“Sono in silenzio stampa fino al 7 settembre, quando avrò un incontro con Giovanni Malagò”. L’avvocatessa Norma Gimondi, figlia di Felice, l’ex campione del pedale, dal suo studio di Bergamo non commenta la bufera che si è abbattuta sulla Federciclismo a causa di una provvigione da 106mila euro destinata a una società irlandese. Sono trascorsi alcuni giorni da quando ha lasciato in lacrime la sala dove si teneva il consiglio federale, dopo aver subito le offese di un altro consigliere. Per questo la vicepresidente si è dimessa ed è intenzionata a riferite al responsabile dello sport italiano tutto quello che sa su una vicenda al momento ancora opaca, ma che si è già trasformata in un esposto arrivato ad alcune Procure italiane (Milano, Padova, Vicenza e Roma). Una storia di soldi e sospetti, di sponsor e verbali imprecisi, di accuse e ripicche.

Il cuore di questo polverone è la pubblica smentita della Gimondi, con richiesta di chiarimenti al presidente, l’imprenditore milanese Cordiano Dagnoni. Intervenendo alla riunione, il 29 agosto, ha detto: “Vorrei che fosse chiaro e verbalizzato che io non ho mai né discusso, né deliberato nel Consiglio del 18 giugno di dare al presidente il potere di firmare un contratto con questa società irlandese, di erogare a questa società 106mila euro per quei cinque contratti. Io voglio che questo sia chiaro, ok? E chiedo anche a voi consiglieri che eravate presenti il 18 di giugno se mai avete assunto una delibera in questi termini”.

In ballo ci sono i rapporti con Reiwa Management United. Il putiferio aveva avuto un precedente il 6 agosto, quando a San Paolo d’Argon (Bergamo) era stato approvato il verbale della precedente seduta del 18 giugno, in cui all’ordine del giorno compariva l’approvazione di un “accordo tra la Federazione e la società Reiwa Management United”. Pochi giorni prima del 6 agosto erano arrivati ai consiglieri i documenti riguardanti la seduta di giugno, da cui risultava che sarebbe stato deliberato all’unanimità “il riconoscimento di una provvigione di 106mila euro alla società Reiwa Management Limited di Dublino per aver procacciato cinque sponsor per la Federazione”. A quel punto la vicepresidente aveva chiesto spiegazioni, sostenendo che il punto non era stato discusso, né approvato.

Una patata bollente. Così era stato tutto rinviato a fine agosto, nella seduta in cui si è assistito a un vero scontro, mentre la trascrizione degli interventi è finita (in differita di qualche ora) sul sito ciclismoweb.net. Prima delle accuse di Gimondi, il presidente Dagnoni aveva precisato: “La cosa che a me disturba è che ci possa essere dietro un minimo dubbio che di questi soldi ci possa essere un euro destinato a me. Sapete tutti qual è lo stipendio del presidente, uno stipendio misero, rispetto non solo all’impegno che è grande, ma anche alle responsabilità. Non ho fortunatamente il bisogno né tantomeno l’intenzione di fare niente che non possa essere legittimo e soprattutto per cercare certi escamotage”. Dal nuovo verbale risultava, inoltre, che la Gimondi avrebbe votato contro il 6 agosto. Ma anche questo è un fatto contestato dall’interessata, visto che nulla sarebbe stato messo in votazione.

Cosa c’è sotto quei 106mila euro? Reiwa Management Limited ha precisato di non aver sottoscritto alcun contratto con Federciclismo, ma che era in corso “una negoziazione tra le parti per concludere un accordo finalizzato al procacciamento di nuovi sponsor”. La Federazione, attraverso il proprio sito web, ha replicato che “allo stato, nessun contratto è stato firmato con alcun intermediario e nessun pagamento è stato mai effettuato”. Le polemiche però non si sono placate. Ciclismoweb.net (diretto da Andrea Fin), che aveva sollevato il polverone, ha inviato una segnalazione alle Procure, con i testi degli articoli pubblicati sotto il titolo “Affari d’Irlanda”, in cui viene citata anche un’inchiesta del 2014 condotta a Padova dal pubblico ministero Benedetto Roberti e che riguardava, per l’appunto, un giro di sponsorizzazioni sospette.

Un conferenza stampa annunciata non si è tenuta e Fci ha diramato un comunicato che ha attribuito l’origine della vicenda Reiwa a un “errore”. “Il 18 giugno il Team Manager Roberto Amadio, che aveva personalmente trattato le proposte di sponsorizzazione con gli sponsor Buzzati e Enervit (solo incremento della sponsorizzazione in essere), avendo in corso contatti finalizzati alla ricerca di nuove partnership con Reiwa Management Ltd, indicava agli uffici federali di valutare la possibilità di ricomprendere in tale contesto anche le operazioni in corso, con lo scopo di intrattenere rapporti con unico interlocutore”. Inoltre, “gli altri soggetti che hanno maturato le provvigioni per l’importo di complessivi 106 mila euro sono: il dott. Gianni Monti per il contratto di TCI, Futura Eventi srl per Acqua Dolomia e Maurizio Verri per MP Filtri”. Il riferimento a Reiwa, nel verbale della seduta, era invece frutto della svista di un funzionario, che “erroneamente inseriva il nominativo della Reiwa come soggetto al quale erogare le provvigioni di sponsorizzazione”. Secondo Fci, quindi, non ci sono state né la delibera, né il contratto con Reiwa e “nessun ordine di pagamento per provvigioni è stato emesso o eseguito”. Il comunicato però non chiude le polemiche, anche perché l’avvocatessa Gimondi, che porta un cognome famoso, avrebbe molte cose da raccontare al presidente Malagò.

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