Nel distretto conciario vicentino la campagna elettorale è un odioso contrattempo. Perché è un anno che i costi sono in aumento e l’impennata dell’energia può condannare definitivamente una realtà che conta più di 800 aziende, oltre 13mila addetti e 3 miliardi di euro l’anno, quasi un punto di Pil. “Non possiamo attendere l’esito del voto, lo Stato deve muoversi perché è già tardi”, avverte Paolo De Marzi, amministratore di Euroconciaria ad Arzignano. Nel suo bilancio l’energia che due anni fa valeva il 5 per cento dei costi è aumentata di dieci volte. “Stamattina sono tornato in azienda e ho cominciato a chiamare i clienti: aspettate a mandarmi altre pelli, gli ho detto”. Perché prima deve aggiornare il listino e aumentare i prezzi almeno del 50 per cento: “Se la clientela non accetta meglio chiudere e mandare tutti in cassa integrazione”. Lo stesso ragionamento fa Marco Blasio, responsabile di Conceria Tris Spa a Lonigo, 64 dipendenti sempre in provincia di Vicenza. “I soli rincari maturati mentre ero in ferie mi costringono ad rivedere i prezzi del 10 per cento. Ho già ridotto la produzione per il caro energia e ci prepariamo a ridurla ancora, rifiutare gli ordini e aumentare i giorni di cassa integrazione”. Ma il distretto locale della concia vale il 13 per cento del settore a livello mondiale e fermarsi troppo a lungo è un azzardo: “Bastano pochi mesi e verremo mangiati da cinesi, indiani e sudamericani”, assicura De Marzi. “Forse per la prima volta – ammette Blasio – vedo tutti gli ingredienti della tempesta perfetta”.
Il distretto, una trentina di comuni tra le province di Vicenza e Verona, è leader a livello mondiale, una forza. Tanto da diventare tappa obbligata anche per la campagna elettorale del leader del Pd, Enrico Letta, che proprio nel vicentino è candidato e da alcuni giorni batte il territorio. A incontrarlo c’era anche De Marzi, consigliere del Distretto Veneto della Pelle e presidente Chimica e Concia di API Industria Confimi per la provincia di Vicenza. “Gli abbiamo detto che il contributo del 25 per cento dello Stato per il caro energia va almeno raddoppiato, meglio se arriva al 60 per cento ed è retroattivo. E non parliamo di risolvere il problema, ma appena di tamponare un’emorragia già in atto”, spiega. “Gli imprenditori non perdoneranno mai chi ha fatto cadere il governo Draghi nel bel mezzo della tempesta, perché mai come ora abbiamo bisogno di un esecutivo con pieni poteri, titolato a fare debito per scongiurare il disastro”, aggiunge. “Invece ci tocca assistere alla campagna elettorale dove col debito si vogliono finanziare promesse elettorali irrealistiche: piacerebbe anche a me la flat tax, come no, ma se le aziende dobbiamo chiuderle cosa me ne faccio?”. Più pesante dei bilanci che attendono le aziende è quello che De Marzi fa della politica: “Manca totalmente di progettualità, così ci accorgiamo dei problemi quando siamo già a terra: sappiamo da aprile quale autunno ci aspetta, e fanno cadere il governo…”.
Ma nel distretto nessuno può permettersi di aspettare i tempi della politica, tantomeno se sono quelli di un governo ancora da insediare, quale che sia. Ragionare di mesi con questi imprenditori è come parlare di ere geologiche: c’è il rischio che qualcuno si sia già estinto. Agli attuali prezzi raggiunti da gas ed elettricità la filiera conciaria è già in ginocchio. Talmente semplice fare i conti che il risultato suona disarmante: “Il 70 per cento del mio consumo energetico è gas, ne utilizziamo 100 mila metri cubi (mc) al mese”, spiega De Marzi. “Nell’anno termico 2020-2021 (da ottobre a settembre, ndr), il prezzo medio è stato di 0,26 euro al mc. Da ottobre dell’anno scorso invece la media è 2,47 euro al mc, dieci volte tanto”. Ecco perché la sua spesa energetica mensile è passata da 70 mila euro a più di 400 mila euro: “Con un fatturato mensile di 700 mila euro non è che hai molta scelta”. Con il gas che ha già toccato i 300 euro a megawattora (Mwh), 3,2 euro a mc per intenderci, c’è il rischio di farsi male sul serio. “Domani vedo il mio direttore commerciale e inizieremo a rifiutare gli ordini, perché se i clienti non ce li pagano almeno il 15 per cento in più non ce la si fa, e vi parlo di andare in pari, mica di guadagno”, taglia corto Blasio. La sua è una conceria a ciclo completo: le pelli grezze, comprate dai macelli di carne ad esclusivo uso alimentare che altrimenti dovrebbero smaltirle, vengono conciate, colorate, trasformate e vendute alle firme che ne fanno scarpe, divani, borse, interni per auto e quant’altro. Per scaldare l’acqua che serve a conciarle servono caldaie che vanno a gas.
“Il 50 per cento dei costi era materia, l’altro 50 il processo dove il 20 per cento sono salari e il restante 30 sono prodotti chimici, le tinture. Ecco, a partire dall’anno scorso quel 30 per cento è raddoppiato”, ricostruisce Blasio. “Paradossalmente – fa notare alla luce del caro energia – l’unica cosa non aumentata è il salario dei dipendenti”. Quelli che lavorano con lui, da febbraio hanno un giorno a settimana di cassa integrazione proprio per il caro energia. “Abbiamo cercato di concentrare la produzione in quattro giorni anziché cinque, partendo alle cinque del mattino perché nelle prime due ore siamo in fascia due e l’energia costa un po’ meno”, spiega. Ma adesso le cose cambiano. De Marzi di dipendenti ne ha cento: “Se la stanno facendo sotto, alcuni hanno rinunciato alle ferie per mettere da parte un po’ di liquidità in più per affrontare le bollette, altri mi hanno raccontato di aver rinunciato a cambiare la macchina”. Blasio, in estrema sintesi, descrive già una casa che brucia: “Non tutti i clienti accetteranno gli aumenti che imporremo per scaricare il costo del gas, così ad andar bene dovrò produrre ancora meno e se nemmeno quello basta ti fermi e metti tutti in cassa integrazione”. Di più: “Se poi negli ultimi anni hai approfittato degli incentivi statali e investito finanziandoti a tasso variabile, con i tassi di interesse attuali ci sta che tu sia già un morto che cammina”. Per questo, riferisce, “i gestori dell’energia stanno già chiedendo il pagamento anticipato delle bollette a molte aziende, perché non si fidano”. E chiude: “Sento parlare di riunione di governo tra due settimane. Forse a qualcuno non è chiaro cosa attende il Paese: nuovo debito per finanziare bollette e cassa integrazione con i tassi in crescita, mentre produzione e consumi in calo ridurranno le entrate: è la tempesta perfetta, stavolta non mi so immaginare come potranno raddrizzare la barca”.