“Mentre interpretavo questo personaggio non ho mai pensato a quale genere appartenesse o alla sua sessualità. Non c'è bisogno di essere una direttrice di una delle orchestre più grandi del mondo per sperimentare l'abuso di potere”, ha spiegato l'attrice in concorso con TAR alla mostra del cinema di Venezia
“Le molestie non sono questione di genere”. Cate Blanchett è lapidaria. Protagonista del film TAR (leggi la recensione), in Concorso per il Leone d’Oro di Venezia 2022, l’attrice australiana, due anni fa presidente di giuria proprio al Lido, spiega cosa pensa del personaggio controverso, dispotico e inquieto che interpreta nel bel film di Todd Field. Lydia Tar è una direttrice d’orchestra di fama mondiale, che fa coppia tra Berlino e New York con la sua primo violino (Nina Hoss) accudendo da “papà” una figlia adottata. Allo stesso tempo esercita il proprio potere professionale su uomini e molte donne, mescolando anche il ricatto del desiderio sessuale (nel film però la questione aleggia come un mistero incombente) proprio con giovani musiciste. “Mentre interpretavo questo personaggio non ho mai pensato a quale genere appartenesse o alla sua sessualità. Non c’è bisogno di essere una direttrice di una delle orchestre più grandi del mondo per sperimentare l’abuso di potere”, ha spiegato l’interprete di un altro film con una relazione lesbica, Carol. “Sapevo che Lydia era un personaggio complesso. È TAR è un film sulla sua trasformazione. Lydia è un insieme di contraddizioni e provocazioni. Sbaglia, è enigmatica, si reinventa continuamente attraverso la musica. Sono stata attratta dal suo disfarsi – ha proseguito – ma questa è una storia su un essere umano, sulla sua condizione esistenziale dove scattano dinamiche di potere, ma non sul fatto che sia donna”.