In campagna elettorale "la parola mafia è sparita", ha detto il sociologo a Palermo a margine della commemorazione per i quarant'anni dall'uccisione del padre Carlo Alberto. "Le istituzioni sono andate più avanti della politica. Certo, averla al proprio fianco aiuterebbe, ma la storia è lotta, non esiste un progresso unilineare", ha aggiunto. La risposta della titolare del Viminale: "Stiamo facendo tanto sull'aggressione dei beni mafiosi e contro le infiltrazioni nel Pnrr"
In questa campagna elettorale “la parola mafia è sparita“, e la politica “non mostra grande interesse per la lotta alla mafia”. Lo ha detto a Palermo Nando Dalla Chiesa, sociologo e professore universitario, a margine della commemorazione per i quarant’anni dalla strage di via Isidoro Carini in cui Cosa nostra uccise suo padre, il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, la seconda moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. “Le istituzioni sono andate più avanti della politica“, ha detto Dalla Chiesa parlando del ritorno sulla scena politica siciliana di personaggi condannati per fatti di mafia come Marcello dell’Utri e Totò Cuffaro. “Certo, averla al proprio fianco aiuterebbe, ma la storia è lotta, non esiste un progresso unilineare. Credo che, come società, abbiamo il dovere di fare del nostro meglio perché, da sola, la politica non cambia“.
Al figlio del generale ucciso ha risposto indirettamente la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, anche lei presente alla cerimonia a Palermo. “Stiamo facendo tanto in termini di aggressione ai beni dei mafiosi, in termini di beni confiscati, e soprattutto come prevenzione dell’inserimento della mafia nei fondi del Pnrr. Su questo il ministero dell’Interno, addirittura, nel 2020 ha istituto un organismo di controllo di questo tipo. Quindi, credo che la cosa importante sia che ci siano i fatti. E i fatti ci sono“, dice all’AdnKronos. “Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa”, ricorda, “aveva intuito subito che quelli che erano alcuni “privilegi” che i singoli ritenevano di avere da parte mafiosa non erano che altro che diritti dei cittadini e che quindi lo Stato doveva riconoscere quei diritti e strapparli alle mani mafiose”.