Ancora preoccupazioni per il presidente cinese Xi Jinping. Manca poco meno di un mese e mezzo al XX Congresso del Partito comunista che gli conferirà il suo terzo mandato da segretario generale del Pcc – prima volta nella storia della Repubblica popolare -, ma Xi non ha molto tempo per organizzare i preparativi. Dall’altra parte dell’Oceano Pacifico il presidente statunitense Joe Biden continua a sfidare i suoi moniti. Gli Usa, infatti, con le manovre delle ultime settimane stanno dimostrando sempre più interesse per la regione del Pacifico, dove la Cina ha molta influenza. Dimostrazioni di attenzione che non passano inosservate a Pechino e che portano a confronti sempre più diretti tra le due potenze.

L’interesse per Taiwan era cosa già nota, almeno fin dalla visita a sorpresa della speaker democratica della Camera Nancy Pelosi sull’isola al largo delle coste cinesi. Violando il principio di un’unica Cina, secondo la dirigenza del Pcc, gli Stati Uniti stanno interferendo negli affari interni del loro Paese, acuendo il clima di tensione internazionale. Tensione che è salita ulteriormente con l’approvazione data dall’amministrazione Biden alla vendita a Taiwan di armi per 1,1 miliardi di dollari. Il pacchetto comprende 60 missili antinave Agm-84L Harpoon Block II per 355 milioni e 100 missili aria-aria Aim-9X Block II Sidewinder per 85,6 milioni, oltre a 655,4 milioni per l’estensione di un contratto per la sorveglianza radar.

Pechino ha dichiarato che “adotterà risolutamente contromisure legittime e necessarie” se gli Stati Uniti non rinunceranno alla nuova vendita di armi a Taipei. Ma a Washington non sembra intenzionata a mediare. Almeno questo traspare dalla decisione di annunciare che a fine settembre Joe Biden accoglierà i leader delle isole del Pacifico, per quello che sarà il primo summit di questo genere. Una manovra che, mettendo ulteriore pressione al Dragone, ha l’intenzione di ridimensionare l’influenza cinese nella regione e di rispondere alla vicenda delle isole Salomone. Il 30 agosto, infatti, dopo un accordo con Pechino, la nazione insulare ha vietato alle navi americane di attraccare nei loro porti.

Terzo fronte aperto è quello della cosiddetta “guerra dei chip“. Washington ha vietato a Nvidia e Amd, due colossi americani del settore, di vendere i loro microprocessori più avanzati a Pechino, che ha protestato: “Viola i principi di concorrenza leale e le regole del commercio internazionale“.

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