“Il Pd è messo male, non c’è più ed è un disastro epocale”. Il filosofo bolognese Stefano Bonaga usa queste parole per commentare il momento che sta vivendo il partito guidato da Enrico Letta. Quando manca poco meno di un mese alle elezioni, Bonaga ripesca una sua metafora che in passato aveva scatenato “l’entusiasmo di Prodi”: “sembra un club di tassisti senza taxi perché parlano tra di loro di pistoni e motori ma quando arriva qualcuno che chiede di farsi portare in aeroporto, gli rispondono che loro in realtà non possiedono un taxi”.
Sotto le Due Torri, tra i militanti Dem, serpeggia ancora del malumore per la scelta della candidatura di Casini. “Un sintomo della non identificazione della base del PD con un vecchio democristiano che è stato alleato per anni e anni con Berlusconi – spiega il filosofo – e del fatto che a nessuno piacciono le cose imposte dall’alto se non si è d’accordo prima”.
Il partito, secondo Bonaga, coincide con “la reazione ai tweet quotidiani del segretario. Si sa cosa pensa il partito su Renzi, Calenda o sui M5s dai tweet di Letta, che si sarà confrontato con qualche amico, ma che non ha niente a che vedere con un processo di formazione dell’opinione e della progettualità che deve appartenere a una grande massa di cittadini”. Su che cosa dovrebbe puntare in questa campagna elettorale? “Non serve dire che la Meloni è fascista o che deve togliere la fiamma dal simbolo: sono cose irrilevanti – commenta Bonaga – se fossi nel Pd direi: vi fidate che vada a trattare 200 miliardi di euro un gruppo che ha votato contro quelli che li devono elargire e contro il Recovery Fund?”. Per contrastare la destra, alla luce dei sondaggi, “non si capisce come si possa fare senza l’alleanza con quello che rimane del M5S che sembrerebbe attestarsi sul 10 per cento. Ma bisognerà vedere anche la protesta della sinistra che voterà il M5S come rifiuto della linea di moderazione del partito e magari anche perché c’è Casini”.