di Matteo Bersani
Il 21 luglio, il giorno in cui il presidente della Repubblica ha decretato lo scioglimento delle Camere, si è concretizzato lo scenario più temuto dalla sinistra: il voto. Proprio quel voto che si era riusciti ad evitare a seguito della caduta del governo Conte I grazie all’asse Renzi-Grillo. Le condizioni della sinistra rispetto ad allora sono rimaste perlopiù invariate, quindi in netto svantaggio rispetto ai propri avversari.
È proprio per questo che il 21 luglio dinanzi ai leader della sinistra si è presentato un problema intricatissimo: come si possono recuperare i consensi perduti per riuscire in qualche modo a contrastare questa destra sovranista? Colui che ha trovato una geniale soluzione a questo interrogativo è stato proprio il segretario del Pd. Enrico Letta infatti, quando ha constatato che la sinistra non avrebbe avuto alcuna possibilità di tenere testa a questa destra, ha avuto la straordinaria intuizione di far diventare destra anche la sinistra. Quindi, a partire dal 21 luglio, il Pd ha scelto di non avere più niente a che fare con Giuseppe Conte e il M5s, aprendo le braccia della coalizione a Carlo Calenda.
Dopo qualche giorno di riflessione, però, Letta evidentemente si è reso conto che la sua geniale strategia di cancellazione della sinistra non avrebbe portato alcun giovamento ai consensi del suo partito, quindi ha cambiato nuovamente la sua strategia e questa volta si è alleato con la sinistra radicale (spezzando di fatto l’alleanza stipulata con Calenda).
A questo punto mi domando: perché Letta, quando si è ricordato di essere di sinistra, non ha riaperto la trattativa con il M5s? Quest’alleanza di sinistra (il campo progressista) avrebbe costituito un’alternativa convincente e avrebbe favorito una polarizzazione certamente utile, specialmente alla luce della legge elettorale. A destra le forze politiche continuano ad allearsi tranquillamente includendo nella coalizione sia coloro che facevano parte della maggioranza (Lega e FI) sia coloro che erano all’opposizione (FdI). Perché a sinistra non può funzionare allo stesso modo? Perché il Pd ha scelto di continuare a mettere veti sul M5s pur sapendo che in questo modo avrebbe favorito la destra?
La conseguenza di tutto ciò è che alle elezioni troveremo sulla scheda elettorale i simboli di due partiti (Pd e M5s) con programmi estremamente affini e compatibili che, nonostante questo, rifiutano di dialogare tra loro. E la cosa ancora peggiore è che la destra, grazie all’eccezionale gestione delle alleanze del Pd, ha la possibilità di raggiungere addirittura i 2/3 dei consensi necessari per cambiare la Costituzione senza passare per il referendum.
A questo punto, considerato il suicidio politico della sinistra, mi pongo un solo interrogativo: quand’è l’ultima volta che Enrico Letta ha incontrato suo zio Gianni?