Bruxelles chiede ai cittadini europei di risparmiare il 15% sulla bolletta, ma si permette il lusso di pagarne tre, spendendo ogni anno la bellezza di 17,5 milioni di euro per riscaldare e illuminare le sedi di Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo. Uno spreco di cui si dibatte da 70 anni perché a nulla sono valsi i tentativi di convincere Francia e Lussemburgo a rinunciare al prestigio, al potere e al business degli eurodeputati in trasferta che gonfiano i costi di trasporto degli eletti fino a 28,5 milioni di euro l’anno, più tutto quello che inquinano. La questione salta fuori ogni volta che un vento di crisi soffia nell’emiciclo. Così succede che, mentre quello di Bruxelles è sferzato da appassionati interventi su come contrastare l’escalation dei prezzi dell’energia, qualche inossidabile amante della logica, dell’equità e del buon esempio alzi il ditino e chieda: scusate, ma perché diavolo paghiamo ancora la bolletta tre volte?
A offrire il destro è stato l’annuncio d’agosto di una nobile rinuncia da parte del Parlamento Europeo a spendere 6,7 milioni di euro per 14 progetti di ristrutturazione degli uffici, inclusi nuovi tappeti e bar, per coprire il “drastico aumento” dei prezzi dell’energia. Il 19 agosto la commissione per i bilanci del Parlamento aveva approvato lo storno dal bilancio della direzione infrastruttura e logistica di quelle opere. Le ristrutturazioni sospese, racconta Politico.com, prevedevano un nuovo sistema di aria condizionata, 250mila euro di nuovi tappeti e 400mila di illuminazione per il museo della “Casa europea”. Più il rifacimento di una sala stampa da 1 milione a Bruxelles. Sono stati sospesi i lavori di reimpianto e abbellimento per 1,4 milioni nonché la realizzazione di una nuova terrazza con bar da 500mila euro a Strasburgo. Tutti ad applaudire, o quasi.
Perché eletti e addetti all’Europarlamento sanno benissimo che sono briciole in un bilancio monstre da due miliardi di euro l’anno, in cui proprio la trinità degli uffici comporta i maggiori sprechi: solo i consumi energetici dei tre palazzi nel 2021 sono costati 17,5 milioni di euro (due in più rispetto al 2019), 16 milioni la sorveglianza e sicurezza, 67 la spesa per manutenzione, pulizia etc. Per altro da anni si cerca di calcolare il potenziale risparmio da accorpamento. Secondo la Corte dei conti europea, i costi della “dispersione geografica ammontano” già nel 2014 erano pari a 114 milioni di euro l’anno. L’anno prima una relazione Fox-Hafner li fissava tra i 156 e 204 milioni, ovvero un importo equivalente a circa al 10% del bilancio annuale del Parlamento. Sempre secondo la relazione del Parlamento europeo stesso, il 78% di tutte le missioni del personale del Parlamento avvengono per spostarsi fra le sue tre sedi. Oltre a un costo economico c’è anche un costo ambientale, visto che lo spostamento da Bruxelles a Strasburgo pesa dalle 11mila alle 19mila tonnellate di CO2 di emissioni. Per finire, la Corte dei Conti europea ha calcolato che il valore netto dei risparmi, nell’arco di un periodo di 50 anni, sarebbe di oltre 3 miliardi di euro.
Ecco perché non è demagogico il tentativo di qualche eurodeputato di rilanciato il tema della riduzione delle sedi al posto di limature che nulla cambiano. Il tedesco dei Verdi Daniel Freund ha insisto sul fatto che “sospendere il costoso pendolarismo verso Strasburgo sia la scelta più semplice e ovvia per ridurre i crescenti costi dell’energia. È difficile giustificare ai cittadini europei perché il Parlamento dovrebbe riscaldare due complessi edilizi e migliaia di persone stanno guidando verso Strasburgo, mentre tutta l’Europa viene esortato a risparmiare energia”. Ma subito si alza un deputato francese, in questo caso Pierre Karleskind, del gruppo Renew Europe, ha dire a Politico.com che “l’unica sede legittima del Parlamento è Strasburgo”. Così Mario Furore, europarlamentare del Movimento 5 Stelle: “L’atteggiamento dell’Ue è ipocrita. Da una parte chiede ai propri cittadini di ridurre i consumi del 15%, dall’altra tiene in vita doppie e triple sedi, monumento dello spreco energetico. Serve coerenza e chiudere la sede di Strasburgo restituirebbe credibilità alle Istituzioni europee”.
Per altro c’è la prova provata che sì, si-può-fare, anche se con il veto della Francia è difficile modificare i Trattati. Chiudere una delle due sedi non comporta la caduta di meteoriti, scioglimenti di ghiacciai o perdita di democrazia. A marzo 2020, piena emergenza covid, ad esempio, l’ex presidente del Parlamento David Sassoli annullò le sessioni parlamentari a Strasburgo dopo che le autorità francesi avevano designato l’area una zona rossa per il coronavirus. I funzionari francesi hanno ripetutamente espresso frustrazione per la decisione e alla fine i deputati hanno ripreso le sessioni parlamentari a Strasburgo nel dicembre 2020. Due anni dopo nulla è cambiato, salvo la bolletta che è salita da 16,1 a 17,5 milioni di euro.