Un volo partito da Miami e diretto a Londra per poi raggiungere Napoli costretto ad atterrare in un piccolo aeroporto delle Bermuda, passeggeri che trascorrono quasi 24 ore nello scalo senza poter uscire e per diverse ore senza un minimo di assistenza, infine dopo il rientro la scoperta anche che qualcuno aveva subito il danneggiamento dei bagagli. È questa la disavventura vissuta dai 300 passeggeri di un aereo dell’American Airlines che ora si potrebbe trasformare in una class action contro la compagnia ritenuta responsabile di quanto accaduto. A ricostruire quei terribili momenti è Gennaro Esposito, uno degli oltre 300 passeggeri a bordo del volo, che si è già rivolto all’avvocato Massimiliano Alosco per chiedere i danni.
“Tutto è iniziato il 28 agosto scorso – spiegano i due – nel viaggio Miami-Londra-Napoli. Il volo AA38 dell’American Airlines partito dalla città americana e diretto alla capitale inglese, per non meglio precisati ‘possibili problemi meccanici’, come annunciato dal comandante, si è visto costretto a cambiare rotta dopo tre ore dal decollo e a dirigersi al piccolo aeroporto LF Wade nelle Bermuda. Qui siamo rimasti più di venti ore, senza che ci fosse permesso di lasciare lo scalo a causa delle restrizioni imposte nel Paese in seguito alla pandemia. Senza assistenza, con a disposizione solo otto bagni e costretti a dormire a terra. Solo dopo una decina di ore qualcuno ha pensato di portarci un pò di cibo”.
Una volta riparato, l’aereo è potuto ripartire. Ma i problemi non sono finiti: “Dopo più di 30 ore di questa autentica odissea, siamo atterrati a Londra e da qui siamo stati imbarcati verso Napoli. Ma giunti a Capodichino, io e mia moglie ci siamo accorti che ci avevano anche seriamente danneggiato i bagagli”. Ora i viaggiatori che hanno scelto come difensore l’avvocato Alosco proveranno a rintracciare altri passeggeri per avviare una vera e propria class action e chiedere i danni, materiali e morali.