Il giudice per le indagini preliminari di Venezia ha stabilito che deve proseguire l'inchiesta sulla morte dell'agente di polizia penitenziaria, ferita con un colpo di pistola nel 2016 e morta dopo tre anni di coma
Le indagini sulla morte di Sissy Trovato Mazza devono continuare. Lo ha stabilito il giudice delle indagini preliminari di Venezia, respingendo per la terza volta la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero. Rimangono ancora da chiarire le circostanze in cui Mazza è stata ferita: il suo corpo, con un colpo di pistola in testa, venne ritrovato nell’ascensore dell’ospedale civile di Venezia, dove si trovava in servizio esterno per controllare le condizioni di una detenuta che aveva partorito da poco. Tre anni in coma, poi la morte nel gennaio 2019 a ventotto anni. E da allora l’inchiesta, che ha sempre oscillato tra due ipotesi: suicidio o tentato omicidio.
La prima richiesta di archiviazione, presentata dalla pm Elisbetta Spigarelli, fu respinta. A pesare sulla decisione del giudice arrivò l’opposizione della famiglia e dei suoi legali, che da subito hanno messo in evidenza i punti non chiari della vicenda. Fabio Anselmo, all’epoca avvocato dei familiari, aveva riassunto in ventiquattro pagine i dubbi sulle circostanze della morte. Tra i riscontri tecnici alla base dell’opposizione alla precedente richiesta di archiviazione, l’assenza di sangue sulla parte finale della canna della pistola. Tracce di sangue che, invece, sono “sempre presenti” quando viene esploso “un colpo a contatto con la cute”.
Nel 2019 venne contestata anche anche la mancata verifica di eventuale presenza di dna sull’arma. Un altro elemento che in passato ha pesato sulla decisione di respingimento della richiesta di archiviazione fu la denuncia presentata nell’agosto 2016 sulla presunta circolazione di stupefacenti tra i detenuti del carcere della Giudecca, dove Mazza era in servizio. A tre anni dalla morte, secondo il gip di Venezia, i nodi non sono stati sciolti ed è ancora necessario approfondire e chiarire cosa accadde l’1 novembre 2016 all’interno dell’ascensore dell’ospedale Santissimi Giovanni e Paolo a Venezia. “Esprimo soddisfazione per il provvedimento che ha accolto l’opposizione alla richiesta di archiviazione – ha commentato l’attuale legale dei familiari, Eugenio Pini – Confido che questo provvedimento possa incentivare il raggiungimento della verità”.