’emergenza climatica, la povertà che avanza, il business che guida e regola non solo i mercati ma i governi e i singoli parlamentari che oramai sono attenti solo al proprio interesse (non tutti, ovviamente, ma sicuramente troppi).
Qual è la visione del futuro e attraverso quali azioni intendiamo arrivarci? Che mondo vogliamo per le generazioni future? Ci vengono promesse un sacco di cose ma nessuno ci chiede a cosa siamo disposti a rinunciare, non viene chiesto perché chi lo fa è destinato a perdere voti e proprio questa è la chiave di tutto. Sì è proprio così, nessuno di noi è disponibile a rinunciare a niente, nemmeno a un po’ di superfluo.
Io non voglio più sentire slogan o promesse irrealizzabili. Io voglio che mi venga detto come stanno veramente le cose, voglio che si investa tanto, ma proprio tanto, nella scuola pubblica e nell’istruzione per avere generazioni future pronte alle nuove sfide, voglio che si investa nella sanità in modo serio e che finisca la presa in giro sulla bontà delle sanità regionali. E sono altresì convinto che come me ce ne siano tanti e tutti come me disponibili a rinunciare a qualche cosa per il bene di questo paese (magari molti di quelli che non votano la pensano un po’ come me).
Perciò, cari parlamentari, abbiate il coraggio di sfidarci sul piano della verità e della trasparenza, abbiate il coraggio e la dignità di rischiare, chissà magari il popolo potrebbe stupirvi.