Qualche colpo a sorpresa e un paio di cessioni illustri. Gli investimenti, pochi, calibrati col contagocce. Tanti prestiti e “pagherò”, probabilmente ancora troppi movimenti inutili. E una regola ferrea, per provare a salvare i bilanci già disperati: non spendere un euro in più di quelli incassati. Potrebbe sintetizzarsi così il calciomercato dell’estate 2022 appena concluso. Una sessione frenetica, che ha riportato in Serie A Romelu Lukaku e Paul Pogba, visto l’arrivo di De Ketelaere e i cambi di maglia di Bremer e Dybala. Ha appassionato i tifosi, probabilmente ha anche rinforzato le big ma non ha guarito il campionato da tutti i suoi mali.
C’è una cifra da cui deve partire ogni bilancio dell’ultimo calciomercato: 749 milioni di euro. È il totale di soldi speso dai 20 club di Serie A, secondo i dati raccolti dal portale Transfermarkt: sembra una somma enorme, e per certi versi lo è pure, ma fa il paio con quella esattamente speculare (746 milioni) incassata nella stessa sessione. Non è un caso: è la dimostrazione che la nostra povera Serie A non ha più un centesimo, e i direttori sportivi sono costretti ad arrangiarsi come possono, tra idee fantasiose e acrobazie finanziarie.
Entrando nel dettaglio, la regina del mercato, la squadra che ha speso di più in termini assoluti, è stata ancora una volta la Juventus. Ma il mercato faraonico con cui Arrivabene ha rivoluzionato la rosa di Allegri (Pogba, Di Maria, Paredes, Bremer, Kostic, Milik) è stato possibile solo grazie alla cessione di De Ligt che ha portato in cassa quasi la totalità della liquidità spesa. Semmai, il vero investimento oneroso era stato l’acquisto di Vlahovic nella scorsa sessione invernale, pure quello però in parte finanziato dalla vendita di Kulusevski e Bentancour. Funziona così ormai: bisogna provare a rinforzarsi sempre tenendo d’occhio il bilancio. E se l’Inter è riuscita a scongiurare addii pesanti al prezzo di quasi non fare mercato (è arrivato praticamente solo Lukaku grazie a un’occasione irripetibile), anche Milan e Roma che in questo momento sono le due proprietà forse più solide hanno dovuto tenere a freno le ambizioni: i rossoneri che sono la squadra col saldo negativo più alto (-35 milioni) senza vendere nessuno hanno puntato tutto sul giovane De Ketelaere optando per soluzioni low-cost in altri ruoli scoperti; i giallorossi, autori di una campagna sontuosa con gli arrivi di Dybala e quello più sfortunato di Wijnaldum, hanno comunque preso quasi solo parametri zero (e segnando addirittura un +40 di attivo).
Comprare senza spendere è il miracolo chiesto a tanti direttori sportivi nel calcio in crisi dopo il Covid. Una via sono appunto i calciatori in scadenza. L’altra i tanti, tantissimi prestiti di cui si abusa sempre di più. Spesso con riscatti obbligati, che nel gergo del calciomercato equivale banalmente a un “pagherò”: da Asllani e Bellanova dell’Inter a Paredes della Juve, fino a Simeone al Napoli e mezza squadra del Monza, sono tutti acquisti già concretizzati che verranno pagati solo l’anno prossimo. Significa che tanti club hanno ipotecato anche il bilancio della prossima stagione, per quasi un centinaio di milioni complessivamente. Ma anche in questo non c’è nulla di nuovo sotto il sole, già il precedente mercato era stato condotto quasi interamente così: basti pensare che nel conto finale di questa sessione rientrano i 23 milioni di Correa, passato all’Inter la scorsa estate, oppure i 40 milioni di Chiesa, che gioca alla Juventus addirittura da due campionati.
Non è per altro una tendenza che riguarda solo il calcio italiano: se allarghiamo lo sguardo all’estero, si nota che praticamente tutti i campionati europei a questo giro hanno chiuso la sessione con un saldo vicino al pareggio, se non proprio in attivo. Meno 52 milioni la Liga spagnola, -3 la Serie A, + 40 Bundesliga e Ligue 1, Olanda e Portogallo sono addirittura vicini al +200. L’unica eccezione è la Premier League, che ha speso quest’estate oltre 2 miliardi di euro e chiuso con un passivo di 1,3 miliardi: ma loro viaggiano ormai su un universo parallelo, se lo possono permettere.
C’è una differenza però fra l’Italia e gli altri campionati europei, e ancora una volta non è particolarmente lusinghiera: pur avendo chiuso come tutti in pari, la Serie A ha comunque mosso un giro d’affari enorme, superiore di oltre un terzo a quello di Spagna, Germania e Francia (750 milioni a fronte di una media intorno ai 500). Vuol dire che continuiamo a movimentare tanti giocatori, probabilmente troppi. Per mancanza di idee, per necessità o proprio per disperazione. Perché a volte questo frenetico e controproducente andirivieni di figurine, poste in bilancio che entrano, escono e si compensano, resta l’unico modo per tenere in piedi la baracca. Almeno dopo gli scandali recenti sembra essersi sgonfiato il fenomeno delle plusvalenze fittizie. Il calcio italiano un po’ ha imparato la lezione, non del tutto ancora.