Una tecnologia per produrre ossigeno su Marte: è l’esperimento Moxie – Mars Oxygen In-Situ Resource Utilization Experimen – della Nasa. Si tratta della prima parte di un tentativo di creare condizioni che permetterebbero anche missioni umane sul Pianeta Rosso. Nel febbraio 2021 è iniziata la sperimentazione, i cui risultati sono stati pubblicati su Science Advances. Il Moxie è stato messo a bordo del rover Perseverance: si tratta di un apparecchio grande quanto una batteria per automobili. Avviato sette volte, ciascuna per alcune ore, ogni sessanta minuti è stato in grado di produrre sei grammi di ossigeno. Quanto, appunto, un albero sul nostro pianeta. L’esperimento è andato a buon termine sia di giorno, sia di notte e in ogni stagione dell’anno.

“Questa è la prima dimostrazione dell’effettivo utilizzo delle risorse sulla superficie di un altro corpo planetario e della loro trasformazione chimica in qualcosa che potrebbe essere utile per una missione umana“, spiega Jeffrey Hoffman del Massachusetts Institute of Technology e vice responsabile del progetto. Moxie funziona come un grande filtro: cattura l’aria presente su Marte, la purifica eliminando tutti gli agenti contaminanti e dopo averla pressurizzata si passa al secondo step. L’aria passa attraverso Soxe (Solid OXide Electrolyzer), uno strumento che scinde l’anidride carbonica in ioni di ossigeno, che poi vengono ricombinati per formare ossigeno respirabile, e monossido di carbonio. Una volta terminato il processo, Moxie controlla la purezza e la quantità dell’ossigeno sintetizzato e lo rilascia nell’aria.

In futuro è possibile che venga mandata su Marte una versione più grande di Moxie, in grado quindi di produrre più ossigeno e per più tempo, senza interruzioni, come una piccola foresta di alberi sulla Terra. Ciò permetterebbe agli astronauti di raggiungere il Pianeta Rosso e di essere in grado di ritornare sul nostro pianeta, facendo decollare un razzo alimentato dall’ossigeno artificiale.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Successivo

Coronavirus, scoperto possibile legame tra Covid e stanchezza cronica. La ricerca di due istituti tedeschi

next